Il 13 dicembre, il governo Letta ha abolito il finanziamento pubblico ai partiti tramite decreto legge (per approfondire il tema dl clicca qui).
In realtà, la questione è articolata: innanzitutto, il finanziamento pubblico fu abolito nel 1993 grazie ad un referendum che ottenne numeri plebiscitari, in seguito al clima d sfiducia del caso Tangentopoli.
Soltanto otto mesi dopo, però, il Parlamento aggiornò la legge sui rimborsi elettorali –aggirando così la vox populi espressa nel referendum. Segno evidente che tra il finanziamento e i rimborsi non vi era differenza è il fatto che, dal 1994 ad oggi, politica e mass media abbiano sempre usato le due definizioni come interscambiabili.
Arriviamo al dicembre 2013: Letta, a due giorni dall’Assemblea Nazionale del PD che avrebbe confermato l’elezione di Matteo Renzi a segretario, ruba la scena al sindaco di Firenze annunciando l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
In questo modo, il premier catalizza su di sé -e sul governo- l’attenzione e i consensi che, soltanto la domenica successiva, sarebbero stati prerogativa di Renzi.
In realtà, i 91 milioni annui di finanziamento pubblico non sono aboliti da subito ma progressivamente, e la totale cancellazione avverrà dal 2017: soltanto da questo anno i cittadini italiani saranno esentati dal versare ai partiti la somma di 1,50 euro pro capite.
È opportuno, però, indicare quali altri Paesi del mondo non prevedono in nessuna forma il finanziamento pubblico ai propri partiti (nell’immagine, in rosso).
Sono 55, pochi in Europa, perlopiù in Asia (India, Bangladesh, Libano, Singapore), in Africa (Sierra Leone, Mauritania…) e in Sudamerica (Bolivia, Venezuela); al contrario, 96 Stati prevedono il finanziamento pubblico annuale e 57 destinano fondi pubblici ai partiti in relazione alle spese sostenute in campagna elettorale.
Dunque, in Italia il sistema per sostenere i partiti passa nelle mani dei privati che potranno destinare ad essi il 2×1000. Sebbene il tetto delle erogazioni sia di 300 mila euro annui per persone fisiche e di 200 mila per persone giuridiche (limite che, se fosse stato in vigore nel 2013, avrebbe impedito a Berlusconi di versare 15 milioni nelle casse del Pdl), il sistema sembra fortemente censitario: il rischio è quello di partiti politici nelle mani di singoli che li finanziano –in mancanza di sovvenzioni statali.
Numerosi gli emendamenti proposti da Sinistra Ecologia e Libertà, fortemente critica sul dl: tra questi, è passato quello sulla trasparenza che renderà visibile chi donerà più di 5000 euro, mentre è stato bocciato quello che impediva il versamento ai condannati per reati fiscali o di mafia in via definitiva.
Il governo, perciò, esce vittorioso da una battaglia che accresce il suo prestigio davanti agli elettori, e fortemente legittimato dall’ampio consenso ottenuto in Parlamento (Partito Democratico, Nuovo Centrodestra, Forza Italia, Scelta Civica). All’invito del M5S di restituire i 45 milioni ottenuti nel 2013 dal Pd tramite finanziamento pubblico, Enrico Letta tace, così come sui molteplici processi che vedono imputati per peculato proprio 280 consiglieri regionali di tutti i partiti di questa strana maggioranza.
di Giovanni Succhielli
foto: idea.int
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