Viaggio tra i vini del Novarese
Bibe vivas multis annis. Bevi, che tu possa vivere molti anni. Questo augurio di lunga vita, lega un antico manufatto artistico del IV secolo d.C., la Coppa Diatreta Trivulzio, a una delle attività agricole più importanti del medio Novarese: la viticoltura. Pare infatti che qui la vite sia piantata, lavorata e l’uva poi trasformata in vino, fin dall’epoca romana, con risultati sempre più appaganti e di successo. E non è un caso che la prima Cantina Sociale d’Italia sia nata proprio in questo territorio, a Oleggio, nel 1891. Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, elogiava le qualità dell’uva spionia coltivata in questi luoghi, parlando forse dello Spanna, nome locale che indica il Nebbiolo, il re dei vitigni piemontesi. È proprio il Nebbiolo, vinificato in purezza o in un blend di uve autoctone, che dà origine alle DOC e DOCG delle Colline Novaresi, un territorio dove la viticoltura è stata sempre particolarmente favorita dal microclima, dovuto alla vicinanza del Monte Rosa, e da terreni ricchi di argille, sabbia e ciottoli di origine morenica e vulcanica.
Il 2024 si è aperto con l’assegnazione al territorio dell’Alto Piemonte del titolo di Città Europea del Vino, nello specifico per le zone di produzione vinicola che fanno a capo a 20 comuni piemontesi (che comprendono anche il Gran Monferrato), uniti per la prima volta sotto un’unica sigla. Tra i comuni novaresi che hanno ricevuto questo riconoscimento ci sono Barengo, Boca, Bogogno, Borgomanero, Briona, Fara Novarese, Ghemme, Grignasco, Maggiora, Mezzomerico, Romagnano Sesia, Sizzano e Suno.
A questi si aggiungono per il Biellese i comuni di Brusnengo, Vigliano Biellese e Villa del Bosco, per la provincia di Vercelli il comune di Gattinara e per il Monferrato i comuni di Acqui Terme, Casale Monferrato e Ovada. Per tutto il 2024 i vini, le offerte turistiche e gli eventi di questo territorio saranno assoluti protagonisti e centro dell’attenzione in tutta Europa, con tavole rotonde, degustazioni, convegni sui temi della viticoltura, del consumo consapevole, della sostenibilità e dell’identità dei territori.
(info: www.cittaeuropeadelvino2024.eu).
Il Nebbiolo ha trovato infatti in queste zone un terroir perfetto per dare grandi vini, complessi, eleganti, minerali, freschi e dal lungo invecchiamento; il suo nome potrebbe provenire da “nebbia”, perché collegato alla sua vendemmia tardiva, quando sulle colline scendono le prime brume autunnali; oppure perché i suoi acini sono ricoperti da una sostanza, la pruina, che li protegge e che conferisce loro un aspetto velato.
L’altro vitigno autoctono a bacca nera e unico nel suo genere è la Vespolina: vinificata in purezza oppure in uvaggio, conferisce al prodotto finale un aroma caratteristico di frutti di bosco; ma la peculiarità che spicca su tutte è in particolare percepita all’olfatto: l’aroma di pepe, dal forte impatto sensoriale è dovuto infatti alla presenza del rotundone, la molecola responsabile di questa tipica nota speziata.
Nebbiolo e Vespolina, dunque, sono i protagonisti principali della viticoltura novarese che, assieme ad altri vitigni come Barbera, Croatina, Uva Rara, fanno nascere i grandi vini di questa fascia di Piemonte, compresa tra il fiume Sesia, il torrente Agogna e il fiume Ticino. Tra questi, quattro sono le denominazioni storiche che più rappresentano il nostro territorio: il Boca, il Fara, il Sizzano e il Ghemme, ciascuno appartenente ad una precisa area di produzione.
Il Boca DOC viene prodotto da uve Nebbiolo, Vespolina e Uva Rara, provenienti dall’omonimo comune, e dalle vicine Maggiora, Cavallirio, Prato Sesia e Grignasco, su terreni vulcanici e composti da argilla, sabbia, granito e porfido; l’invecchiamento prevede un minimo di 34 a un massimo di 46 mesi, di cui 18 o 24 in legno. Dal colore rosso rubino intenso con riflessi granata, ha un profumo fine ed etereo di mammola e in bocca un sapore asciutto, armonico e corposo. Le origini del Boca sono molto antiche: Pietro Azario nel Trecento lo definì “rinomato sin dall’antichità”, mentre nel settembre 1900 il Patriarca di Venezia, Cardinale Giuseppe Sarto in visita al Santuario di Boca assaggiandolo lo designò come “vino da papi”, un elogio profetico, poiché dopo 3 anni venne nominato Pontefice col nome di Pio X.
Il Fara DOC, nasce nei territori di Briona e Fara Novarese, le prime propaggini collinari di origine morenica che il visitatore incontra provenendo dal capoluogo. Contribuiscono alla sua produzione i vitigni Nebbiolo, Vespolina e Uva Rara, con un affinamento che va dai 22 ai 34 mesi, di cui almeno 12 o 20 in legno. Il colore rosso rubino, il profumo fine di mammola, il sapore asciutto, sapido e armonico sono le sue peculiarità fondamentali. La storicità della produzione vitivinicola è testimoniata dagli affreschi conservati nella Chiesa romanica dei Santi Pietro e Paolo presso il cimitero del borgo, risalenti al XV secolo. Nella fascia inferiore dell’abside, sotto al Cristo Pantocratore, sono infatti raffigurati in dieci pannelli, i costumi, le attività e la vita attraverso il ciclo dei mesi, strettamente connessi al lavoro dei contadini. L’attività vitivinicola è rappresentata, nel mese di agosto, da un bottaio che fissa i cerchi di ferro in una botte e, nel mese di settembre, da un contadino che a gambe nude pigia l’uva in un grande tino.
Il Sizzano DOC, come recita il disciplinare, deve essere prodotto con uve provenienti dall’omonimo comune, dove le colline hanno terreni prevalentemente argillosi. La fortuna del Sizzano si deve al grande statista piemontese Camillo Benso conte di Cavour, che manifestò la sua predilezione per questo vino, sostenendo che potesse gareggiare in qualità coi vini della Borgogna e promuovendolo nella sua cerchia di amicizie. Anche il Sizzano viene prodotto da un blend tra Nebbiolo, Vespolina e Uva Rara con un invecchiamento che va dai 22 ai 34 mesi di cui 16 o 24 in legno. Il suo colore è rubino tendente al granato, con un profumo peculiare di violetta e un sapore asciutto, sapido e armonico.
Infine il Ghemme, unica DOCG del Novarese è un vino la cui produzione è consentita nell’omonimo comune e nella vicina Romagnano Sesia, zone dove la viticoltura, fin dai tempi dei romani, ha sempre contraddistinto la vita degli abitanti, tanto che Ghemme scelse come simbolo un grappolo d’uva e un mazzo di spighe di grano per il gonfalone comunale. La qualità e il rispetto delle buone regole di vinificazione venne qui introdotta dai monaci di Cluny, che possedevano in Ghemme alcune vigne e dove portarono le loro conoscenze sulla viticoltura. Nel borgo si respira ovunque profumo di vino, in particolare nel suo castello-ricetto, sorto in epoca medievale per volere della popolazione, con l’intento di salvare sé stessa e le scorte alimentari dai continui assalti che queste terre dovevano costantemente subire. Non a caso, tutte le abitazioni all’interno del ricetto erano già dotate, ieri come oggi, di spazi destinati a cantina e alla produzione del vino; in alcune finestre con decorazioni in cotto, compaiono poi grappoli di uva e tralci di vite, a testimonianza della lunga tradizione vitivinicola di questo luogo. Il vino Ghemme, prodotto sempre da Nebbiolo, Vespolina e Uva Rara, ha un intenso colore rosso granato, dai sentori di violetta, di spezie e di liquirizia e un sapore sapido, amarognolo e armonico. È previsto un invecchiamento che va dai 34 ai 46 mesi, di cui 18 o 24 in legno. Non c’è pranzo senza vino, soprattutto se si tratta di un pasto sontuoso come quello che apre il romanzo Piccolo mondo antico, di Antonio Fogazzaro, dove il Ghemme accompagna pietanze ricercate alla tavola della marchesa Orsola Maironi; Stendhal parla dei vigneti di Romagnano e Ghemme nella sua Certosa di Parma e Mario Soldati, nel racconto L’albergo di Ghemme lo definisce un vino “eccellente e di prim’ordine… un Gattinara più spesso, più scuro, più violento. Meno trasparente, meno liquoroso, meno raffinato: ma forse più genuino.”
Ricordiamo poi anche la denominazione Colline Novaresi, riconosciuta nel 1994, che comprende diverse tipologie di vino, con proprie caratteristiche specifiche di colore, di profumo e di gusto. Queste le varietà: Colline Novaresi Bianco, Colline Novaresi Rosso, Colline Novaresi Rosato, Colline Novaresi Novello, Colline Novaresi Vespolina, Colline Novaresi Nebbiolo, Colline Novaresi Uva Rara, Colline Novaresi Croatina, Colline Novaresi Barbera.
Attorno al vino, anche a quello Novarese, naturalmente c’è tutto un mondo di itinerari, cantine ed eventi.
Gli enoturisti possono, in ogni momento dell’anno, percorrere l’area vitivinicola del Novarese programmando visite nelle numerose cantine che offrono degustazioni e passeggiate in vigna per un vero e proprio tour enologico, dalla vite al bicchiere. L’elenco completo dei viticoltori è disponibile sul sito www.turismonovara.it, nella sezione dedicata al vino di Prodotti e Produttori.
Tra gli itinerari che attraversano questa zona sono da segnalare quelli rivolti a chi pratica la camminata nordica Nordic Walking delle Colline Novaresi; per i cicloturisti invece sono stati realizzati i percorsi BicinVigna con Antonelli, 3 tracciati che partono da Villa Caccia, sede del Museo Storico Etnografico della Bassa Valsesia a Romagnano Sesia, che toccano i comuni della zona collinare interessati dalle architetture di Alessandro Antonelli, attraverso le vigne, il Parco del Monte Fenera, il Piano Rosa e la Baraggia Novarese, su strade bianche e a bassa intensità di traffico. Qui, tra boschi e vigneti emerge il fascino di un territorio collinare, sullo sfondo del massiccio del Monte Rosa. Nuovi itinerari percorribili a piedi, a cavallo e in bici, sono stati realizzati nella zona denominata Monteregio,che interessano i comuni vitivinicoli dell’asta del Sesia, da Briona fino a Grignasco.
Tutte le informazioni, gli eventi, gli elenchi dei produttori sono disponibili sul sito www.turismonovara.it e presso l’ufficio dell’ATL Terre dell’Alto Piemonte, ufficio di Novara, all’interno del Castello Visconteo-Sforzesco del capoluogo, aperto tutti i giorni (lun-dom 9.00-13.00/13.30-17.30); tel. 0321.394059; infonovara@terrealtopiemonte.it
Et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni. Leonardo da Vinci
Scrivi