E’ il 212 Avanti Cristo. La stanza è quasi buia, il viso dell’uomo ha colore solo perché è una candela a concederglielo.
Immersa nei suoi pensieri, la mano traccia segni furiosi sul foglio.
Un rumore dal mare. L’uomo gira di scatto la testa verso la finestra ma il buio ha già inghiottito le navi. Lui però sa che sono là.
La vecchiaia, le notti insonni, la paura di fallire, lo hanno provato. Ma non c’è tempo. Siracusa ha bisogno di lui, o meglio -si corregge- delle sue idee.
Il suo alleato più potente sta per sorgere, i romani tremeranno.
Il console preferisce la terraferma. Stare su un guscio di noce, per quanto enorme, sopra i flutti neri e profondi, non gli ispira grande fiducia. Bisogna però ammettere che lo spettacolo della flotta schierata attorno a Siracusa in una splendida giornata di sole mozza il fiato. E’ la dimostrazione che Roma può dominare tutto, persino il mare.
Questi i suoi pensieri, questo il sorriso, quando un’imbarcazione vicina alle mura viene avvolta prima dal fumo, poi dalle urla, infine dalle fiamme. “Quel maledetto Archimede!” urla il console.
“Brucia! Bruciaaa!” Archimede immagina l’espressione attonita del romano, traendo così doppia soddisfazione dalla buona riuscita del suo progetto: lo specchio ustorio, un sistema di ventiquattro specchi che riflettono e concentrano il sole in un unico punto, creando un raggio incendiario devastante per le navi romane.
Non basterà e lui lo sa. Siracusa cadrà prima o poi. I romani non avranno il suo genio, è vero, ma sono numerosi, organizzati, determinati. E soprattutto, possono tenere l’assedio per tutto il tempo necessario, affamando e fiaccando la città poco a poco.
Oggi forse no, pensa Archimede, ma la mia invenzione cambierà le cose.
E’ il 2012 Dopo Cristo e quasi tutti lo sanno. L’uomo giochicchia con una penna, è teso ma sorridente. Sullo sfondo il ronzio dei server, i neon sottolineano l’argento dei suoi capelli. Una rapida occhiata alle lancette. 06:58, manca poco all’alba. Un accenno di sorriso. Ripensa a secoli di dipendenza dal bruciare le cose per ricavarne calore, energia. Se si concentra può vedere i fumi di scarico, il nero carbone, il gas. Tutto questo potrebbe essere ridotto.
Il cielo inizia a rischiarare, annunciando che il suo più potente alleato in questa battaglia sta arrivando.
Non ci sono né consoli né navi, ma qualcosa sta bruciando o, meglio, riscaldando: è il mix di sali e gas che scorre nei tubi della centrale, il solare termodinamico. Impossibile spiegarlo senza banalizzarlo. Diciamo che migliaia di specchi concavi riflettono e concentrano il sole in punti dove scorrono tubi, che a loro volta contengono il fluido termovettore di cui sopra.
Il fluido trasporta l’energia in un serbatoio di accumulo e così facendo la centrale può produrre anche senza sole per otto ore.
L’accumulatore è in contatto con la caldaia, questa genera il vapore che muove la turbina e si produce corrente elettrica.
La piccola centrale installata a Priolo -casualmente vicino a Siracusa, casualmente chiamata Archimede- sarà presto in grado di soddisfare i bisogni energetici di 4mila famiglie. Il nuovo inventore, il signore dei capelli grigi del 2012, è Carlo Rubbia, premio Nobel 1984 per la fisica.
La centrale di Priolo produrrà il doppio di una centrale solare tradizionale e per ora ha costi che sono cinque volte quelli di una a combustibili fossili. Ma i costi si ridurranno con le future economie di scala, la strada è tracciata: Enel Green Power ha annunciato, il 19 settembre, che la fase sperimentale è conclusa e che entro tre anni la produzione sarà a regime.
L’assedio della Crisi –questo essere mostruoso con la C maiuscola- provoca, oggi come allora, povertà di risorse. Per resistere abbiamo bisogno di nuovi specchi. Ma stavolta non abbiamo la necessità di puntarli sulle navi. Dove dirigere energia e futuro è quindi una scelta nostra come non mai.
Luca Munaretto
Foto: oipamagazine.eu
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