Aggressioni a medici e operatori sanitari: crisi complessa

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Negli ultimi anni si è registrato un preoccupante aumento delle aggressioni ai danni di medici e operatori sanitari. Gli attacchi non solo mettono a rischio la loro sicurezza, ma compromettono anche il funzionamento del sistema sanitario nazionale. I cittadini, dal loro canto, sperimentano disagi crescenti, come lunghi tempi di attesa, carenze di personale e difficoltà nell’accesso alle cure. Questa frustrazione alimenta tensioni che aggravano una situazione già difficile

L’escalation della violenza 

Solo nel 2023, l’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie (Onseps) ha documentato circa 16mila episodi di violenza che hanno coinvolto 18 operatori sanitari. Gli attacchi recenti, come quello avvenuto a Foggia il 9 settembre, in cui tre infermieri sono stati aggrediti, sono rappresentativi di un problema sistemico che non può più essere ignorato. Questi episodi non sono sporadici, ma parte di una tendenza in crescita che ha spinto le autorità a considerare misure drastiche.

La percezione della violenza e le risposte legislative

Qualche giorno fa il ministro della Salute Orazio Schillaci ha detto all’ANSA: “Ci siamo confrontati anche con il ministro Nordio. In questo momento riteniamo che lo strumento più utile per cercare di combattere questo fenomeno inaccettabile, ovvero le aggressioni al personale sanitario, è quello di introdurre sempre l’arresto in flagranza di reato, anche differito”.

Il presidente di FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere), Giovanni Migliore, ha evidenziato che tali atti di violenza devono essere considerati “reati contro la salute“, e non solo danni fisici ai singoli individui. Le proposte legislative, come quella avanzata dal politico e medico Ignazio Zullo,che prevede la sospensione del diritto all’assistenza sanitaria per chi aggredisce operatori del settore, mirano a inviare un messaggio forte. Questo disegno di legge, definito una sorta di “Daspo”sanitario, è stato pensato per fungere da deterrente e per proteggere i professionisti del settore, che sono già alle prese con condizioni di lavoro estremamente difficili. Ma quali sono le cause di questo fenomeno e perché il trend è in aumento?

Un’analisi delle cause delle aggressioni

Uno dei principali fattori che alimentano il malcontento tra i pazienti è il lungo tempo di attesa, non solo per ottenere una prestazione sanitaria in convenzione, ma anche per ricevere assistenza nei pronto soccorso. La percezione di inefficienza e l’insoddisfazione derivante dai ritardi sfociano in comportamenti violenti. Ma c’è di più.

Il Servizio Sanitario Nazionale (SSNN) garantisce, almeno sulla carta, assistenza universale e gratuita a tutti i cittadini. Tuttavia, in molti ospedali pubblici è possibile usufruire di prestazioni, come visite specialistiche o esami diagnostici, chiamate “intramoenia”. Queste avvengono all’interno delle stesse strutture pubbliche, ma sono offerte in regime privato, permettendo ai pazienti di pagare per accorciare i tempi di attesa.

Pressioni e stress per gli operatori sanitari

Tuttavia, negli ultimi anni, le condizioni di lavoro di medici e operatori sanitari in Italia sono peggiorate a causa di vari fattori, culminati in un ambiente di lavoro sempre più stressante e pericoloso. Già prima della pandemia, il personale era sottoposto a turni prolungati e a un carico di lavoro crescente, dovuto anche alla difficoltà nel reclutare personale qualificato.

Con l’arrivo del COVID-19, la situazione si è aggravata. La crisi sanitaria ha evidenziato le carenze strutturali e le inefficienze del sistema.

Durante l’emergenza, il lavoro degli operatori è diventato ancora più difficile, con un grande aumento delle richieste di assistenza e la necessità di gestire situazioni critiche in tempi ridotti. Oltre alle condizioni di lavoro stressanti, il sistema sanitario soffre per la gestione delle risorse, con budget limitati e una distribuzione non ottimale del personale e dei mezzi. Queste inefficienze causano spesso ritardi o disservizi che generano insoddisfazione tra i pazienti. Gli operatori sanitari, punto di contatto diretto con i pazienti, finiscono quindi per diventare il bersaglio di questa frustrazione, che si traduce in un aumento degli episodi di violenza contro di loro.

Il risultato è un circolo vizioso: la crescente violenza contro il personale sanitario non solo mette in pericolo la loro sicurezza, ma contribuisce anche a ridurre la qualità dell’assistenza. Cosa che aggrava ulteriormente le inefficienze del sistema. C’è bisogno, quindi, di interventi strutturali per migliorare la gestione delle risorse e garantire condizioni di lavoro adeguate agli operatori, oltre che tutelare la salute pubblica e il relativo diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione.

Misure di sicurezza e tutela del personale

Le proposte legislative, come quella di Zullo, possono probabilmente arginare l’escalation di violenza, tuttavia è essenziale tendere alla risoluzione delle problematiche di base con riforme strutturali atte a migliorare le condizioni di lavoro e l’accesso alle cure. Solo con un approccio equilibrato e una riflessione approfondita sarà possibile garantire sia la sicurezza degli operatori sanitari sia il diritto dei pazienti a ricevere assistenza di qualità. Ma bisogna attivarsi immediatamente, la situazione è diventata inaccettabile.

Foto di Sasin Tipchai da Pixabay

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