Abbiamo tutti un’idea di Dio.
Per Anselmo d’Aosta (circa 1033 – 1109) il fatto che abbiamo un’idea di Dio, dimostra la sua
esistenza.
Dio è <<ciò di cui non può essere pensato nulla di maggiore>>, il che equivale a dire che Dio è l’essere più grande che si possa immaginare: più grande per potenza, bontà e sapienza.
Nulla di più grande può essere ipotizzato, perché se qualcuno o qualcosa lo fosse, quello sarebbe Dio.
Dio è quindi l’essere supremo. E questa definizione era ampiamente condivisa.
Anche se Anselmo aggiungeva qualcosa: diceva infatti che se Dio esistesse solo nelle nostre menti e non nella realtà, non rappresenterebbe la cosa maggiore di tutte.
In altre parole un Dio immaginato non può essere maggiore di un Dio reale. Per Anselmo, dunque, Dio deve esistere.
Duecento anni più tardi, un altro santo nato in Italia, Tommaso d’Aquino (1225 – 1274), elencò nella “Summa Theologiae”, cinque argomenti, le cinque vie per dimostrare l’esistenza di Dio.
Il secondo argomento era quello della causa prima ed era basato (come molta della filosofia di Tommaso) sul pensiero di Aristotele.
Come per Anselmo, anche per D’Aquino la dimostrazione dell’esistenza di Dio doveva basarsi sulla ragione.
Si parte dall’esistenza del cosmo. Guardatevi attorno, sosteneva: da dove viene tutto questo? La risposta è semplice: qualsiasi cosa ha una causa che l’ha generata e le ha dato la forma che ha. Tommaso andava a ritroso in una catena di cause ed effetti.
Ma qualsiasi rapporto di causa ed effetto non poteva proseguire all’infinito. A rigor di logica, secondo Tommaso, ad un certo punto doveva esserci stato qualcosa che aveva dato inizio alla catena delle cause (la causa prima) e degli effetti; e sarebbe dovuto essere qualcosa che non era l’effetto di qualcos’altro.
Questa, sostiene Tommaso, è Dio. Dio è la causa prima di tutte le cose.
di Riccardo Fiori
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