“Dall’anno scorso esiste una nuova linea, più giovane, più street… Tutto nasce perché un giorno, una carissima amica mi dice: sono disperata perché non trovo un bomber bello, che però non abbiano tutti. Perché non me lo fai tu?”
Rilassato, ma con la giusta dose di attenzione, Antonio Martino (foto sopra), designer di alta moda, cresciuto praticamente a pane e haute couture – dagli studi presso la Ida Ferri Fashion School, al lavoro da Gattinoni e Roccobarocco, fino all’esordio con Antonio Martino Couture, l’omonimo brand che compie dieci anni – si pizzica leggermente la barba scura, e con la calma piacevole di una semplice chiacchierata, racconta l’origine di quelle sue nuove sperimentazioni.
È alto, vestito di nero, con una camicia a maniche corte, calzante come un guanto, e un pantalone alla turca tra l’elegante e l’athleisure; pronuncia parole semplici, pulite, dirette, che al momento giusto si colorano di particolari essenziali, proprio come lui, e il suo progetto di prêt-à-porter, nato da quel capriccio soddisfatto, giunto alla seconda linea, e presentato in anteprima durante l’ultima edizione di AltaRoma
Lo incontriamo proprio allo Showcase, la super vetrina realizzata in collaborazione con ICE Agenzia, sempre all’interno di Cinecittà tra i set di Roma antica. Il designer campano è in piedi, davanti alla sua postazione, tra i due stand con sopra Urban Park-Volume 2, e con al centro l’elegante impermeabile, dall’imprescindibile tocco couture; lo stesso che Martino, mentre racconta della sua capsule, ogni tanto, con lo sguardo rapido e furtivo, si allunga a spiare.
Un capo che, tra i venti esposti, certamente ruba la scena, frutto di quelle sperimentazioni che, lì per lì, davanti alla richiesta della sua amica, non si sente proprio capace di iniziare, “non mi ero mai cimentato in una cosa così street, per fortuna ho seguito l’istinto, e alla fine ho fatto quel bomber, che ha dei dettagli di alta moda, ovviamente. Da lì, mi è piaciuto tanto utilizzare il neoprene e altri tessuti particolari, e così mi sono detto: quasi quasi mi diverto e faccio altre cose… ”
E dallo sfondo, pare proprio una scultura, quel pezzo di alta sartoria che rapisce lo sguardo, e sembra volerti parlare; dietro un calcolato alternarsi del bianco e del nero, racchiude anche l’idea del sottotitolo della collezione Volume 2, scelto dal designer stesso per definire al meglio, la profonda ossessione per quel gioco di volumi: una serie di movimenti morbidi e naturali che, rubandoli al vento, Martino si diverte a intrappolare nel design dei suoi abiti, e che malgrado tutto, grazie a dettagli come fibbie a contrasto, e coulisse magistralmente arricciate, delineano sempre il corpo, esaltandone il punto vita e la femminilità.
Un concetto, questo del vento, figlio dell’ispirazione stessa, e che il designer più volte definisce poetica. “Da sempre sono affascinato dalla natura che, su tutte le cose anche le più grandi, alla fine prende il sopravvento, regalando nuove forme e colori; specialmente in contesti industriali, urbani, quando si tratta di costruzioni ormai in disuso, mostri fermi nel tempo.”
Spiega bene Antonio Martino che, in questa scommessa di prêt-à-porter, con tutto il suo background fatto di alta moda, sembra essersi lasciato anche lui, plasmare e guidare dalla natura stessa, e dalla sua forza sovrumana.
Ed eccola qui la poesia, raccontata dietro l’ispirazione: quella capacità unica degli artisti, di riuscire a guardare oltre le semplici cose, anche quelle che non sono più in grado di esercitare la loro funzione, e per vari motivi, abbandonate dall’uomo, sono lasciate allo scorrere del tempo. Così, mentre per tutti, sembrano semplici e inutili mostri, che rubano spazio alla città, dall’altra parte, qualcuno osserva madre natura, che invece decide per loro, ne cambia i colori e anche le forme, e qualche volta magari, ci manda anche quel soffio di vento.
Proprio come succede al Gazometro, l’enorme cilindro di acciaio, costruito in origine, per accumulare il “gas di città”, che giace abbandonato tra sterpaglie e capannoni, e che ogni mattina Antonio Martino, dal suo quartiere, osserva passando, con gli occhi affascinati, e quella testa che va oltre, forse già in preda, a qualche strana e incontrollata magia.
“E in quei momenti ho pensato all’uomo, che quando costruisce usa il cemento e il metallo. Il denim sembra simile al cemento: più passa il tempo e più invecchia, e si trasforma, proprio come queste strutture, che alla fine diventano altre cose. Così, il mio gioco è stato quello di intrappolare il design, le geometrie e la morbidezza, la stessa che si crea quando ci passa il vento in mezzo… e prendono ancora e ancora altre forme.”
Forme geometriche, strutturate, che dietro una sapiente, e collaudata ricerca sartoriale, il designer si diverte più volte a definire e liberare, per poi improvvisamente fermare nei punti giusti, quelli pronti a segnare la femminilità, e dunque esaltarla.
È magia anche questa, la stessa che oltre alla poetica ispirazione, dietro la tecnica, ogni volta lo avvicina a quel concetto di eleganza senza tempo, nascosto in mondi di moda completamente diversi, e dai quali confessa, di esser da sempre affascinato: dal un lato, lo stile minimal di Gianfranco Ferré, attraverso elaborazioni geometriche, tagli perfetti e abiti scultorei; dall’altro, il super glam di Versace, e quella femminilità forte, sensuale, ostentata anche lasciando le linee più morbide, leggere e fluttuanti.
Due cifre stilistiche che Antonio Martino porta sempre nel cuore, e in un gioco creativo, immancabilmente si fondono con la sua personalità, e la sua visione di moda glamour, fresca, elegante, e che grazie alla poetica ispirazione, alla strana richiesta di un’amica e all’improvviso desiderio di sperimentare, questa volta rielabora per Urban Park – Volume 2, il ready to wear che ha sì, tutta l’aria di una scommessa, ma che alla fine non può assolutamente prescindere dal tocco di couture che, attraverso le sue mani, come una bacchetta magica, plasma gli abiti, proprio come il vento e la natura fanno con quelle cose, forme abbandonate dall’uomo, in balia dello scorrere inesauribile del tempo.
Photo Credit: E. Spiga – F. Zarroli / Luca Sorrentino
Scrivi