Benjamin Netanyahu, la legge ad ovest del fiume Giordano

Benjamin

Benjamin Netanyahu. Ci ricorda un pittoresco giudice texano, il giudice Roy Bean, soprannominato: “la legge ad ovest del Pecos”. Vissuto ai tempi della “frontiera” e nel Far West, non si separava mai dal suo immancabile revolver. È passato alla leggenda per essere solito applicare la legge a modo suo. Quanto meno nel suo territorio di giurisdizione. Ad ovest del fiume Pecos, appunto.  

Netanyahu è meno pittoresco ma più pericoloso del suo ideale predecessore. In ogni caso è più prevedibile. Perché la sua legge è una sola: chiunque osi torcere un capello a un israeliano verrà perseguito senza pietà. Senza limiti di tempo e in ogni parte del mondo. E la vendetta di Israele lo colpirà anche passando sopra al destino di migliaia di innocenti. Anche prescindendo dalla sorte di altri israeliani presi in ostaggio. Questa è, puramente e semplicemente, la “legge ad ovest del fiume Giordano”.

La cruenta applicazione della dottrina di Benjamin Netanyahu

Il 7 ottobre 2023 i miliziani di Hamas sono partiti da Gaza attaccando di sorpresa il territorio di Israele. Hanno ucciso almeno 1194 persone fra civili, militari israeliani e turisti stranieri e hanno catturato circa 250 ostaggi. Hamas pensava che, data l’enormità della possibile vendetta, la “legge ad ovest del Giordano” avrebbe avuto una sospensiva. Quanto meno al fine di garantire l’incolumità dei prigionieri israeliani in ostaggio. Non ha avuto il tempo sufficiente per rendersi conto che si sbagliava.

In nemmeno 13 mesi, il vertice dell’organizzazione terroristica palestinese è stato letteralmente decapitato. A cominciare dal suo leader, Ismail Haniyeh, che si era rifugiato nell’Iran degli Ayatollah. Fu ucciso nella notte del 31 luglio scorso addirittura a Teheran. Ma il 13 ottobre 2023, pochi giorni dopo l’attacco di Hamas, Murad Abu Murad, capo delle operazioni aeree fu ucciso da un missile.

Il 2 gennaio 2024, a Beirut, viene ucciso Saleh Al-Arouri, comandante dell’ala militare e vice di Haniyeh.  L’8 marzo, a Gaza, il numero tre, Marwan Issa, uno delle “menti” dell’attacco del 7 ottobre. Il 29 settembre a Tiro, in un attacco aereo, Fatah Sharif, capo di Hamas in Libano. Pochi giorni fa, a Rafah (Gaza), è caduto Yahya Sinwar. l’erede di Haniyeh. Quest’ultimo, probabilmente, stava scappando dal suo rifugio sotterraneo, ormai prossimo ad essere espugnato.

Decapitazione dei vertici terroristici ma anche più di 42mila morti

Per alleggerire la pressione bellica israeliana su Gaza, gli alleati libanesi di Hamas, Hezbollah, hanno iniziato a tempestare di missili Israele. Con il risultato di assoggettarsi anche loro alla legge di Benjamin Netanyahu. Il loro capo, Hasan Nasrallah viene ucciso il 27 settembre in un massiccio raid israeliano sulla periferia sud di Beirut. In precedenza, il 30 luglio, era stato ucciso anche Fuad Shukr comandante di spicco di Hezbollah. Hashem Safieddine, il possibile successore di Nasrallah alla guida dell’organizzazione, potrebbe essere stato ucciso nelle scorse settimane in un pesante raid su Beirut.

L’applicazione della legge di Benjamin Netanyahu ha sinora comportato non solo la decapitazione dei vertici di Hamas ed Hezbollah. Ma anche quasi 42mila palestinesi morti nella Striscia di Gaza e più di duemila libanesi (guerriglieri e non). Inoltre, 200 lavoratori dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati e più di un centinaio di giornalisti. Ma Netanyahu non si è fermato nemmeno di fronte ai quasi 70 degli ostaggi catturati il 7 ottobre, che si stima siano morti. Né si sta fermando di fronte alla forza “di pace” ONU in Libano alla quale sta semplicemente dicendo; “fatti più in là”. D’altronde, come asseriva Machiavelli: “I profeti disarmati ruinòrno”.

Il discorso di Benjamin Netanyahu

Poche ore dopo la morte di Yahya Sinwar. Benjamin Netanyahu ha esposto la sua “visione” di ciò che è accaduto. «L’arciterrorista che ha ucciso migliaia di israeliani e rapito centinaia di cittadini – ha detto – è  stato ucciso dai nostri eroici soldati. Oggi il male ha subito un grave colpo, ma la nostra missione non è ancora finita. Ai terroristi di Hamas dico: i vostri leader stanno scappando e saranno eliminati. Faccio appello a tutti coloro che tengono i nostri ostaggi: a chiunque deporrà le armi e libererà i nostri ostaggi, permetteremo di andarsene e continuare a vivere. Il ritorno degli ostaggi è un’opportunità per raggiungere tutti i nostri obiettivi e avvicinare la fine della guerra».

Il leader israeliano ha parlato con i toni di chi è pronto a sferrare l’ultimo colpo. Agli ultimi miliziani di Hamas non ha chiesto un accordo ma la resa ad una sola condizione: il carcere anziché la pena di morte. Altrimenti procederà, come sempre, senza guardare in faccia a nessuno. Il “ritorno degli ostaggi” ha infatti detto, è solo “un’opportunità” ma gli obiettivi israeliani possono sempre essere raggiunti a prescindere. E l’obiettivo attuale è la fine di Hamas; quello a seguire la distruzione di Hezbollah. Questa è “la legge ad ovest del Giordano”.

D’altronde, la legge Netanyahu è forse l’unica applicabile di fronte al terrorismo che si serve della popolazione civile come scudo umano. Con l’azione del 7 ottobre Hamas mirava a porsi di fronte a tutti gli arabo-palestinesi come unica forza in grado di contrastare gli israeliani e di far falere i loro diritti. La conseguenza, invece, è stata l’imminente sconfitta dell’organizzazione e gli oltre 42.000 morti palestinesi. Chi ci ha guadagnato?

Foto di UX Troubletrace da Pixabay

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