L’amore per Laura e il dissidio interiore di Petrarca

l'amore per laura

«Era il giorno ch’al sol si scoloraro/per la pietà del suo factore i rai,/quando i’ fui preso, et non me ne guardai,/ché i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro». Nella prima quartina del sonetto III del Canzoniere Francesco Petrarca introduce la vicenda del suo primo incontro con la protagonista indiscussa delle sue rime in volgare: Laura. 

L’identità di questa donna è incerta. Si ipotizza che, come afferma Marco Santagata nel saggio L’amoroso pensiero, «la dama celebrata da Petrarca fosse una gentildonna della casata dei Noves di nome Laure, sposata con un membro della nobile e autorevole famiglia dei Sade». Ciò che è certo è che questa donna è morta giovane a causa della peste del 1348, la stessa epidemia narrata nel cosiddetto «orrido cominciamento» del Decameron di Boccaccio.  

L’incontro con Laura e l’origine del dissidio

Petrarca afferma di aver conosciuto Laura nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone il 6 aprile 1327. Non una data casuale, bensì un venerdì di Pasqua. Proprio il giorno in cui, come descritto nei Vangeli, il sole si oscurò («si scoloraro […] i rai») perché Cristo era morto sulla croce. In un giorno così solenne (in cui non ci si dovrebbe far distrarre dalle vicende terrene) la freccia di Amore colpisce Petrarca a tradimento. La dinamica è descritta nelle due terzine del sonetto III: «Trovommi Amor del tutto disarmato/ et aperta la via per li occhi al core,/che di lagrime son fatti uscio et varco:/ però al mio parer non li fu honore/ferir me de saetta in quello stato,/a voi amata non mostrar pur l’arco». 

Il fatto che la freccia di Amore raggiunga il cuore del poeta e non quello della donna ci dice che il sentimento di Petrarca non sarà corrisposto. Si introduce così la natura inquieta della passione per Laura, che il poeta approfondirà in altre poesie del Canzoniere e in altre opere. Questa passione tutta terrena non determina solo l’insoddisfazione del desiderio amoroso. Scatena anche quel dissidio interiore che fa oscillare continuamente l’io lirico tra il sentimento religioso e la passione sensuale. 

Il dissidio visto dalla prospettiva di Sant’Agostino

Su questa inquietudine Petrarca fonda l’impianto del Secretum, la sua opera latina in prosa più importante. Il titolo completo dello scritto è De secretu conflictu curarum meum (Il segreto conflitto dei miei affanni). Esso si articola in tre libri e ha la forma di un dialogo che si svolge tra Petrarca e Sant’Agostino, che qui rappresenta il suo “doppio”. Le tematiche affrontate nel dialogo sono diverse, tra queste non può mancare l’amore per Laura. Il Petrarca personaggio lo vede come una strada per raggiungere la virtù mentre Sant’Agostino lo concepisce come un ostacolo alla via del perfezionamento spirituale. 

In particolare il Santo accusa il poeta di aver rovesciato l’ordine secondo il quale si devono amare Creatore e creatura. Quando Petrarca afferma che Laura gli avrebbe consentito di «amare Iddio», Agostino risponde: «Mentre ogni creatura deve essere amata per amore del Creatore, tu, preso dal fascino della creatura, hai amato il Creatore non come conviene, ma ammirandone soltanto il suo artefice, quasi non avesse creato nulla di più bello. E sì che la bellezza corporea è l’ultima delle bellezze».

Il tempo e la corruzione della bellezza

Il discorso sembrerebbe filare, se non che Laura per Petrarca non è una figura cristallizzata nella propria bellezza e nella propria giovinezza. É bensì una donna terrena sottoposta alla corruzione fisica adoperata dal trascorrere del tempo. E Petrarca non manca di sottolinearlo. Replica: «via via che ella è andata avanti negli anni e la sua bellezza fisica fu come colpita da un fulmine, tanto più sono rimasto nella mia convinzione. […] Se mi fossi invece smarrito dietro il suo corpo, chissà da quanto tempo avrei dovuto mutare proposito». 

La questione rimane irrisolta. Petrarca non si convince a rinunciare del tutto alla passione terrena in quanto non ne ammette fino in fondo la natura peccaminosa. Dunque l’analisi dei propri conflitti interni non porta a una completa conversione, bensì all’accettazione dei propri limiti e della complessità della natura umana.

Foto di Adina Voicu da Pixabay

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