2025, l’anno del Giubileo e della speranza in un mondo migliore

2025

Con l’inizio del nuovo anno prende avvio il Giubileo del 2025, conosciuto anche come Giubileo della Speranza, il venticinquesimo nella storia della Chiesa cattolica. Questo tempo sacro rappresenta un’occasione di remissione dei peccati, riconciliazione, rinnovamento spirituale e penitenza sacramentale. 

Bene, benissimo sotto l’aspetto spirituale – sicuramente un buon auspicio – ma i problemi della gente comune restano gli stessi: il degrado della società e l’imbruttimento dell’essere umano.

La violenza di genere, l’indifferenza verso il prossimo, la maleducazione giovanile, la mancanza di rispetto per le istituzioni e per chi le rappresenta continuano a persistere.

Il cuore di questo malessere diffuso sembra risiedere in una crescente aridità emotiva, un’anaffettività che si traduce in cinismo e apatia. L’incapacità di sentire, comprendere, esprimere e riconoscere le proprie emozioni ha generato una deriva profonda, difficile da arginare, che ha impregnato la società di egoismo e indifferenza. Questo impoverimento dell’anima collettiva ha alimentato una freddezza relazionale che molti oggi denunciano con amarezza.

Non si può tuttavia attribuire l’intera responsabilità di questo malessere al cittadino comune, spesso travolto da mille “vortici quotidiani”, tra impegni lavorativi, difficoltà sociali e familiari. È necessario riconoscere, senza mezzi termini, il ruolo significativo di una classe politica che, giorno dopo giorno, si cimenta in scontri parlamentari e mediatici, pronunciandosi con disinvoltura su tutto e il contrario di tutto. Questa retorica divisiva, incapace di riconoscere il valore di un’idea anche quando proviene da una parte avversa, contribuisce a esasperare il clima sociale e ad alimentare sfiducia e distacco.

Molte anche le conseguenze involontarie dei “cattivi maestri”. Come i messaggi violenti delle canzoni di alcuni rapper, addirittura spalleggiati da altri artisti affermati, anche con carriere importanti, che creano proselitismo ed inettitudine tra le menti più deboli e fuorvianti. 

L’esempio, nelle generazioni passate era un indirizzo necessario per i giovani di allora che ritenevano le persone mature, gli anziani, portatori di quella saggezza utile a procrastinare le trasformazioni e le tradizioni della  nostra società. Oggi questo esempio non lo abbiamo più, perché, oltre agli “anziani moderni”, distratti come dei ragazzini dai social virtuali, anche gli stessi politici maturi, che dovrebbero essere d’esempio per le nuove generazioni, non risultano più credibili nei confronti dei giovani, per mancanza di cultura politica, di assennatezza e di buon senso. 

L’individualismo dilagante, accompagnato da una crescente mancanza di solidarietà e cooperazione, ha spinto l’essere umano a isolarsi, a rifugiarsi in una dimensione interiore spesso segnata da sofferenza e inquietudine. Questo ripiegamento su se stessi, alimentato da insicurezze profonde e da un senso di solitudine, genera un malessere silenzioso ma pervasivo, capace di logorare l’equilibrio emotivo e relazionale.

Riteniamo che tali dinamiche siano, in alcuni casi, all’origine di numerosi episodi di femminicidio. L’incapacità di accettare il rifiuto e il confronto con una donna percepita come “superiore”, dotata di maggiore sensibilità e consapevolezza, scatena in alcuni uomini sentimenti di frustrazione e invidia. Dopo un periodo di frequentazione, quando la donna decide di interrompere la relazione, il risentimento e l’ossessione dell’uomo ferito si trasformano in una spirale distruttiva che sfocia in tragedia. Questo drammatico fenomeno rivela non solo fragilità personali, ma anche una profonda carenza di strumenti culturali ed emotivi necessari per affrontare la complessità delle relazioni e delle differenze di genere.

La solitudine, che spinge molti giovani – e non solo loro – a chiudersi in una stanza, con lo sguardo fisso su uno schermo e il cuore distante dal mondo reale, li allontana progressivamente dalla natura, dall’amore, dall’amicizia e dalla gioia della condivisione. Questo isolamento non solo alimenta l’indolenza e il disinteresse per la socialità, ma favorisce una crescente disaffezione verso la collettività e i valori che la sorreggono.

Con il tempo, questo distacco si trasforma in disprezzo per le regole e in un senso di sfida nei confronti delle Forze dell’Ordine, che non si esprime attraverso il dialogo o la protesta pacifica, ma sfocia spesso in manifestazioni di rabbia e violenza. L’insofferenza, nutrita dalla solitudine e dal senso di esclusione, diventa così un fertile terreno per comportamenti ostili e irrispettosi verso lo Stato e le sue istituzioni.

Questa deriva emotiva non è soltanto il risultato di una ribellione giovanile passeggera, ma il sintomo profondo di un malessere che affonda le radici in una società incapace di offrire punti di riferimento e occasioni di appartenenza.

Indifferenza, solitudine, egoismo, questi alcuni dei mali della società attuale. 

Ma cosa possiamo fare per migliorare questo mondo, questo modo di essere e di comportarci?

Non possediamo competenze tecniche, ma ci affidiamo all’esperienza maturata con il tempo. Possiamo quindi affermare che socializzare di persona, riscoprire il valore degli incontri, spegnere di tanto in tanto il cellulare, partecipare ad eventi culturali, dialogare e prendersi cura degli altri potrebbe innescare un’inversione di tendenza, restituendoci una società più vivibile, a misura d’uomo e non dominata da umanoidi guidati dall’indifferenza e dall’insensibilità.

Buon anno! 💫🎈🍀

Foto di Sergio Cerrato – Italia da Pixabay

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