1639 terremoto ad Amatrice e Accumoli, la triste storia si ripete

Era l’ottobre 1639 quando Amatrice, Accumoli e le terre circostanti furono colpite da un devastante terremoto. Quasi quattrocento anni dopo la storia si ripete tristemente con una somiglianza impressionante.

30c6c74fe4ae4045b39d4b57af0d06e8-0396-kj1G-U43220144048069FhG-656x492@Corriere-Web-SezioniCome sappiamo, il 24 agosto il centro Italia è stato appena colpito da un terremoto devastante, che ha danneggiato soprattutto le zone di AmatriceAccumoli (Rieti), Arquata e Pescara del Tronto (Ascoli Piceno), Norcia (Perugia) e Castelsantangelo sul Nera (Macerata). Il bilancio delle vittime è ancora provvisorio, ma è già salito a 290, 224 morti ad Amatrice, 11 ad Accumoli e 49 ad Arquata del Tronto.

Come direbbe Alessandro Manzoni “la storia insegna, che la storia non insegna nulla”. Era, infatti, il 1639 quando la terra tremò esattamente negli stessi territori. E ne lascia testimonianza il romano Carlo Tiberi, forse con la speranza di offrire una traccia per le future generazioni di quel tragico evento. Tiberi pubblicò la relazione lo stesso anno del terremoto, probabilmente utilizzando le informazioni giunte a Roma negli ambienti della famiglia Orsini, che deteneva la signoria dei luoghi colpiti dal terremoto. Una seconda relazione fu poi arricchita di numerosi particolari, forse appresi direttamente da alcuni degli scampati fuggiti a Roma.

carlo tiberiIl testo s’intitola “Nuova, e vera relazione del terribile e spaventoso terremoto successo nella città di della Matrice, e suo Stato, con patimento ancora di Accumulo, e Luoghi circonvicini, sotto li [7] del presente mese di ottobre 1639” e racconta “la morte compassionevole di molte persone e la perdita di bestiame d’ogni sorte”.

La relazione poco si allontana dalle notizie di questi giorni con la sua descrizione del terremoto. Ne riportiamo le parti più salienti:

“Venerdì sette del corrente mese di Ottobre1639, mentre fuori dal pensiero di ogni sinistro avvenimento ciascuno nella città di Matrice, e nei luoghi contigui stava riposando, fu sentito alle ore sette circa un improvviso scuotere di case, quale apportò non poco timore; ma oltre che svegliò ciascheduno lasciò tal paura, che non sapevano appigliarsi ad alcuna risoluzione. Si fermò e quietò il terremoto per uno spazio di un quarto d’ora; onde restarono sorpresi da stupore e spavento. Ritornò poi di nuovo con maggior scossa di terremoto, sì che fece risolver molti a salvarsi la vita, come presagi di futura rovina, essendo i segni chiari, e manifesti. Vi cadde l’intervallo d’un quarto d’ora alla spaventosa rovina. Non vollero alcuni credere, non parendogli potere avvenire; onde rimasero coperti, e estinti sotto i precipizi. I pianti, le strida, e i compassionevoli gridi, che aiuto chiedevano, accompagnati dall’orrore, e dalle tenebre notturne accrescevano lo spavento. La polvere dei rovinati e dei subissati edifici formava nubi nell’aria; onde offuscava la sua tranquillità. Alcuni fuggiti in campagna e altri si ricoverarono nella Chiesa di S. Domenico, ove vi è l’esercito del Santissimo Rosario, quali furono tutti salvi, invocando ciascuno la Beatissima Vergine per intercessione ad impetrar grazia appresso sua Divina Maestà, a ciò fossero liberi dal restar assorti nelle voragini, che cagionava il terremoto. Del Palazzo dell’Eccellentissimo signor Alessandro Orsini Principe della Matrice riunirono da tutte le parti senza offesa di alcuni, trovandovi da tempo Sua Eccellenza con la Eccellentissima signora Principessa sua Consorte con tutta la loro famiglia, e servitù in una villa detta Santa Iusta per loro diporto, poco distante dalla Matrice, quale non patì in nessuna parte; si considera, come sua Divina Maestà abbia voluto preservarli da simil pericolo. Il Palazzo del Reggimento è tutto rovinato, come ancora la maggior parte delle chiese, edifici e case, con perdita di una quantità di persone, il numero delle quali si intenderà con più certo [?], poiché molta gente restò sepolta tra le rovine, e con pietose stride, e i flebili lamenti, domandando soccorso, muovevano a gran pianti, non potendo i padri aiutare i figli, i figli i padri, i fratelli le sorelle, i mariti le mogli, né un amico soccorrere l’altro. Durò il terremoto fino alle ore nove e poi cessò; ma non si assicurarono di entrare nelle mezze disfatte case e abitazioni; anzi furono alzate tende in campagna […]. Furono scavati da 35 cadaveri in campagna e altri morirono chiusi nelle rovine, nulla giovandogli il dolersi, il rammaricarsi, e il chiedere aiuto, non potendosi somministrare, essendosi tramezzata l’acqua di coloro più tosto negro che di altro colore, e con qualche puzza e fetore; onde vieta l’avvicinarsi. Campo Tosto è rovinato in parte. San Martino tutto. Collalto a mal termine. Pinaca in parte. Filetta, e Nescaia tutte. L’Abadia di S. Lorenzo sotto il Vescovato di Ascoli quasi tutta. Pedarga in parte. In Cantone Villa è restata una semplice casa. Corva è distrutta. Forcella tutta. Capricchio buona parte. La Leia poco. […] Si distese il terremoto anche in Accumulo luogo confinante alla Matrice, dove oltre l’aver nel medesimo tempo distrutto molte persone non sapendone finora il numero certo, ma solo la caduta di una casa con morte di undici persone, rovinò la Chiesa dei Padri Francescani con tutta la loro vigna che sprofondò, […] con incredibile, e comune spavento. […] La morte del bestiame di qualsivoglia forte è stata grandissima; dove pareva che si fosse aperto l’inferno ai danni del genere umano […] Per quel poco che si è potuto calcolare, il danno della Matrice, e suoi contorni avanza la forma di quattrocento mila scudi.”

Nella relazione successiva si dichiara come il numero totale dei morti fosse stato di circa 500 vittime.

veridicaNegli anni successivi si sono susseguiti numerosi terremoti “gemelli”, uno dei quali, nel 1703, portò alla distruzione quasi totale di Amatrice e Accumoli – stando ai dati riportati in una relazione dell’epoca. L’ultimo di questi sismi avvenne il 12 maggio 1730, poi per molti anni la Terra ha dato tregua all’uomo. Fino ad oggi. I racconti, infatti, sono così simili ai fatti di cronaca di questi giorni da sembrarci impossibile che siano passati inosservati alla storia fino al momento in cui purtroppo la storia si è ripetuta. Sono passati quattrocento anni dai racconti di Tiberi, anni in cui le scoperte scientifiche e il progresso tecnologico ci hanno permesso di migliorare la qualità della nostra vita, di prevedere alcuni avvenimenti o per lo meno di attutirne gli effetti. Ed invece, oggi come allora, siamo qui a piangere le vittime di una natura troppo crudele complice di una profonda ignoranza o incuranza dell’uomo. Possibile che i numerosissimi eventi sismici che hanno interessato per secoli proprio quelle specifiche zone in combinazione tra loro non abbia destato nessun sospetto?

A pochi giorni dall’evento già si parla di voler “radere al suolo e ricostruire” Amatrice; si spera perciò che si faccia tesoro di ciò che la storia tristemente ci ha insegnato affinché non ci debbano essere altri tristi racconti troppo simili tra loro.

di Arianna Orlando

Per leggere i testi integrali:
Tiberi Carlo, Nuova, e vera relazione del terribile e spaventoso terremoto successo nella città di della Matrice, e suo Stato, con patimento ancora di Accumulo, e Luoghi circonvicini, sotto li [7] del presente mese di ottobre 1639
Veridica, e distinta relazione, overo diario de’ danni fatti dal terremoto dal 14 Gennaro fino al 2 Febraro 1703

 

 

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