Sono passati due mesi dalla prima votazione concessa alle donne nella storia dell’Arabia Saudita. Il 12 dicembre 2015, infatti, le donne hanno avuto non solo la possibilità di votare alle elezioni comunali, ma anche quella di potersi candidare; tutto questo grazie al decreto ratificato nel 2011 dal re saudita Abdullah bin Abdelaziz, deceduto nel gennaio 2015.
Non vengono però eliminate le discriminazioni; la Commissione elettorale, d’accordo con la rigorosa applicazione della legge islamica, la sharia, ha vietato fotografie e discorsi dei candidati di fronte al pubblico di sesso opposto e l’esclusione di contatti tra uomini e donne durante la campagna elettorale. Ovviamente queste misure hanno colpito soprattutto le donne poiché, dell’1,5 milioni di persone iscritte alle liste elettorali, solo 130.637 sono di sesso femminile.
L’Arabia Saudita, tra l’altro, è l’unico Paese nel mondo che proibisce alle donne di guidare; nelle giornate di elezione è stata quindi permessa la gratuità del servizio dei taxi a tutte coloro che si dovevano recare alle urne.
Le resistenze a questa svolta nella comunità saudita erano e sono ancora assai fondate. Secondo un sondaggio pubblicato dal Centro studi Esbar, il 72,5% dei cittadini arabi era assolutamente contrario alla candidatura delle donne alle elezioni, l’8,7% lo accettava, mentre il restante 11,3 a mala pena lo sopportava.
Nonostante questo grande passo, in Arabia Saudita sono ancora molti i limiti alla libertà della donna: attualmente non è concesso loro di viaggiare senza accompagnatore, a meno che non abbiano un’autorizzazione scritta, di aprire un conto in banca senza il consenso dell’uomo e di girare in bicicletta. Non serve ovviamente ricordare la totale assenza di libertà di espressione, di decisione, di abbigliamento e la totale segregazione dal mondo maschile fuori dalle mura domestiche.
Allo stesso tempo, le donne saudite sono le più istruite del Medio Oriente; l’Arabia ha un tasso di alfabetizzazione femminile del 90%, e permette un’istruzione completa dalla scuola primaria all’università.
Alla fine delle elezioni di dicembre, la Commissione Elettorale ha reso noto che ben 13 donne sono state elette ai consigli comunali; un piccolo numero in confronto alle 900 candidature, ma un grande passo verso l’apertura culturale del Paese.
di Claudia Castaldo
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