Si avvicina Natale e chissà in quanti verrete qui, a Londra, a trascorrere parte delle vacanze.
Fate bene: Londra dà il meglio di sè sotto Natale, con le sue strade piene di luci, con Carnaby Street ogni anno addobbata in maniera diversa, con i giganteschi abeti che troneggiano nelle piazze.
Tra un addobbo ed un albero di Natale, tra un negozio e l’altro, vi consiglio di trovare il tempo per andare alla Tate Modern; salite al secondo piano dell’edificio nuovo, quello il cui terrazzo ha destato le ira di alcuni ricchi vicini, seguite le indicazioni per The Clock, mettete i vostri cellulari in modalità silenziosa entrate nella sala, sedetevi su di un divano e guardate: rimarrete incantati.
The Clock è difficile da spiegare: potrei dirvi che è un film senza senso ma così geniale da farsi guardare per ore ed ore, volendo per 24 consecutive perchè tanto dura, esattamente 24 ore.
Ma, in realtà, non è film vero e proprio. È un’opera d’arte, o meglio, un’installazione.
Si sa che l’arte moderna è strana ed in molti staranno già pensando “per carità, non mi interessa, tanto non la capirei”; tra i tanti a pensarla così c’ero anche io. Sappiate che sono andata solo perchè il mio amico che, nel rispetto dell’anonimato dallo stesso richiesto, chiameremo Il Professore, grande amante dell’arte moderna, mi ha costretta:
“Vai e di corsa a vedere The Clock. Io sono a Roma, quindi tu sei i miei occhi ed il mio giudizio. Attenzione: ho detto i MIEI occhi ed il MIO giudizio, non i tuoi occhi ed il tuo giudizio.”
Il Professore mi conosce bene e sa che fatico ad apprezzare l’arte moderna, per usare un garbato eufemismo.
“Ce la metterò tutta” gli ho risposto “anche se l’idea di stare lì a vedere un video lungo 24 ore pieno di orologi che segnano l’ora giusta… ecco… che palle!”
“Puoi anche uscire dopo un quarto d’ora” ha risposto il Prof “ma devi andare.”
E così sono andata, dopo essermi sommariamente informata su questo Christian Marclay che, a dir la verità, non avevo mai sentito prima – e non so se notate con quanta nonchalance dichiaro la mia ignoranza. D’altra parte, perchè mentire? –
Tornando a Christian Marclay, ho scoperto che viene considerato un genio della visual art, una branca dell’arte moderna che coinvolge suoni ed immagini; pare che Christian abbia sempre avuto una gran passione per i rumori, i suoni e le immagini ed il suo talento stia nell’assemblarli e renderli arte.
Lo capite con quale scetticismo sono andata alla Tate, vero?
Fatto sta che lo avevo promesso al Professore e ogni promessa è debito.
Quindi eccomi lì, dentro la sala cinematografica approntata per l’occasione: 10 file di divani da tre posti ciascuno, 5 divani per ogni fila, buio, un addetto che ti aiuta a trovare posto, un film sul video.
Mi sono seduta comoda, ho guardato il mio orologio ed ho pensato “10 minuti ed esco”. E poi.. e poi sono rimasta affascinata.
L’installazione di Marclay è un collage di spezzoni di film, della durata di circa un minuto ciascuno, che hanno in comune tra loro la presenza di un orologio. L’ora segnata nel video è perfettamente sincronizzata con l’ora reale: quando vedrete un orologio segnare le 5 e 3 minuti, ad esempio, anche il vostro orologio starà segnando la stessa ora.
I brani dei film si susseguono uno via l’altro, senza formare una storia vera e propria eppure ogni frammento è legato a quello successivo in una concatenazione perfetta: qualcuno grida in un film, Psyco ad esempio, ed in quello successivo, che può essere C’era una Volta in America, c’è chi si guarda intorno come a cercare quella voce; una porta viene aperta in un film del 1950 e si affaccia negli anni 2000 del frammento successivo. Tutto in perfetta sincronia con il tempo reale, perchè in ogni frammento di film c’è un orologio che segna l’ora ed è sempre l’ora giusta: come se nel frammento di Psyco si vedesse un orologio che segna le 3.15 e in C’era una volta in America una pendola battesse le 3.16. Ed in effetti sono le 3.16 anche per chi guarda. Ed è un paradosso vedere le ore scandite minuto per minuto eppure perdere il senso del tempo e dimenticare da quanto si è dentro quella sala.
Quel continuo ticchettare di orologi e di ore, quel susseguirsi di volti, di immagini a colori ed in bianco e nero, di voci e di lingue diverse avvolge e trasporta lo spettatore in un’altra dimensione, senza tempo in quel tempo scandito dai minuti.
Ha impiegato 4 anni, Marclay, a comporre questo collage fatto di migliaia e migliaia di pezzi di film. Un lavoro ciclopico, un’opera affascinante e, per di più, gratis: l’ingresso, infatti, è libero e l’esibizione dura fino al 20 gennaio.
Perciò, come ha detto Il Professore, andate di corsa a vedere The Clock: senza bisogno alcuno di arzigogolate spiegazioni, capirete perchè Christian Marclay è considerato geniale ed è tanto famoso nel mondo.
Foto di annie_bridie da Pixabay
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