Auto: un mondo al collasso

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Il mondo dell’auto è al collasso?

Questa domanda entra oramai prepotente nei discorsi degli addetti ai lavori del settore automotive di tutto il mondo. La risposta non è facile.

In questi due anni di pandemia da Covid 19 il virus ha ucciso tante persone, ma ha anche distrutto vari settori economici, uno di questi è l’auto, non ci sono dubbi. Il virus come sulle persone ha trovato terreno fertile su quegli organismi già stressati, deboli: l’auto era cosi.

Negli ultimi dieci anni il mondo dell’auto sia in Italia che nel resto d’Europa ed anche nel mondo ha bruscamente intrapreso una rivoluzione sull’emissione di gas inquinanti obbligando i costruttori ad introdurre in gamma nuove tecnologie di propulsione. Un obbligo imposto dalla politica che ha tralasciato la ragione e, spinta da irrazionalità, ha pensato: “basta dare qualche miliardo ai costruttori ed il mondo automotive sarà solo green, poi ci penserà il mercato!

Una rivoluzione stressante

La rivoluzione green, tanto voluta dalla classe politica e da una parte del mondo scientifico ed intellettuale, ha stressato il mondo dell’auto perché diventasse più pulito. Giustamente, all’inizio, bandendo la benzina al piombo che ha impiegato più di trenta anni per uscire definitivamente dal mercato; infatti – notizia di settembre 2021 – è stato chiuso l’ultimo distributore che ancora erogava benzina al piombo.

Un altro passo della rivoluzione green è stata quella di introdurre norme gradualmente più restrittive sui propulsori endotermici, suddividendoli in classi: Euro 0, Euro 1, Euro 2 fino all’attuale Euro 6 fin; una progressione che ha consentito di far evolvere i motori rendendoli più efficienti nella combustione, votati al risparmio ed adatti anche all’utilizzo di bio carburanti. Il primo motore Euro 6 è stato introdotto nel lontano 2011, oggi siamo giunti ad un drastico abbattimento di CO₂, polveri sottili e benzene.

Cosa chiede la politica?

Lo sforzo che oggi chiede la politica alle case costruttrici è – in poco meno di dieci anni – di produrre veicoli ad emissioni zero, qualcosa di drastico che può essere realizzato solo producendo veicoli a batterie – quindi elettrici – o ad idrogeno.

La prima è una tecnologia sperimentata in passato, costosa soprattutto nello sviluppo e costruzione degli accumulatori, dai quali dipende l’efficienza del prodotto in quanto ad oggi non garantiscono una percorrenza pari a quella di un veicolo equipaggiato con motore tradizionale.

La seconda tecnologia è ancora in fase di sviluppo, però i primi veicoli in sperimentazione hanno una costante: sono veicoli di medie e grandi dimensioni, per intenderci grandi Suv o berline, come il BMW X5 o Mercedes classe E.

Questa rivoluzione ha portato i costruttori a chiedere ingenti risorse tecnologiche e componentistica come chip, nel momento in cui altri settori avevano bisogno degli stessi, a fronte di una offerta limitata, portando cosi allo stop della produzione di autovetture in molti impianti europei.

Una soluzione

Possiamo rispondere alla domanda di partenza, con “Si!”, e tuttavia con questo vogliamo lanciare un messaggio ottimista: la ripresa avverrà, porterà una nuova mobilità per le persone, troveranno spazio sempre di più soluzioni di Carsharing, mobilità condivisa, una corretta salvaguardia dell’ambiente e delle persone.

Dobbiamo attendere una trasformazione, l’unica incognita è il tempo che bisognerà attendere, non meno importante sarà quantificare il prezzo da pagare per questa trasformazione di mobilità; infatti l’uso maggiore di veicoli a batteria imporrà una riduzione della forza lavoro nelle fabbriche automobilistiche, avremo una produzione automobilistica che si dividerà in due macro gruppi: il primo prodotto standard dove la differenziazione sarà basata sul marchio, il secondo si focalizzerà su prodotti di nicchia con produzione a richiesta.

Foto di Dan Fador da Pixabay

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