Tra qualche giorno è Natale. Con quali sentimenti ci stiamo preparando a quest’annuale festività? C’è gioia nel nostro cuore per l’avvenimento di un’importante nascita? O sarà un giorno come tanti altri, vissuto nell’indifferenza? Dio non voglia che sia così! Seguiamo anche noi, allora, l’invito che il Papa ha rivolto giorni fa agli universitari di Roma. Prepariamo questa nascita, incamminiamoci e idealmente “andiamo verso Bethlemme”. Cosa troveremo, chi ci accoglierà? Troveremo un Dio paziente e fedele che sa attendere, ma soprattutto, sa rispettare i nostri tempi. Sì, perché quel Bambino che incontreremo è la più alta manifestazione dell’amore di Dio per l’uomo. Quel Bambino è l’Amore. Ama ciascuno di noi in maniera disinteressata perché anche noi, dal suo esempio, possiamo apprendere l’arte dell’amare. E quel Dio-Uomo ci chiede solo di essere amato. Andiamo allora a Bethlemme! Dobbiamo viaggiare. Tuttavia quest’itinerario è l’immagine più adeguata per descrivere il cammino della nostra liberazione interiore. Questo viaggio, anche se virtuale, ci porterà alla conversione. Andando a Bethlemme infatti, non troveremo un albergo, non saremo ospitati in un bed&breakfast munito di ogni confort; la stella, come è già accaduto ai Magi, ci accompagnerà in una misera grotta per condividere, tra l’altro, la “povertà dignitosa”, oggi dimenticata, di tre personaggi che hanno sconvolto totalmente il corso della storia. Il viaggio verso questa cittadina anonima e che all’epoca non compariva sulle cartine geografiche, sarà un’esperienza di libertà profonda: saremo esortati a compiere un atto che sveglierà l’egoismo della nostra umanità, cioè “uscire da noi stessi, per andare verso Dio”. E il Dio di Bethlemme è un Dio che si è fatto vicino a noi; è una presenza viva che rinfranca tutti i cuori, che ci accompagna nelle scelte di ogni giorno e che in ogni istante ci parla nel segreto del cuore, ma soprattutto nelle Sacre Scritture. Pensiamo al pianto di quel Bimbo indifeso per trovare il coraggio soprattutto quando si è stanchi, affaticati e quando c’è bisogno di ritrovare la serenità del cammino. E Giuseppe, il protagonista di questa quarta domenica di Avvento, è già arrivato! È giunto a Bethlemme prima di noi. Non è solo, con lui c’è Maria. “Prima che andassero a vivere insieme, – però – si trovò incinta per opera dello Spirito Santo” (Mt 1,18). La profezia di Isaia trova in Maria la più grande realizzazione: “La vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14). Il Figlio di Dio, predetto da quest’antica profezia, doveva diventare uomo nel grembo di una vergine. Un vero mistero! Come può una vergine concepire? Questo grande mistero manifesta la potenza, la sapienza e l’amore che Dio dispensa in favore dell’umanità; e Dio lo fa perché essa è fortemente ferita dal peccato. S. Giuseppe viene sempre presentato dai Vangeli come “uomo giusto” (Mt 1,19), cioè, fedele alla Torah, disponibile e docile a compiere sempre la volontà di Dio. Questi suoi attributi gli meritano l’ingresso nel mistero dell’Incarnazione. Infatti, un angelo del Signore gli appare in sogno e gli annuncia: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21). Maria, secondo la legge mosaica, doveva essere allontanata dalla comunità e lapidata. Ma Giuseppe per obbedire e, nello stesso tempo per salvare, non lo fa. Infatti, abbandona il pensiero di ripudiare Maria e la prende con sé; grazie alle parole dell’angelo i suoi occhi finalmente possono contemplare nella strana vicenda di Maria l’autentico intervento di Dio. S. Giuseppe viene annoverato tra i personaggi silenziosi del Vangelo, ma il suo silenzio è molto eloquente: custode della vita terrena di Gesù, egli è un testimone oculare dei prodigi del Signore; garante della verginità di Maria, egli è colui che ci insegna ad accogliere nella nostra vita l’azione vivificante e gratuita di Dio. In questi termini, a proposito, si esprime il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Nel padre legale di Gesù si profila l’uomo nuovo che guarda con fiducia e coraggio al futuro, non segue il proprio progetto, ma si affida totalmente all’infinita misericordia di Dio” (CCC, 532). Carissimi, a S. Giuseppe, Patrono universale della Chiesa, continuiamo ad affidare tutte le nostre famiglie perché possano sperare, soprattutto in questo duro momento storico, in un avvenire migliore; in un futuro sicuro, baciato e benedetto continuamente dalla Provvidenza di Dio. Osservando alcune immagini che ritraggono S. Giuseppe lo sguardo viene catturato subito dagli strumenti del lavoro di falegname: quanti oggi hanno perduto il lavoro e quanti non riescono a trovarne! Giuseppe è l’immagine alta della tenerezza paterna: quanti bimbi piangono nel nascondimento e nella paura la violenza nelle famiglie! S. Giuseppe rimanda alla sobrietà cristiana: quanto consumismo e quanti sprechi si effettuano nella nostra società malata. Infine, lo sposo di Maria richiama alla fedeltà: quante coppie sono poste sull’orlo della crisi a causa di infedeltà. Invochiamo con fiducia S. Giuseppe, perchè in occasione di questo Natale, il nostro cuore possa gioire e i nostri occhi possano vedere Gesù. ChiediamoglieLo: anche noi, nella notte santa, vogliamo essere i protagonisti principali di questo mirabile incontro d’amore. Ce lo conceda! benedetti dal materno sguardo di Maria SS.ma.
Fra Frisina
Foto: oratoriodiferno.it
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