A come ACDC

acdcFormatosi a Sidney nel 1973 intorno ai fratelli Angus e Malcolm Young, il gruppo raccoglie l’eredità artistica degli Easybeats, storica band australiana dei Settanta, guidata da George, fratello maggiore dei fratelli Young.

Ed è da subito suono ruvido e solare di un intero continente.

Il nome AC/DC (Alternating Current/Direct Current) sta a significare corrente alternata/corrente continua.

I primi 2 dischi originariamente nati per il mercato locale, “High Voltage” (1974) e “T.N.T.” (1975) sono seguiti da un album che in America assembla il meglio della loro produzione dove spicca l’inno “It’s a long way to the top”.

Su tutto la voce alcolica di Bon Scott.

Nel 1976 esce “Dirty deeds done dirt cheap” trainati da un live show che è l’essenza stessa del rock.

Quando sbarcano in Inghilterra sono perfetti sconosciuti; quando tornano in patria sanno di essere future stelle.

“Let there be rock” (1977) li porta per la prima volta in classifica in Europa, grazie anche a canzoni formidabili come “Whole lotta Rosie”, che diventa uno dei classici della loro discografia.

Ma questa lunga discografia conosce anche fasi alterne e dischi sicuramente non tutti sullo stesso piano, in termini di successo riscontrato.

E’ il caso di “Powerage” che a parte la celebre “Riff Raff”, di certo non è tra i lavori più memorabili. Stesso discorso per il live “If you want blood you’ve got it”. Si tratta in realtà di un vano tentativo di raccogliere i loro migliori successi dal vivo.

Ma è proprio da queste ultime 2 produzioni che gli ACDC raggiungono quella maturità tanto sperata. Ed il capolavoro arriva nel 1979 con “Highway to hell”. Maturità, dunque: una maturità compositiva che li proietta nelle classifiche di mezzo mondo e nei più importanti festival rock.

Questo è l’album della consacrazione definitiva di Angus Young, assunto a ruolo di indiscutibile leader.

Nel 1980, poi, rintocchi di campana a morto introducono lo storico e celeberrimo album “Back in black”.

Si tratta del loro ultimo saluto a Bon Scott, vittima di una vita di eccessi, che viene sostituito da Brian Johnson.

Non ne risente lo stile, anzi; e le canzoni assumono sempre di più l’icona di <<classici>>. Gli ACDC diventano hard rock puro, adorati ed imitati in tutto il mondo.
Impossibile, infatti, amare il rock e non conoscere “Hells bells” o “You shook me all night long”… L’anno successivo, la band sforna un ulteriore esempio di rock granitico.

Qui riff e ritornelli sono funzionali come sempre, ma (forse) leggermente inferiori rispetto ai 2 capolavori che hanno preceduto questo “For those about to rock (we salute you)”.

Da quel giorno, ancora oggi, i cannoni della canzone che da il titolo all’album, fanno da commiato dai loro fan al termine dei concerti.

Cito poi “Flick of the switch” lavoro del 1983 e “Jailbreak”, mini LP del 1984 in cui vengono stampate tracce inedite dei loro esordi, dove torna prepotente la voce di Bon Scott.

E poi ancora “Fly on the wall” (1985), e “Who made who” (1986) nato per la colonna sonora dell’horror <<Maximum overdrive>> (<<Brivido>>) di Stephen King.

Come facilmente avviene per gli artisti di successo, anche gli ACDC vivono una [quasi naturale] fisiologica fase di <<stanca>>.

Le sorti un pochino si risollevano con “Blow up your video” (1988) dove cito volentieri “That’s the way I wanna rock’n’roll” e ancora di più con “The razor’s edge”, un album degno dei loro classici.

Angus è all’apice della sua maturità e consacrazione e con lui tutta la band, compresi Brian Johnson e l’ultimo arrivato, il nuovo batterista Chris Slade.

Un paio d’anni ancora e nel 1992 esce finalmente “LIVE”.

Un doppio album completamente dal vivo che documenta un suono incorruttibile frutto di un tour mondiale dove gli ACDC hanno spesso ricoperto il ruolo di band leader del festival Monsters of Rock.

2 ore e più di concerti in cui la band regala venti classici che hanno segnato la storia del rock degli ultimi decenni. Un live assolutamente da <<possedere>>!

“Ballbreaker”, l’album successivo (del 1995) non manca di vendere, così come il successivo “Stiff upper lip” del 1997, ma siamo al principio di un lunghissimo tunnel.

Un periodo buio da cui Angus e soci fanno nuovamente capolino dopo ben 11 anni.

Esce infatti nel 2008 “Black ice” e quasi contemporaneamente parte un tour mondiale atteso dai fans per molto, troppo tempo.

Le vendite mondiali di Black Ice si sono attestate a quota 5 milioni alla fine del 2008; questo rende Black Ice il secondo album più venduto di quell’anno e il loro album di maggior successo commerciale dai tempi The Razors Edge.

Nel 2010 esce “Iron Man 2”, raccolta di canzoni degli AC/DC usate come colonna sonora dell’omonimo film. E siamo ai giorni nostri.

Nel 2014 la band decide di festeggiare i loro 40 anni di carriera con “Rock or bust”, ma gli anni si cominciano a sentire e gli eccessi anche.

A causa delle cattive condizioni di salute di Malcolm Young, questi è stato sostituito dal nipote Stevie Young e Brian Johnson ha santificato che il tour (attualmente in corso) sarà il modo migliore per dire bye bye ai loro fans.

E noi non possiamo far altro che ringraziare!

di Riccardo Fiori 

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