Cameron, out-out alla Ue

David Cameron«La scelta sarà molto semplice: se restare o uscire, dentro o fuori» – era finita così, mercoledì 23 gennaio, quando Cameron ufficializzava l’intenzione di indire, in caso di vittoria dei Conservatori alle elezioni del 2015, un referendum popolare sulla permanenza nell’Unione europea. Secondo il prime minister britannico, la Ue non è sufficientemente rappresentativa delle diversità caratteristiche dei suoi membri.

«I’m not a British isolationist», non intendo improntare una politica isolazionista, sembra rassicurare il leader del Partito Conservatore, il cui vero interesse è quello di impedire che la situazione stagna in cui riversano gli Stati-membro dell’unione infici l’economia inglese; il proposito di rinegoziare un accordo di adesione all’Unione europea è stato apprezzato con ostentazione da uomini dell’industria e grandi imprenditori d’oltremanica, che attraverso un’ingente quantità di missive lo hanno apostrofato come «progetto positivo per gli affari e per l’occupazione nel Regno Unito». L’Inghilterra rimarrebbe in ogni caso vincolata agli innumerevoli impegni giuridici finora sottoscritti; e un eventuale allontanamento dall’unione politica centrale significherebbe mettere in bilico i rapporti con il principale mercato di riferimento.

Il capo dell’esecutivo inglese è intervenuto giovedì al World Economic Forum di Davos (Svizzera) – cui hanno presenziato, tra gli altri, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il premier italiano (uscente) Mario monti, onorato da Schwab con la concessione della sessione principale in plenaria – Cameron, dicevo, è intervenuto sostenendo che l’accordo di cui si dice fautore «non è migliore solo per noi, semmai per l’Europa intera». Particolare risentimento nel contesto della cessione di ulteriore sovranità, causa per cui i cittadini britannici non hanno più la prerogativa di decidere ciò che è bene per loro, e sono costretti ad adeguarsi ad un rigore approntato, in via esclusiva, al fine di rimettere in sesto il capitombolo rovinoso che hanno subìto le economie sud-europee.

di Andrea Capati

Foto: iljournal.it

3 Risposte

  1. Gianmarco Capati

    La preoccupazione è che una scelta del genere porti alla rottura del “patto” politico implicito tra David Cameron e Nike Clegg, il che potrebbe fungere da propellente per gli ormai catatonici Laburisti.

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    • Andrea Capati

      Il movente della decisione rimane comunque piuttosto ingarbugliato: da un lato – come dicevi tu – c’è il rischio di far saltare un’alleanza tacita tra i due partiti moderati, dall’altro il tentativo di riguadagnare la fiducia dei cittadini più “conservatori” ed euroscettici.

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