Brennero: il muro che è dentro di noi

L'Austria ed il muro al BrenneroNon sono le mura a proteggere le città, le nazioni.

E’ la mancanza di cultura la vera distruzione, è il muro mentale, la prigione delle idee. E’ un pensiero, sono le idee che reggono le mura. Sparta per esempio, era nemica di Atene e godeva di un potere incredibile; i cittadini erano ottimi guerrieri, poteva servirsi dei più grandi guerrieri del mondo ma quando doveva edificare, costruire, realizzare dei progetti, chiamava i più grandi maestri di Atene. Gli spartani non avevano letterati, drammaturghi, artisti, non avevano scrittori e non producevano scienziati. Sparta, dopo tante vittorie, viene sconfitta dall’esercito di Tebe, più leggero, pratico, armi maneggevoli. Sparta aveva corazze, armi pesanti, l’esercito era lento e massiccio, molto pesante. Inizia così la decadenza di Sparta.  “ La Storia insegna, ma non ha scolari”.

Il muro al Brennero

Abbiamo avuto muri dolorosi nella nostra Storia: ma da chi dobbiamo continuamente difenderci ? Il muro austriaco al Brennero è una fotografia quasi perfetta di questo 2016. Da una parte c’è un popolo in fuga, che scappa dalla guerra e dalla fame, dall’altra uno dei paesi più ricchi d’Europa e del mondo che alza un muro per non farli entrare. Perché, se entrassero, gli austriaci potrebbero dover affrontare dei disagi o, peggio, potrebbero trovarsi con qualche centesimo in meno sul loro reddito da decine di migliaia di euro pro capite. Ma loro sentono di aver ragione, di doversi proteggere, perché il surplus è un loro diritto: avere, possedere, spendere oltre il necessario è essenziale, perché nel 2016 non basta “stare bene”, bisogna stare “meglio”, di più e oltre, perché “è giusto così”. Bisogna avere ed accumulare denaro, denaro, denaro e potere. Il rapporto, visto dalle due facciate di quel muro, non è tra chi ha “molto” e chi ha “poco”, come succedeva nel 900, ma tra chi ha “di più” e chi non ha niente, se non se stesso. E quelli che hanno “di più” non hanno intenzione di rinunciare neanche ad un centesimo del loro “di più”.

Muro di BerlinoI tanti muri che separano, che dividono, forse i tanti muri che abbiamo nella nostra testa, i muri della “vergogna”, un elenco lunghissimo, citarli tutti è impossibile ( Il Muro di Berlino (1961-1989), progenitore di tutti i muri moderni. Il Muro di Gorizia (1947), recinzione con base in calcestruzzo che separava la frontiera italiana da quella jugoslava. Abbattuto nel 2004. Il Muro di Nicosia a Cipro (1974): lungo 180 km, divide i turchi dai ciprioti, tagliando in due la capitale. I muri di Belfast, Irlanda (1969), chiamati anche “Peace lines”. Motivo,separare i protestanti dai cattolici dell’Irlanda del Nord. Lunghezza: 13 km. La Barriera di separazione tra Stati Uniti e Messico (1994), lungo la frontiera tra Stati Uniti e Messico, in particolare a Tijuana. Detto anche Muro messicano o Muro di Tijuana. Lunghezza: 1.000 km. Motivo? Impedire l’arrivo negli Stati Uniti dei migranti irregolari messicani e bloccare il traffico di droga. Il Muro tra Marocco e Sahara Occidentale (1989), separa i territori occupati dal Marocco dai territori sotto il controllo della Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi (RASD). Lunghezza: 2720 km., motivo: difendere il territorio marocchino dal movimento indipendentista Fronte Polisario. La Barriera anti-immigrazione di Ceuta e Melilla (1990), costruito per bloccare l’immigrazione irregolare dal Marocco nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla, 11 km. E tanti altri ancora).

Funziona così anche da noi, in Italia, ed in parte è proprio quello che vorrebbe chi desidera la Lega al potere, con il “Salvini-pensiero”. È quello che ipotizzava e su cui ragionava il filosofo Giacomo Marramao ( quello di Potere e Secolarizzazione), allievo di Eugenio Garin, nel suo “Passaggio ad Occidente“: uno scenario in cui, da una parte, ci sono masse di diseredati in perenne migrazione o fuga dall’atrocità della guerra che premono per entrare, dall’altra, i popoli chiusi, sempre più vecchi ed impauriti che si “barricano dentro”, sperando che la porta regga.

Ma non regge mai. Non ha mai retto, quella porta, nella Storia.

Dunque, il pensiero di Marramao vede nella Globalizzazione un presupposto tipico della modernità nel passaggio da un mondo chiuso ad un universo circumnavigabile, aperto, che ci apre a sua volta  all’incontro-scontro con le altre culture che nella nostra società si trasforma nell’incontro quotidiano con “l’ospite” nelle grandi metropoli , mettendo continuamente in discussione la nostra identità.

di Alessandra Paparelli

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.