Il gruppo della settimana: U come U2

U2L’Irlanda è una terra meravigliosa. Da sempre quei posti, la gente, i colori, le atmosfere, la storia e la musica mi affascinano in maniera del tutto fuori dal comune. E tutto ciò che leggo al suo riguardo trova continue conferme nei miei viaggi verso questa meta ambita e meravigliosa. Non a caso ho citato anche la musica.

Assolutamente unico il fascino che le melodie celtiche e gaeliche regalano ad ogni ascolto.

Ma non solo: musicalmente parlando Irlanda vuol dire anche Sinead O’Connor, Enya, Dolores O’Riordan con i suoi Cranberries, Clannad, Corrs, Van Morrison, Lisa Hannigan, Bob Geldof e soprattutto U2.

E’ il 1977 quando quattro ragazzi di Dublino, ancora in età di liceo, si uniscono per formare un gruppo musicale.

E’ subito puro rock, dapprima sotto il nome di Hype e poi di U2.

In un attimo vincono un concorso per giovani leve, incidono un primo timido 45 giri e si guadagnano un ingaggio presso la CBS che consente loro di pubblicare un primo EP “U2: Three”.

Paul Hewson (il cantante) in arte Bono, David Evans (il chitarrista) noto come The Edge, Adam Clayton (il bassista) e Larry Mullen Jr (il batterista) sono i 4 protagonisti che da allora ad oggi resteranno uniti per diventare una pietra miliare della musica mondiale.

003“Boy” del 1980 è praticamente il loro primo lavoro. E si tratta di un lavoro semplicemente perfetto, seppure acerbo e del tutto diverso da quello che poi gli U2 diverranno.

E’ un lavoro di enorme interesse, con un rock che sa avere la freschezza del beat, l’inquietudine della new wave e la passione intensa del rock più carismatico.

Un lavoro, insomma, di una band matura, che invece è solo agli esordi.

Un album che ogni tanto [ma anche spesso] si ha il bisogno di riascoltare con assoluta attenzione e da cantare a squarciagola.

Alcunibranimemorabili: “Iwillfollow”,“11o’clockticktock”,“Anotherday”.

Travolti dall’improvviso successo, gli U2 producono un album di transizione: “October”, nel quale sembrano limitarsi a ribadire la formula vincente dell’esordio.

E’ comunque un lavoro positivo che propone la medesima energia dei brani e la stessa intensità dei testi, nei quali ci sono fede, guerra ed i mali dell’uomo.

Altro colpo a sorpresa, poi, è “War”, a cominciare dalla copertina che ripropone lo stesso ragazzo ritratto nel primo album (“Boy”).

Sunday-Bloody-sunday-U2-620x604Ma fa impressione il fatto che dopo 3 anni quello stesso ragazzino abbia lo sguardo più triste, più cupo, quasi a significare che quell’innocenza infantile è già svanita.

E già in questa lettura c’è tutta la grandezza degli U2 e dei suoi attori protagonisti.

“War” è ancora energia e forza, ma unita ad un sottile tormento, al peso di una realtà difficile da sostenere.

Il brano chiave è “Sunday bloody sunday”, autentico inno, nonché preghiera, ma anche denuncia sul sangue che da decenni scorre in Irlanda tra le opposte fazioni religiose per una pace ancora ben lontana dal venire.

Siamo nel 1983 e nello stesso anno esce anche un mini live che vale forse più come disco promozionale e piccolo saggio di quanto la band sappia fare in scena.

Si intitola “Under a blood red sky” e dura solo 35 minuti.
E’ un lavoro che precede uno dei più importanti di tutta la loro storia: “The unforgettable fire”

(1984).

E’ il primo album al quale partecipano (come produttori) Brian Eno e Daniel Lanois. E li cito non a caso.

Questi 2 signori sono davvero un’arma in più.
Più di qualcuno ha osato definirli il lato nascosto della band; il quinto ed il sesto U2.

Insomma, parte dei meriti è anche loro, visto che è con loro che arriva un nuovo modo più sfumato e sottile di fare musica. Il rock U2 acquista profondità e, soprattutto, eleganza.

u2-live-La voce di Bono con il nuovo stile si esalta e conferisce ai suoni di The Edge ben altro risalto. E’ un album fortissimo, come sempre, per i contenuti musicali e per i temi trattati.

“The unforgettable fire” è ispirata agli orrori della bomba atomica; poi c’è “MLK”, omaggio al pacifismo nero di Martin Luther King; e soprattutto l’intramontabile “Pride (in the name of love)”.

Il 1985 ci regala un brano semplicemente meraviglioso, “In a lifetime” (assolutamente da ascoltare se non lo si conosce) interpretato da Bono con i Clannad (altro gruppo Gaelico) e poi, visto che formula che vince non si cambia, un altro intermezzo (simile al precedente) è “Wide awake in America”, mini LP dal vivo con soli 4 brani che precede un altro capolavoro: “The joshua tree” (1987).

Forse potremmo dire che in questo lavoro c’è qualche idea in meno, ma significherebbe che stiamo davvero cercando il pelo nell’uovo…

Anche perché le canzoni qui contenute sono addirittura più forti, in tutti i sensi: “With or without you”, “I still haven’t found what I’m looking for”, “Where the streets have no name”, per citare solo le più celebri.

Gli U2 (che con Brian Eno e Daniel Lanois sono 6 e non 4!) diventano, senza mezzi termini, i veri sovrani del rock.

Che meraviglia!

u2youngE’ talmente affascinante scrivere di U2, che non si può fare a meno di farlo ascoltandoli in sottofondo.

E’ poi il momento di una colonna sonora: “Rattle and hum”. Doppio LP del 1988, in parte live, pubblicato all’apice della fama e della gloria, dove gli U2 si intrecciano con pietre miliari del rock e della musica in generale.

Da Elvis agli anni ’90, evocano Lennon (“God part II”) e McCartney (“Helter skelter”); omaggiano Billie Holiday (“Angel of Harlem”); duettano con BB King (“When love come to town”) e Dylan (“Hawkmoon 268”).

Un’altra scommessa vinta.

La grandezza di un gruppo che è prepotentemente nella storia (e che è <la storia>) è anche quella di sapersi guardare intorno e di essere al passo con i tempi.

Cambia decennio, infatti e gli U2 voltano pagina.
“Achtung baby” (1991) è un lavoro magnifico, apparentemente di un gruppo nuovo (o quasi).

Eno e Lanois (a cui si aggiunge Flood, altro pezzo da 90) esaltano un cambiamento che porta i 4 <<ragazzi>> di Dublino a sonorità elettroniche mai ascoltate prima.

E’ un disco difficile (ricordo perfettamente l’acquisto del vinile non appena uscito – avevo 21 anni – ed il fatto di aver non poco storto il naso prima di essere riuscito a decifrarlo), al quale oggi non rinuncerei mai.

“The fly”, “Mysterious ways”, “One”, “Until the end of the world”, “Love is blindness” sono un gran bel biglietto da visita!

La seconda tornata di questa fase elettronica è decisamente meno intrigante. Si chiama “Zooropa” (’93) ed in parte delude.

La band si giustifica dicendo che il tempo dei sogni è finito e che ora è loro intenzione seguire la scia dei tempi nuovi, con tutto ciò che questi offrono: pro e contro.

I brani più belli sono “Lemon”, “Numb” e “Stay”.

Ma gli U2 da sempre [ed ancora oggi] sono stati [e sono] impegno politico e sociale anche ben oltre i confini nazionali.

BONOBono e soci sono stati testimonial di Amnesty International, Greenpeace, movimenti pacifisti in generale.

Hanno incontrato <<i potenti>> del mondo per parlare di pace, del mercato globale, di pena di morte e non solo.

E l’impegno politico del gruppo, in quegli anni, si trasferisce nello scenario dei Balcani in fiamme. La Jugoslavia dilaniata dagli odi etnici appare agli U2 una metafora del conflitto irlandese tra cattolici e protestanti.

“Miss Sarajevo”, cantata con Luciano Pavarotti, è una commovente preghiera di pace e precede uno dei lavori meno riusciti della band: “Pop”.

Forse anche perché sono usciti di scena Eno e Lanois (rimane il solo Flood in cabina di regia); sta di fatto che il risultato del prodotto, musicalmente parlando, è da dimenticare.

E’ un disco traboccante di dance ed elettronica, dove, per fare qualche esempio pratico, “Discotheque” quasi spaventa per la sua bruttezza e “Staring at the sun” e “Last night on earth”, che dovrebbero essere i 2 brani forse migliori, non lasciano il segno.

E così i primi U2 del millennio provano a tornare al classico (“All that you can’t leave behind” – anno 2000), alle loro radici pop rock, con una mossa molto apprezzata dai fans.

Per carità; il furore degli esordi è un lontano ricordo, ma per lo meno canzoni ben curate come “Kite”, “Grace”, e pop rock come “Elevation” e “Beautiful day”, non mancano.

In realtà il tentativo più credibile di tornare al passato, secondo me, lo si riscontra nel 2004, con “How to dismantle an atomic bomb”.

U2photoLa prima traccia (“Vertigo”) è sicuramente meglio della “Discotheque” di qualche anno prima, sebbene si tratti di un altro brano disco pop che potrebbe appartenere ad una delle tante band che si affacciano al mercato discografico.

Ma già dalla traccia successiva (“Miracle drug”) il balzo indietro nel tempo avviene e come.

Torna inconfondibile la chitarra di The Edge, torna roboante la voce di Bono, il basso di Clayton, seppure sempre elementare, è di nuovo efficace: tutto davvero come ai vecchi tempi.

Gli esempi più calzanti di quanto sopra descritto sono “City of blinding lights”, la ballata “A man and a woman”, la conclusiva “Yahweh”, brano quest’ultimo che sembra uscito da “The joshua tree”.

Eppure, nonostante l’operazione sia più che apprezzabile, riesce solo per metà.

A questo punto ciò che i fans chiedevano agli U2 era che “No line on the horizon” del 2009, potesse realizzare il vero e proprio ritorno ai fasti del passato.

Anche perché Eno e Lanois erano nuovamente parte integrante del progetto e dal loro supporto ci si aspettava qualcosa in più.

E’ un disco che alla critica fondamentalmente piace: non a chi scrive.

“No line on the horizon” è, secondo me, un’incompiuta.

Un disco senza un acuto, dai mezzi toni che ha in gran parte deluso le aspettative del sottoscritto.

E forse, all’inverso, con poche personali aspettative verso il lavoro successivo, trovo che “Songs of innocence” del 2014 sia un gran bel disco.

Rivedo e soprattutto ritrovo i vecchi U2, soprattutto dal punto di vista musicale; ritrovo la voglia di osare e sperimentare in “Raised by wolves”, riscopro l’aggressività di brani come “Cedarwood Road”, riscopro la ritmica e le prime melodie in “Every breaking waves”.

E ancora: torno ad incontrare la magia dell’Irlanda in “The troubles” (canzone che mi riporta a Sinead O’Connor) ed, infine, torno ad abbracciare tutto il carisma di una band unica in una canzone semplicemente fantastica: “Sleep like a baby tonight”.

Già annunciata la seconda puntata: “Songs of experience”: dove ci si prenota?

di Riccardo Fiori

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