Pochi personaggi storici hanno suscitato interesse, fascino e ammirazione come Federico II di Svevia. A dimostrarlo ci sono le migliaia di libri che sono stati scritti e che ancora si scrivono su di lui. Chi più chi meno, tutti gli autori – storici compresi – si sono impossessati della figura dello Stupor Mundi, ognuno a modo suo, ognuno a proprio uso e consumo. Se i libri scritti su Federico II sono migliaia, pochissimi sono i film e i documentari dedicati a lui alla sua vita.
Nel 1998 Pasquale Squitieri diresse un lungometraggio dal titolo Stupor Mundi, film allegorico e surreale in cui un gruppo di turisti visita la tomba di Federico nella Cattedrale di Palermo, sdoppiandosi nei personaggi dell’epoca. Tra gli attori Claudia Cardinale nel duplice ruolo di Costanza d’Altavilla, madre di Federico, e di Costanza d’Aragona, prima delle sue mogli ufficiali. Con lo stesso titolo l’anno scorso al Film Festival di Ischia è stato presentato un documentario diretto da Gian Luca Bianco e Giacomo Visconti, con la partecipazione di Michele Placido. Anche in questo documentario lo sfondo è Palermo e il Federico narrato è esclusivamente siciliano, come se lo Svevo non si fosse mai mosso dall’isola.
Se pochissimi sono documentari e film, ancor meno sono le rappresentazioni teatrali. A compensare il bilancio ci ha pensato Carla De Girolamo, regista e attrice foggiana che vive a Lucera, e lo ha fatto con uno spettacolo teatrale gradevole e schietto, che rende giustizia alla verità storica. Sabato 29 agosto nella bella cornice del Chiostro del Palazzo di San Domenico a Manfredonia, per la rassegna “Sarà l’Estate” e con la collaborazione della Compagnia Bottega degli Apocrifi, è andato in scena “Harem, le donne di Federico” con Carla De Girolamo nel ruolo di Bianca Lancia, la bella amante dello Stupor Mundi nonché suo unico grande amore, Arianna Gambaccini, marchigiana da anni trapiantata a Giovinazzo, nel ruolo della balia e Claudia Lerro nel ruolo di Violante, figlia quattordicenne di Federico e Bianca. Di seguito una sintesi tratta da una scheda ricevuta da Carla De Girolamo che ringraziamo per avercela inviata.
La scena è ambientata negli appartamenti imperiali del castello di Monte Sant’Angelo, l’anno è il 1250. Sul far del giorno, il castello è in subbuglio: Federico ha annunciato la sua visita a Bianca Lancia. Questa, a causa della gelosia di lui, vive nel maniero insieme alla figlia e alla balia in stato di quasi prigionia. Le tre donne, assai diverse tra loro, esprimono la loro diversità nel modo di rapportarsi a lui, a Federico, amante, padre e imperatore, uomo capace di grande saggezza e dolcezza, ma anche di bieco cinismo e spietatezza. Nonostante le sue origini aristocratiche, Bianca ne è innamorata e succuba al tempo stesso. Violante, cresciuta nel mito di un padre importante ma lontano e gelosa dei favori da lui riservati al fratello Manfredi, ha un’indole ribelle e mal sopporta le regole dell’impero. La balia, popolana estrosa ed infaticabile, tenta la mediazione tra madre e figlia (ma anche tra pubblico e palcoscenico) contribuendo con ilarità a svelare importanti tasselli del complesso mosaico delle relazioni che le tre donne hanno con l’imperatore. In attesa che Federico faccia la sua apparizione, nei dialoghi delle tre donne prende corpo l’ingombrante personalità del sovrano più potente della terra. Attraverso il racconto delle precedenti storie d’amore ne emerge anche il lato umano e la possibilità che egli voglia garantire a Bianca e a Volante una vita migliore di quella che hanno avuto tutte le altre donne dell’imperatore. La storia si complica quando la collana di Costanza d’Altavilla, che Federico ha donato alla sua amante, non viene più trovata con grande disperazione di Bianca Lancia. Tra sortilegi e colpi di scena la quiete ritorna infine tra le tre donne. Ma sarà una quiete di breve durata, drammaticamente interrotta dall’arrivo di una notizia proveniente da Fiorentino.
Tra i meriti della De Girolamo c’è l’aver riportato la Puglia al centro della narrazione scenica e storica. Cosa non da poco considerato il furto che storici, scrittori e registi e documentaristi hanno perpetrato nei confronti del Puer Apuliae e del territorio pugliese. E di Foggia in particolare. Gli esempi sono numerosi. Facciamone uno per tutti.
David Abulafia, professore di storia del Mediterraneo all’Università di Cambridge, nel suo libro “Federico II, un imperatore medievale” tralascia di menzionare Foggia. Dopo l’incoronazione a imperatore, nel suo cammino verso la Sicilia, da Capua l’Imperatore svoltò verso la Puglia e “andò zigzagando in territori di cui aveva un’imperfetta conoscenza”. Con queste parole Abulafia definisce come quasi casuale l’arrivo in Capitanata, ma le cose non andarono così. Federico era anche un generale e aveva una schiera di consiglieri militari che conoscevano il territorio. Qualcuno deve avergli parlato dell’esistenza della Piana di Puglia, ricca di grano e di cavalli allo stato brado. Per un generale un’informazione strategica. Quando poi la vide con i suoi occhi, quella piana, se ne innamorò. Il resto della storia sono in pochi a conoscerlo.
Abulafia non è l’unico storico ad aver dimenticato Foggia e sarebbe bello se, finalmente, dopo 800 anni dall’arrivo in città del più grande imperatore del medioevo, la città di Foggia pretendesse ancorché tardivamente di occupare nella storia il ruolo che essa ha svolto per circa un quarto di secolo: quello di essere stata capitale del mondo.
Che ben vengano dunque spettacoli teatrali come quello di Carla De Girolamo, concepiti anche per avere un preciso carattere divulgativo e didattico. Il loro merito è quello di dare un contributo nella giusta direzione, quella di riportare Foggia e la Capitanata nel posto che gli compete nella storia e di cui i libri di storia non parlano. Non ancora. Brava De Girolamo.
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