AltaRoma, la rincorsa all’eleganza

452_11357-200x300Viaggio nella capitale, itinerari senza senso

Affrontare lunghi percorsi per vedere, sapere e capire la moda… capire come affrontare percorsi collegati con il nulla, quando il tempo tiranno si diverte con noi, costretti a trasformarci in pendolari e perdersi nei labirinti degli accrediti, sfilate con gli stessi orari e, in luoghi lontani fra loro. Un’altra occasione persa per congiungere il settore ad altri comparti, vedi: turismo, settore agroalimentare, sport, cultura, un’innegabile base comune che non esiste. Lo stilista dovrebbe essere il viaggiatore eterno alla ricerca di esperienze; alla ricerca della perfezione che si riassume in una unica parola “eleganza” una volta, additato come matto, il suo coraggio era la sua incoscienza, oggi sono tutti spaventati e, si vede, si percepisce dalle poche innovazioni, capacità e virtù ben nascoste per paura di essere copiati, il bisogno di affermarsi per alcuni con il desiderio di apparire in ogni dove, nella moda forse un po di più, un sentimento che si prova e si annida sotto la pelle quando, seduti su panche scomodissime si intuisce un senso di svuotamento; si può chiamare invidia? Un sentimento che si insinua quando si considera qualcuno a cui diamo il nostro stesso valore ci sorpassa e, ottiene l’ammirazione altrui…
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Da sempre la moda è stata intesa come creazione, in questa kermesse abbiamo visto la replica del meglio e del peggio. In questo deserto, il 27 gennaio ad Altaroma, nello splendore del Complesso Monumentale Santo Spirito in Sassia è apparsa l’ eleganza tagliata da “forbici d’oro”, riconoscimento che tradizionalmente i sarti conferiscono all’artigiano, che “ha saputo mettere in risalto lo stile, la capacità tecnica, l’estro creativo e il rigore formale della sartoria su misura”, questo scrive in una nota stampa Davide Dionisi, direttore responsabile della rivista “Maestro sarto stile accademia”. I sarti, armati di metro, spilli e gesso, hanno tirato fuori dalle loro sartorie, per farli ammirare, capi eleganti, rigorosamente frutto di prove in camerino su modelli di eccezione. Poter contare su una classe di specialisti come abbiamo visto in passerella è segno di continuità, diffusione e divulgazione della conoscenza delle tecniche e segno di qualità, da tramandare in famiglia, e oltre, come molti fanno. Trasferire il proprio sapere vuol dire mantenere occupazione, termine, come dice Dionisi, ormai quasi scomparso dal vocabolario. Mi piace ricordare i protagonisti silenziosi di questa moda elegante, piena di fascino retrò, circa 1200 metri di tessuto, 600 km di fili, 1200 bottoni e 3.600.000 punti, tutto per farci ammirare capi eleganti, eseguiti con amore dai sartori, che appoggiati dalla Camera di Commercio di Roma, portano avanti una tradizione di arte sartoriale, antico mestiere che continua a far brillare nel mondo l’ eccellenza dell’artigianato italiano. A cadenza biennale viene organizzato “il manichino d’oro” dedicato alla sartoria femminile, ben rappresentata in questa giornata.
Certo, per realizzare questo variegato “miracolo” bisogna essere  com’è la gran parte dei nostri artigiani,  auto consapevoli, sicuri di sé, dotate di buon gusto, esperti nel ’arte del fare, attenti allo spendere ma senza rinunciare ai risultati, curiosi e flessibili, a volte persino geniali. Quel che sta avvenendo sempre di più a seguito della crisi, è che il consumatore finale aguzza l’ingegno e diminuisce la dipendenza psico-culturale dalle marche e dalle griffes creatività della che a volte supera la creatività degli stilisti e dei produttori.
452_11368-200x300Non siamo in presenza di un rifiuto della moda, ma della sua reinterpretazione di massa: la moda viene ora più liberamente scelta per esprimere se stessa, essere creativa, divertirsi e spesso giocare con l’abbigliamento e con gli accessori (tutte tendenze in atto dal 1999 ma ora estesesi – di circa un terzo – a seguito della crisi).
Il crac finanziario e la conseguente grave recessione planetaria che gli è seguita hanno avuto un forte impatto sopratutto in Italia, anche sui consumi privati interni; basti dire che solo il 20% delle nostre connazionali non ha ridotto le proprie spese (il 3% le ha incrementate e il 17% le ha mantenute stabili) mentre ben l’80% dichiara di aver diminuito i propri consumi dal gennaio 2008 (in particolare nel Lazio e al sud). Oggi, a distanza di 6 anni, la situazione è drammatica.
Le conseguenze sono semplici e nette. Chi pensa, per uscire dai guai presenti, di abbassare la qualità, compie un gravissimo errore: rivedere i prezzi, questo sì è necessario (e non solo fino all’ inizio della ripresa); ma fare quality downgrading sarebbe folle. Il mercato italiano chiede qualità (e tanta gente fa fatica proprio per rinunciare ad essa), mentre sui mercati internazionali tutte le prospettive del Made in Italy sono legate – come sempre, più di sempre – alla nostra capacità di garantire una reale top quality: lo chiede l’84% dei nostri clienti all’estero (dato KPMG), per i quali la vocazione storica del nostro Paese è solo quella di mettere a disposizione il “bello ben fatto”, la miglior sintesi di funzione e di estetica, uno splendido mix di natura e di lavoro umano, di storia e di artigianalità (anche nell’industria), di ingredienti o materiali e di lavorazioni d’eccellenza, di razionalità e di passione.
Con un’aggiunta rilevante, che riguarda la vera qualità, quella essenziale. È solo questa a venir pretesa senza cedimenti: ciò significa che – accentuando una tendenza già notata prima della crisi – oggi la gente rinuncia volentieri al “di più” di qualità che giudica irrilevante, spesso barocco, quasi sempre inutilmente costoso, spesso riducente la semplicità d’uso (e di stivaggio o di riparazione, ecc.) oltre che l’ecosostenibilità e il risparmio di energia. Oltre al resto, in questi anni difficili, ogni over contrasta con la crescente domanda di sobrietà, essenzialità, moderazione, scarnificazione (pure stilistica). Insomma, viva la qualità che davvero conta e bando al resto!
Sono sicura… qualunque sia la vostra moda del cuore troverete il modo di adattarla alle nuove tendenze della prossima primavera.
Molti dati sono stati estrapolati da una ricerca che mi è stata concessa da Enrico Finzi.
di Adelfia Franchi 
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