Veganismo: dieta, filosofia o ideologia?

veganismo

Il veganismo è nato ufficialmente a Leicester ad opera di Donald Watson che nel novembre del 1944 diede vita con un gruppo di amici alla «Vegan Society» coniando, dalle prime e dalle ultime lettere della parola «vegetarian», il termine vegan.

Le ragioni che spinsero Watson ed i suoi sodali a questa scelta furono essenzialmente etiche: essi, infatti, intendevano rifiutare qualsiasi forma di sfruttamento e crudeltà verso gli animali per il cibo, l’abbigliamento o a qualsiasi altro scopo, il che giustifica anche il rifiuto dei prodotti lattiero-caseari, delle uova e del miele, nonché delle pelli per il vestiario. Con la crescita del veganismo, che attualmente si stima praticato nel Mondo da circa 100 milioni di persone, si sono aggiunte a queste ragioni iniziali anche considerazioni di tipo ambientale.

Le origini del veganismo

La nascita del veganismo contemporaneo si lega indubbiamente al contesto anglosassone, con la sua dieta tradizionale incentrata principalmente su prodotti di origine animale, e al secondo conflitto mondiale in cui venne incentivata la produzione industriale di alimenti a base di prodotti di origine animale destinati alle truppe, come la famosa «razione K» ideata da quello stesso Ancel Keys che a metà degli anni ’50 avrebbe dato vita agli studi sull’alimentazione del meridione italiano sfociati nella «dieta mediterranea».

Le origini del veganismo, tuttavia, sono molto più antiche e affondano da un lato nella filosofia greca, dall’altro nell’ascetismo dei primi secoli del cristianesimo.

Nel 1781 il cuoco e filosofo napoletano Vincenzo Corrado diede alle stampe il suo «Del Cibo Pitagorico, ovvero Erbaceo per uso de’ nobili e de’ letterati», il primo trattato di cucina integralmente vegetaliana.

Corrado riteneva che l’uomo non fosse naturalmente carnivoro e che la dieta migliore per lo sviluppo dell’intelletto umano fosse quella della scuola pitagorica integralmente basata sui vegetali. Nell’antichità, oltre a Pitagora, adottarono il modello vegano sia Ovidio sia Platone, mentre a Plutarco aborriva la sola idea di cibarsi di cadaveri di animali.

Nell’ascetismo cristiano delle origini si ritenne che prima del peccato originale Adamo ed Eva fossero vegetariani e che Gesù e gli Apostoli si nutrissero esclusivamente di pane, legumi e olive.

La Chiesa cattolica stessa ha propugnato per oltre un millennio l’astensione dalle carni come strumento di elevazione morale.

La dieta vegana fa bene o fa male?

Se i pregi della dieta vegana si incentrano soprattutto nella riduzione dei grassi ed in generale in uno stile alimentare meno usurante per il corpo umano, i suoi principali elementi di criticità sono stati individuati nelle possibili carenze di vitamina B12, di ferro e di vitamina D confermandosi la difficoltà di mantenere il medesimo regime alimentare per tutta la durata della vita, dalla primissima infanzia alla vecchiaia, indipendentemente dalle condizioni soggettive: climatiche, lavorative, economiche e dal corredo genetico individuale.

Fattori, peraltro, riconosciuti dalla definizione di veganismo fornita dalla The Vegan Society la quale precisa che esso deve essere attuato «as far as is possible and practicable» (per quanto possibile e praticabile) escludendo quindi implicitamente che eventuali deroghe per periodi più o meno lunghi e per ragioni legate alla salute siano da considerarsi «tradimenti».

Gli aspetti ideologici del veganismo: go vegan!

Gli aspetti ideologici del veganismo, che si sintetizzano nello slogan «go vegan!» (diventa vegano!), non sono immuni da contraddizioni.

La prima, e forse la più evidente, è che i prodotti vegani di cui si è impadronita l’industria alimentare sono concepiti ad imitazione di quelli di origine animale: dagli hamburger al tofu passando per il seitan, quasi che per adottare il regime vegano sia necessario ricorrere all’inganno sensoriale di persone «naturalmente» onnivore.

La seconda è che molti prodotti vegani sono a base di soia e di glutine che tuttavia sono allergeni il che smentirebbe l’universalità del regime alimentare vegano.

Inoltre, in termini di sostenibilità ambientale, il veganismo sembra ignorare che l’allevamento degli animali, che data dalla preistoria, è stato indotto anche per rendere disponibili alla specie umana vegetali che non sono commestibili. Sostiture integralmente queste fonti alimentari comporterebbe l’incremento della produzione industriale del cibo con inevitabili ricadute sull’ambiente, prima tra tutte la proliferazione delle microplastiche.

Infine va considerato che l’allevamento è anche una forma di regolazione della popolazione di animali che una volta «liberati» si trasformerebbero in competitori alimentari della specie umana come nel caso dei leporidi, dei caprini e dei suini.

I meriti del veganismo nella società dei consumi

Esaminati gli aspetti critici è necessario tuttavia soffermarsi sui non pochi meriti del veganismo.

Il primo è sicuramente quello di aver portato all’attenzione della civiltà occidentale il tema dello sfruttamento animale e delle sofferenze che questo comporta. Se oggi anche per gli onnivori il benessere animale ed il rifiuto degli allevamenti intensivi sono valori condivisi lo si deve al veganismo. Il secondo è di aver recuperato alla società dei consumi una consapevolezza nell’uso delle risorse naturali che rischiava di andare perduta. Infine si deve ascrivere al veganismo la riscoperta di varietà vegetali, come le erbe spontanee, che l’omologazione alimentare aveva accantonato per ragioni puramente economiche.

La sfida per il veganismo è di affrancarsi dall’industria alimentare, che ora rende disponibili a prezzi stracciati prodotti definiti «vegan» di dubbia provenienza, e di ampliare il dialogo con le tradizioni alimentari di popolazioni che già hanno fatto della dieta vegetaliana la base della loro alimentazione.

In fondo per mangiare vegano non è necessario ricorrere a chissà quale alchimia: bastano una pizza al pomodoro, un minestrone di verdure, una zuppa di legumi o un piatto di pasta condito con olio extravergine d’oliva di qualità, aglio e peperoncino.

Foto di MLbay da Pixabay

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