“È un periodo di cambiamento per la moda in generale, ma lo è anche per me. Sono un romantico, e questa leggenda orientale mi ha proprio catturato. Mi piace l’idea che due persone si possano amare per un giorno solo, una volta l’anno; e trovo bellissimo il fatto di vivere di attese, di aspettative: in una società che ci impone di essere sempre più veloci, io scelgo di non dare niente per scontato”.
Con una linea ispirata al Rinascimento giapponese e alle donne samurai (“perché non tutti sanno che esistono”), durante l’ultima edizione di Roma Fashion Week, la kermesse promossa da Altaroma, Antonio Martino sfila al Guido Reni District, snocciolando in dettagli urban e poetici ghirigori, il Tanabata, la famosissima Festa delle Stelle, celebrata il settimo giorno del settimo mese del calendario lunisolare, il 7 luglio.
La leggenda di Tanabata
Di matrice cinese, la leggenda di Tanabata narra di una coppia di innamorati, la tessitrice Orihime e il mandriano Hikoboshi, identificati con le stella Vega e Altair. Laboriosi, i giovani, svolgevano le loro attività per gli Dei. Un giorno per volere di Tentei, Re del cielo e padre di Orihime, i due s’incontrano e s’innamorano perdutamente. Trasportati dalla passione decidono di sposarsi, e storditi dalla felicità dimenticano completamente i loro doveri. Tentei adirato per la loro negligenza, punisce la coppia confinandola alle due rive del Fiume Celeste (corrispondente con la Via Lattea). La giovane Orihime, dalla disperazione versa mille lacrime, così il Re lasciandosi impietosire dalla figlia, permette ai due sposi di incontrarsi un solo giorno all’anno, il settimo del settimo mese.
In Oriente, partendo da questa leggenda, la ricorrenza si celebra con una grande festa, e con i tanzaku, preghiere o desideri scritti su foglietti rettangolari appesi ai rami degli alberi di bambù. Piccoli pegni d’amore lasciati al vento, con la speranza che si possano avverare, e che il designer salernitano usa per etichettare con idillio, la linea autunno/inverno 20-21: una demi-couture imperiosa e romantica, fatta di lavorazioni virtuose che favoleggiano un’androginia simbolica, liberamente ispirata al folclore giapponese e alle antiche soldatesse feudali.
“Sono riuscito a riprodurre i tanzaku grazie ad un’artista giapponese che mi ha rivelato tanti dettagli sulla carta, e sull’inchiostro da utilizzare” ha spiegato lo stilista nel backstage “poi come sigillo di buon auspicio, per tutta la collezione, ho fatto riprodurre anche il mio cognome, e ho lasciato questi dettagli svolazzanti, con l’intento di trasmettere un senso di fugacità”.
La demi-couture di Antonio Martino continua Urban Park
Il busto e le gonne in tulle devorè, decorati da pegni d’amore, aprono la strada a un’eleganza poetica, e trasmettendo un leggero senso di incompiuto riportano alla strada e al vento, elemento naturale che più volte stuzzica l’estro del designer, per l’incontrollata capacità di dettare movimento alla forma e al volume delle cose. Sotto la calendarizzazione di Altaroma, infatti, lo stilista campano continua il percorso Urban Park, ormai giunto al volume 4 (il vento è ispirazione poetica di Urban Park-Volume 2), e con l’intento fermo, di foggiare un pret à couture dal tocco metropolitano, segue la via del romanticismo, pronta ad addolcire design e struttura a una femminilità dal richiamo orientale.
Dettagli preziosi per la linea autunno/inverno 20-21
Oltre la leggenda di Tanabata che ruba il cuore e l’estro a Martino, la collezione autunno/inverno 20-21 si arricchisce di elementi preziosi che riprendono la tecnica del kintsugi (l’arte di riparare con l’oro), e la pittura bucolica tipica del paravento, forma caratteristica del Rinascimento nipponico. Il serpeggio del filo d’oro, e l’idea di rinascere in una nuova vita, come processo naturale, si traducono in estrosi diademi con fiori di pesco e ciliegio, che incoronano il volto a una donna sofisticata e contemporanea.
Un movimento labirintico, che dagli accessori migra nelle stampe floreali e nei damascati in argento, pattern nascosti, visibili solo al compiersi di ogni passo. Tra elaborazioni geometriche, volumi e sperimentazioni materiche – come il tessuto carta “che si può tranquillamente accartocciare in una valigia senza rovinarsi” -, l’armatura dei samurai rivive in tailleur in pied de poule, dalle maniche rigide in pelle martellata, e in abiti bustier a sirena dalla trama check; in una meticolosa elaborazione sartoriale pronta a interpretare con scioltezza, quell’urban couture di cui Antonio Martino è l’audace cantore.
Tra rigore militare e dolcezza: la forza ipnotica dell’Oriente
La tavolozza colori parte dal minimalismo del bianco e del nero, per poi tingersi di glamour, nella ricerca simbolica e ancestrale del colore attraverso il loro significato: “Ho scoperto una storia dietro ogni sfumatura, così ho scelto il classic blue molto tempo prima che fosse selezionato da Pantone” ha spiegato Martino. Una cromia densa e rassicurante, che oltre ad aprire il nuovo decennio, traghetta con nobiltà secolare, la forza ipnotica dell’Oriente.
Il capospalla dal taglio redingote esalta il punto vita, e lascia ai dettagli strutturali, il compito di ancorare la mente all’ispirazione nipponica. Un gioco magico e imperioso che dall’esterno, trasmette il rigore militare dell’armatura aristocratica, al suo interno, invece, quasi in silenzio decanta la dolcezza di un’imperturbabile femminilità.
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