Tra i tanti meriti che possiamo attribuire a Carosello e ai i suoi 20 anni di programmazione ininterrotta dal 1957 al 1977, tra cui c’è quello di aver ideato la moderna pubblicità televisiva e la sua morfologia del linguaggio, contribuendo perfino al processo di alfabetizzazione dell’Italia del dopoguerra, non possiamo non sottolineare che Carosello è stato il “padre” del “genere” televisivo contemporaneo. Per questo motivo, la Rai, a partire dal 1957, fu presa come modello di riferimento “avanguardista” da molte televisioni di tutto il mondo.
Carosello divenne subito un programma “contenitore” di mini sketch sufficienti a raccontare “brevi” storie, intense e gradevoli ma che, paragonate alla pubblicità di oggi, ci sembrerebbero troppo lunghe e, probabilmente, essendo abituati al tutto e subito, rischierebbero di annoiarci. Ma è proprio grazie a queste “brevi” storielle, che i Caroselli più fortunati divennero presto dei piccoli “serial”. Nacquero in questo modo mini-polizieschi, mini-western, mini-varietà, mini-documentari e mini-cartoni animati, che presto avrebbero suscitato nel pubblico lo stesso fascino che esercitavano i generi cinematografici in sala, sia per la creazione di nuovi personaggi che per la diversa natura delle ambientazioni. Gli autori di Carosello si sforzarono di elaborare sempre nuove trovate, che si concentrano in buona parte nella situazione finale, un “happy end” dove si risolveva il Carosello con la battuta, la canzoncina o la sigletta e che, ogni volta, si ripeteva nella stessa maniera.
A proposito di generi televisivi, pensiamo alla stagione felice del cinema di animazione e del cartoon, che proprio grazie a Carosello e alle sperimentazioni che in esso si applicavano, raggiunse in tutti gli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, in Italia, vertici mai più toccati in seguito. Fin da subito, infatti, i pubblicitari fecero ricorso al film di animazione, secondo la formula del cartone animato, soprattutto perchè ritenevano che bisognasse far leva su un tratto tipico nazionale, l’”adorazione” per i bambini. Si può parlare direttamente ai più piccoli con modalità per loro comprensibili e indirettamente raggiungere gli adulti. Si fa in modo che i personaggi dei Caroselli possano toccare il sentimento materno e aumentare in tal modo la persuasione che non è solamente legata ad esigenze filmiche ma, molto spesso, ad esigenze psicologiche. Così il genere del cartone animato da un lato si rifece ai modelli tradizionali del fumetto e della rivista, dall’altro sperimentò nuove formule creative, autonome, fondate su nuove tipologie di lingua e di linguaggio. Un altro genere molto presente in tutta la produzione di Carosello è la fiction, che rappresenta il punto di partenza di tutte le realizzazioni di soap e serial della televisione contemporanea, soprattutto nel considerarle come un prodotto realizzato solo per “vendere” e “semi-industriale” e con l’obiettivo di raggiungere il numero più alto possibile di spettatori piuttosto che per soddisfare le esigenze artistiche dell’autore e dei bisogni del pubblico. Il tipico esempio di fiction in Carosello è il mini-seriale che trabocca di buoni sentimenti e valori tradizionali e che, oltre alla funzione del “vendere”, pone grande importanza nell’intrattenere raccontando la realtà. Il termine intrattenimento è tradizionalmente vincolato (per eredità ricevuta dal cinema) con i generi del giallo, dell’ avventura, del western e della commedia; in ognuna di queste categorie, è ovvio, la realtà del mondo che ci circonda è presente come tessuto di base (può essere letta anche in modo estremamente critico e interessante); è il genere, se ben costruito, che diventa la ragione del conseguente intrattenimento.
Durante i suoi venti anni di programmazione, Carosello ha privilegiato molto la commedia (un genere graditissimo dal pubblico). La commedia (che ha assunto per il cinema la particolare veste di “Commedia all’Italiana”) fa parte della migliore tradizione nazionale. Difficilmente però la fiction di Carosello è riuscita nell’intento di voler raccontare la realtà, probabilmente perché, artisticamente parlando, la realtà, sta nell’occhio di chi osserva e non nella concretezza dell’oggetto osservato. Nella realtà, a differenza degli spot, non c’è sempre il lieto fine, ci sono anche i problemi e non sempre le famiglie sono felici. Dunque i generi offrono una possibilità di glissare sugli aspetti contraddittori e realmente drammatici della realtà stessa. La fiction vede come massimo obbiettivo quello di favorire il più possibile l’identificazione del pubblico con le storie che “potrebbero accadere a tutti” e con problemi che tutti potrebbero trovarsi ad affrontare. I protagonisti sono persone perlopiù normali, gente ben radicata nella realtà e negli affetti, che conducono una vita apparentemente ideale. Quasi mai i protagonisti hanno sentimenti negativi o, se li hanno, li risolveranno con un concreto miglioramento apportato dal prodotto da “pubblicizzare” e da “vendere”. Nella fiction nessuno muore e nessuno si fa mai veramente male. Non c’è sofferenza che non trovi vera consolazione, non c’è amore che non venga contraccambiato o quantomeno risolto con un altro amore. Gli ambienti sono sempre ben curati, ciò non significa che siano sempre lussuosi, spesso semplici e mai poco dignitosi. Nessun personaggio è mai “veramente povero”, così come nessuno è mai “veramente vecchio”. Nella fiction è sovrana la rassicurazione che, se portata troppo agli eccessi di livellamento dei gusti e delle coscienze, trasmette una falsa impressione.
Genere minore, ma non meno importante è il documentario che affonda le radici nel genere del giornalismo televisivo, vicino al telegiornale. Il mini-documentario si propone di riprendere e raccontare la realtà così come è, tenendo conto che comunque anche il documentario più realistico è ricostruito. Inizialmente nasce come genere cinematografico che, parte da immagini aventi valore di documento, e si propone di presentare diversi aspetti della realtà, restituendola semplicemente e “oggettivamente” sullo schermo e fornendone un’eventuale interpretazione critica. A poco a poco, col procedere delle esperienze, il “cinema” documentaristico inizia a organizzarsi e suddividersi ulteriormente al proprio interno, facendo emergere una serie di ambiti più o meno autonomi, ognuno contraddistinto da convenzioni che ne demarcano la specificità. Prendono dunque corpo categorie quali “film d’arte”, “film d’archivio”, “film-inchiesta”, così come “film sociologico”, “film scientifico”, “film di viaggio”.
Quanti spunti ci regala Carosello e quanto può essere attuale osservarne le caratteristiche di allora attraverso gli occhi dello spettatore di oggi per chi, come me, ha sempre sentito parlare di Carosello dalla generazione dei propri genitori e non e mai riuscito ad andare…. “ a nanna dopo Carosello”
di Daniele Di Giorgio
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