La Russia ha registrato proteste e manifestazioni in oltre 185 città, da Vladovistok a San Pietroburgo, lo scorso 23 gennaio, per richiedere il rilascio di Alexei Navalny. Dopo 5 mesi di convalescenza presso un ospedale in Germania in seguito al tentato avvelenamento causato da un agente nervino, Navalny è stato arrestato al suo rientro presso l’aeroporto di Mosca il 17 gennaio scorso, per aver violato gli obblighi di libertà condizionale disposti da una condanna del 2014. Nel 2013 Alexei era infatti stato condannato a 5 anni di carcere con sospensione della pena detentiva poiché dichiarato colpevole di appropriazione indebita ai danni della ditta russa Kirow e della compagnia russa Yves Rocher Vostok; Navalny, così come i suoi alleati, ritiene si tratti di uno stratagemma usato dalle autorità russe per scoraggiare le sue attività politiche. In merito, la CEDU, Corte europea dei diritti dell’uomo, ha riconosciuto l’assenza di un processo equo nei confronti dell’accusato, definendo arbitraria la sentenza.
Ricostruzioni ed inchieste ancora in fase di accertamento sembrano accreditare l’ipotesi dell’implicazione delle forze di sicurezza russe nell’avvelenamento. Ultime notizie riportano la morte del medico che, subito dopo il malore accusato in Siberia, aveva curato Navalny; lo ha comunicato l’ospedale di Omsk senza, tuttavia, specificare le cause del decesso. Navalny è ora in carcere, vi resterà per 2 anni e 8 mesi, pena ridotta poiché l’imputato ha già trascorso 10 mesi ai domiciliari.
Chi è Alexei Navalny?
Alexie Navalny è nato a Butyn, Russia, il 4 giugno 1976; laureato in legge e finanza, sposato e padre di due figli, è un avvocato, attivista politico, giornalista investigativo, fondatore, nel 2011, della Fondazione Anticorruzione e, nel 2014, del Partito del Progresso – movimento che l’allora Ministro della Giustizia russo rifiuta, per motivi burocratici, di inserire tra le organizzazioni politiche riconosciute.
Famoso e al contempo famigerato per aver realizzato rilevanti inchieste sulla corruzione dilagante tra gli alti ranghi russi, Navalny è considerato il principale portavoce e leader del movimento di opposizione a Vladimir Putin. Nonostante il suo programma politico, semplice e diametralmente opposto a quello corrente, il suo profilo politico resta ambiguo e controverso: da un lato nazionalista, con un passato nel partito democratico e socialista Yabloko dal quale sembra sia stato espulso per derive xenofobe[1], dall’altro personaggio moderato, aperto a rapporti amichevoli e di commercio con l’Occidente.
Durante le elezioni a sindaco di Mosca del 2013, guadagna un secondo posto ricevendo il 27,24% dei voti. Alla fine del 2016 dichiara di voler concorrere alle elezioni presidenziali del 2018. Il 13 dicembre 2017 annuncia il suo programma politico in un video caricato nel proprio canale YouTube, ringraziando pubblicamente la fitta rete di sostenitori di cui ha potuto circondarsi negli anni, arrivando così a poter contare sulla presenza di 83 uffici regionali in tutto il paese e quasi 200.000 volontari coinvolti nella sua campagna. Il 25 dicembre 2017, tuttavia, la Commissione Elettorale Centrale rifiuta la sua candidatura alle elezioni presidenziali; la ragione è nella sua impossibilità di voto passivo per frode. Navalny si appella alla Corte costituzionale, sostenendo che negare il voto passivo ad un condannato che tuttavia non sta scontando la propria pena in prigione è incostituzionale; il suo appello non trova però accoglienza[2].
Secondo la legge federale russa, l’elettorato passivo non può essere riconosciuto alle persone condannate al carcere per crimini gravi, crimini estremisti e crimini amministrativi, se la pena viene scontata durante il periodo elettorale; si specifica inoltre che la sospensione dall’elettorato passivo è valida per l’intera durata della sentenza e fino a 10 – 15 anni (varia in base alla gravità del crimine) dopo l’estinzione o interruzione della pena.
Di fronte al diniego di concorrere alle elezioni, Navalny decide in ogni caso di mettere a frutto le risorse e i consensi ottenuti durante il suo attivismo, organizzando una campagna di boicottaggio e d’informazione che durerà per i successivi tre mesi, accompagnata da proteste e manifestazioni in tutto il territorio; migliaia di persone scendono in piazza, avanzando al grido di “non è il nostro zar” e chiedendo una Russia senza corruzione. Nel marzo del 2018 Vladimir Putin inizia il suo quarto mandato (non consecutivo); salvo improbabili colpi di scena, egli rimarrà a capo della presidenza per altri tre anni, fino al 2024.
Il grey man delle tv russe
In un paese in cui le principali reti televisive sono controllate dal governo federale e la comunicazione mainstream si distingue per il suo carattere reticente a menzionare oppositori politici, i social media restano un’area grigia e fruibile in cui blogger, attivisti, giornalisti coraggiosi possono muoversi sperando di mobilitare coscienze. É questo il caso di Alexie Navalny e dei suoi follower, le cui piattaforme virtuali stanno ora dominando la discussione politica online in Russia.
Navalny è riuscito a catturare l’attenzione dei media internazionali e, alla luce dei più recenti avvenimenti, a destare lo spirito popolare dei suoi connazionali. Secondo una ricerca indipendente condotta dal Levada Center, a giugno 2017 il 55% degli intervistati in Russia conosceva il suo nome[3]; dato che non può passare inosservato, considerando che negli anni della sua campagna elettorale Navalny non è mai stato invitato a prendere parte in programmi televisivi, i quali evitavano addirittura di citarlo. Nonostante la televisione resti il principale mezzo d’informazione per la maggior parte dei cittadini russi, quindi suggestionata fonte di conoscenza per l’opinione pubblica, il livello di consapevolezza che Navalny è riuscito a suscitare nel popolo russo è impressionante.
Navalny, che da sempre utilizza la rete virtuale per pubblicare i risultati delle inchieste condotte grazie alla sua fondazione, nel 2017 è stato inserito dal Time Magazine nella lista dei 25 soggetti più influenti del web; unico russo presente nell’elenco. Tra le più note inchieste, vi sono le rivelazioni sull’allora primo ministro Dmitry Medvedev, coinvolto in fatti di corruzione e tangenti, al cui documentario ha fatto seguito un’ondata di manifestazioni in cui i cittadini russi chiedevano a gran voce le dimissioni del ministro stesso.
L’orizzonte non promette colori rosa
Ciò che sta avvenendo in Russia è sintomo di un popolo desideroso di una nuova classe politica al potere? Non esattamente o comunque non esclusivamente. Il malcontento popolare che sta animando le strade moscovite e quelle di oltre 180 città russe non è nuovo ai media né agli studiosi del settore, tantomeno è inedita la notizia di allontanamenti coatti, azioni intimidatorie o arresti nei confronti di oppositori russi[4].
Secondo alcuni esperti, le manifestazioni andrebbero lette come il risultato di risentimenti in convergenza. Alla luce dei sondaggi, a cui è giusto riconoscere il beneficio del dubbio, la candidatura di Navalny come presidente della Federazione russa godrebbe ad oggi di un esiguo 4% di voti, contro il 32% di Putin[5]. Non si tratta di un capriccio delle nuove generazioni, sia chiaro; sono molti i trentenni nelle piazze, e sentimenti di contrarietà scorrono anche nelle vene della fascia più matura della popolazione. Il supporto dei manifestanti russi sembrerebbe prescindere dalle idee politiche di Navalny, muovendosi piuttosto lungo i binari della giustizia sociale e di un equo processo.
Il fatto che i russi decidano di scendere a frotte in strada, consapevoli del rischio di essere arrestati, trattandosi di raduni non autorizzati, è un altro dato degno di considerazione. La polizia ha arrestato oltre 4000 persone durante il secondo weekend di proteste (30-31 gennaio), e le misure di repressione persistono da giorni; manganelli, persecuzioni, detenzioni, percosse, arresti. Lo riferisce il progetto indipendente sui diritti umani con sede a Mosca OVD-info, dedicato al monitoraggio di procedimenti giudiziari motivati politicamente, che tra i suoi articoli si preoccupa anche di dare istruzioni e consigli in merito al comportamento da assumere e alle tutele da attivare nel caso si finisca in manette. OVD-Info ha registrato centinaia di casi di violazioni di diritti umani, dall’ostruzione del lavoro di avvocati a episodi di tortura nei dipartimenti di polizia, ai quali spesso hanno fatto seguito arresti amministrativi.
Difficile pronunciarsi sui potenziali risvolti e scenari che la situazione russa potrà avere, resta certo il ruolo che Navalny sta al momento ricoprendo, ovvero quello di essere diventato un polo attrattivo, punto strutturale della mobilitazione popolare e sociale in Russia.
[2] Fonte: ResearchGate
[3] Fonte: ResearchGate
[4] Fonte: ResearchGate
Fonte foto: OsservatorioRussia
Scrivi