Ci sono dischi che, a volte, definire capolavori non è mai sufficiente. E’ il caso di “The Nightfly”, grande opera discografica di Donald Fagen datata 1982. Dopo aver messo in pausa i suoi Steely Dan con l’album “Gaucho” del 1980 (tornerà con il gruppo nel 2000 con “Two Against Nature”), il cantautore e musicista di Passaic, dava alle stampe un lavoro visionario, colto e pop allo stesso tempo, destinato a passare alla storia della musica come un’opera imprescindibile.
Già la copertina dice tutto, in cui troviamo Donald Fagen nei panni di Lester The Nightfly, deejay idolo dell’adolescenza dello stesso Fagen, in uno studio radiofonico con un orologio che segna le 4 e 10, una sigaretta in mano e davanti a sé un microfono e un giradischi con un 33 giri del mitico jazzista Sonny Rollins.
“The Nightfly” è il ritratto di Donald Fagen da adolescente. Come dice nelle note di copertina, le canzoni rappresentano le fantasie di un ragazzo di periferia cresciuto tra gli anni ‘50 e gli anni ‘60. E anche il suono che pervade quest’opera è una chiara dimostrazione delle sue grandi ambizioni, grazie a musicisti rinomati da jazz e dintorni e ad arrangiamenti cristallini, di alta perfezione sonora, che lo renderanno sempre attuale nel tempo, tanto è vero che verrà utilizzato per testare gli impianti hi-fi, per via dell’incisione futuristica e in digitale.
Troviamo 8 pezzi in cui Donald Fagen mostra le sue qualità di fuoriclasse assoluto e tra questi come non citare il singolo “I.G.Y”(International Geophysical Year), che tratta dell’ottimismo della scienza nel 1957, nel quale vennero ipotizzati sviluppi scientifici come energia fotovoltaica e stazioni spaziali orbitanti, oppure “Maxine”, ballata jazzy notturna che narra dei primi amori.
Non possono passare inosservati altri brani di spessore come “New Frontier”, dal groove sostenuto e dalle atmosfere vagamente bluesy, e in cui viene espresso lo sgomento per la guerra fredda, e la title-track che riflette il succo del disco e ipotizza un’ ideale radio indipendente con jazz e conversazioni. Il disco si chiude con la latineggiante “The Goodbye Look”, sulla rivoluzione cubana vista con gli occhi di un bambino americano dell’epoca, e la swingante “Walk Between Raindrops”. “The Nightfly” è uno dei migliori esempi di concept-album della storia della musica, un lavoro che a distanza di 42 anni non smette mai di stupire, sia per le sue soluzioni armoniche allora avanti, che per i testi visionari, dal taglio autobiografico, quasi come dei racconti, dei film in musica.
Il pop-rock dalle venature jazz-soul-fusion che caratterizzava il periodo Steely Dan, qui in “The Nightfly” viene portato ad un livello ancora più alto. Anche la scelta dei musicisti parla da sola, basti pensare a nomi altisonanti come i fratelli Brecker ai fiati, Marcus Miller, Anthony Jackson e Abraham Laboriel al basso, Greg Phillinganes e Michael Omartian alle tastiere, tra gli altri.
In un’epoca in cui stava cominciando a prendere piede l’elettronica new-wave, “The Nightfly” mostra l’altra faccia degli anni ‘80, quella che prende la tradizione soul-jazz-fusion del passato e la proietta in una nuova dimensione e impartirà negli anni a venire lezioni di grande musica, basti pensare ai lavori degli Style Council, Sade, Matt Bianco, Mayer Hawthorne (in tempi più recenti), oppure ad artisti italiani come Sergio Caputo (il suo album “Un Sabato Italiano” verrà definito la risposta tricolore a “The Nightfly”), Mario Acquaviva e Nino Buonocore (negli album dal 1988 in poi), tra gli altri.
Tutto a dimostrazione di quanto Donald Fagen fosse un artista lungimirante e sempre attento alla qualità sonora e la sua musica è sempre tuttora una vera gioia per gli amanti della pulizia e dell’alta fedeltà sonora.
Fonte foto: pagina Facebook di Donald Fagen
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