C’è qualcosa di straordinariamente familiare nel guardare un presepe e pensare a quella celebre battuta di Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo: «A te piace ‘o presepe?» – chiede con insistenza Luca Cupiello. La risposta del figlio Nennillo è sempre la stessa, secca e disarmante: «A me nun me piace ‘o presepe».
Eppure, nella parrocchia di San Lino a Roma, in Via della Pineta Sacchetti, anche il più scettico troverebbe difficile rimanere indifferente. Il presepe allestito per questo Natale non è solo un’opera d’arte, ma una porta aperta sulla spiritualità e sul significato profondo della Natività.
Con la frase “Io sono la porta” (Gv 10,7) incisa con cura sopra la scena, il presepe di San Lino richiama in modo inequivocabile l’apertura della Porta Santa, tema cardine del Giubileo. È una rappresentazione che invita il fedele – e non solo – a varcare una soglia interiore, a riflettere sul significato del Natale come tempo di passaggio e di rinascita
Un lavoro di due mesi e mezzo: l’arte paziente di un presepe tridimensionale
Dietro questo capolavoro si nasconde un impegno lungo e meticoloso: due mesi e mezzo di lavoro, guidati dalla passione e dalla dedizione di Domenico, Gaetano, Giovanni e Giuseppe. La realizzazione del presepe di San Lino si distingue per una cura quasi maniacale, dove ogni dettaglio concorre a ricreare con fedeltà la maestosità della Basilica di San Pietro. Dalla riproduzione del baldacchino del Bernini alla porta del Filarete, fino all’atrio vaticano, ogni elemento architettonico – colonne, portali, cesellature e affreschi in miniatura – è stato concepito per evocare profondità e prospettiva.
Il presepe non si limita a essere una rappresentazione bidimensionale. La sua tridimensionalità, ottenuta con giochi di luci e materiali diversi, proietta lo spettatore in una scena viva e vibrante. L’imponente porta sembra quasi reale, tanto è dettagliata nelle sue incisioni e nei giochi d’ombra che le conferiscono solidità.
I segreti dei maestri: tecniche nascoste e misteri artigianali
Ma c’è di più. Come ogni grande opera d’arte, anche questa straordinaria rappresentazione della Natività ha i suoi segreti. I creatori, con quel sorriso sornione tipico degli artigiani di un tempo – hanno ammesso di non voler svelare del tutto le tecniche utilizzate. «Ci sono trucchi che è meglio tenere per noi», hanno detto scherzando. Un velo di mistero avvolge così la lavorazione. Il che, rende l’opera ancora più affascinante.
«Ogni volta che guardo questo presepe, mi chiedo come abbiano fatto a dare tanta profondità a uno spazio così piccolo», ha commentato Don Pier Luigi Stolfi, parroco di San Lino. E forse è proprio questo il punto: lasciare che chi guarda si perda nei dettagli, immaginando i segreti nascosti dietro ogni colonna e ogni statua.
L’ispirazione giubilare e il richiamo alla Porta Santa
Non è un caso che il presepe di San Lino sia stato inaugurato in concomitanza con l’apertura della Porta Santa, in occasione del Giubileo. Don Pier Luigi ha sottolineato come quest’opera rappresenti un ponte tra l’arte sacra e la devozione popolare. «Entrare in chiesa e fermarsi davanti a questo presepe significa già varcare una soglia, un confine che separa il quotidiano dal sacro», ha dichiarato con emozione durante l’inaugurazione.
L’opera, dunque, non è solo una narrazione della Natività, ma una riflessione visiva sul significato della salvezza e della misericordia. I fedeli che si avvicinano trovano nella scena della nascita di Gesù un invito ad attraversare la porta della fede. «Io sono la porta» (Vangelo secondo Giovanni – 10,9), parafrasa Don Pier Luigi, richiamando le parole di Gesù per sottolineare come il Giubileo inviti a compiere un pellegrinaggio interiore.
Analisi artistica: un’opera di grande valore simbolico e tecnico
Dal punto di vista tecnico, il presepe di San Lino si distingue come una vera e propria opera d’arte, capace di coniugare maestria artigianale e profondità simbolica. La composizione segue con rigore i principi della prospettiva rinascimentale, con una fuga centrale che conduce lo sguardo verso l’epicentro della scena: la raggiera che avvolge la cattedra, emblema radiante della Luce divina.
Questa disposizione, riflette l’intento di creare un percorso visivo che attraversa la narrazione sacra e culmina nella rivelazione spirituale. La raggiera, con i suoi raggi dorati che si estendono come un abbraccio luminoso, enfatizza la centralità del Mistero e incarna il legame tra la dimensione terrena e quella celeste, richiamando l’iconografia classica della gloria divina.
In questo equilibrio tra tecnica e simbolismo, la Natività diventa veicolo di contemplazione e trasforma lo spazio in un luogo di riflessione e meraviglia.
Quanto alle figure, sono caratterizzate da espressioni delicate e gesti naturali. Ogni particolare racconta una storia e contribuisce a creare una narrazione corale, che si snoda lungo tutta la scena.
Un successo per la comunità e per l’anima
Per Don Pier Luigi, questo presepe rappresenta una grande soddisfazione. «È una grande gioia vedere i volti illuminati dei bambini e dei fedeli quando si avvicinano per la prima volta a questo presepe. È un segno tangibile della presenza di Cristo tra noi», ha affermato.
La comunità di San Lino ha risposto con entusiasmo, partecipando numerosa alle celebrazioni e visitando l’opera anche al di fuori delle funzioni religiose. Questo presepe è diventato non solo il fulcro delle celebrazioni natalizie, ma anche un richiamo per chi, magari, si era allontanato dalla fede.
Varcare la soglia del cuore
In un’epoca in cui spesso il Natale rischia di ridursi a una corsa ai regali e alle luci scintillanti, la rappresentazione della Natività allestita a San Lino ci ricorda che il vero significato di questa festa risiede altrove. È un invito a rallentare, a fermarsi davanti a quella porta simbolica che separa l’ordinario dallo straordinario.
E chissà, forse anche chi, come il figlio di Luca Cupiello, inizialmente rispondeva «A me nun me piace ‘o presepe», potrebbe trovare nella scena della parrocchia romana una ragione per cambiare idea.
Sarà possibile ammirare la rappresentazione della Natività fino alla Candelora (2 febbraio).
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