Dopo trentadue anni di indagini, la Procura di Roma guidata dal procuratore Giuseppe Pignatone, ha chiuso uno dei capitoli più bui della storia italiana, ovvero il giallo sulla sparizione della giovane cittadina vaticana Emanuela Orlandi (22 giugno 1983) e di Mirella Gregori (7 maggio 1983).
L’atto e’ stato firmato dai PM Simona Maisto e Ilaria Calo’, mentre il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, che da dieci anni seguiva il caso, si è rifiutato di firmare.
Nel 2012, prima che Pignatone avocasse a se’ il caso, Capaldo e il sostituto procuratore Simona Maisto avevano puntato l’indice contro la Santa Sede, affermando ” avrebbero elementi di verità a livello indiziario”.
Per le sparizioni, avvenute all’ombra del Cupolone, erano stati indagati a partire dal 2008 sei personaggi, parecchi appartenenti alla Banda della Magliana.
Fra gli indagati vi erano infatti Renatino De Pedis, capo indiscusso della banda, la sua ex compagna Sabrina Minardi, Angelo Cassani detto “Ciletto”, Gianfranco “Giggetto” Cerboni, Mosignor Piero Vergari e soprattutto il fotografo Marco Fassoni Accetti, che nel 2013 si era presentato spontaneamente in Procura autoaccusandosi’ di aver avuto un ruolo chiave nel rapimento delle giovani e di essere uno dei telefonisti di casa Orlandi, l”americano” per l’esattezza.
Il fotografo aveva anche consegnato il flauto appartenuto ad Emanuela, successivamente riconosciuto come tale dai familiari della ragazza.
Fassoni Accetti, indagato per il duplice sequestro, aveva dichiarato che il rapimento era avvenuto in un contesto di correnti faziose all’interno del Vaticano e di aver agito per conto di un’ala progressista, contraria alla politica anticomunista di Giovanni Paolo II.
Il rapimento, a suo dire, serviva come ricatto per ottenere la liberazione del prigioniero “politico” Ali Agca, il terrorista turco che sparo’ a Wojtyla e avalla la tesi della cosiddetta “pista bulgara”.
Adesso dovrà rispondere di calunnia e autocalunnia.
Dura la reazione del fratello Pietro, che da anni lotta per conoscere la verità su Emanuela.
“Non ci fermeremo” ha dichiarato con la consueta forza di spirito e sul profilo fb del gruppo dedicato a Emanuela, ha commentato “Non hanno neanche avuto il coraggio di avvertire le famiglie, lo abbiamo saputo dalla stampa. Comportamento meschino da parte della Procura, in linea con quello della Santa Sede. In questo momento non ho parole per esprimere la delusione provata. Ma se pensano che questo possa fermarci si sbagliano di grosso. Stanno cercando di uccidere la Giustizia ma noi arriveremo comunque alla Verità”.
In passato, a nulla erano serviti gli appelli lanciati da Papà Giovanni Paolo II, che a un certo punto del Pontificato decise di apporre il sigillo Vaticano.
Il legale della famiglia Orlandi, Massimo Krogh e la collega Nicoletta Piergentili Piromallo hanno stilettato “E’ un’ulteriore sconfitta della giustizia in relazione a una vicenda oscura e drammatica. Non è possibile che una ragazza sparisca e non si scopra niente, per anni. Le indagini in un caso del genere non dovrebbero avere scadenza. L’unica scadenza dovrebbe essere la scoperta della verità”.
Intanto, all’indomani della notizia di archiviazione e’ spuntata una nuova super teste, le cui dichiarazioni erano finite tempo addietro sulla scrivania di Capaldo , estromesso misteriosamente dall’indagine “Incontrai una persona che riconobbi in Emanuela Orlandi. Era il 2012, mi trovavo in Francia”. A parlare e’ la compagna di Marco Fassoni Accetti, l’Argentina Dany Astro (33 anni).
Sul verbale si legge ” sono legata sentimentalmente a Marco Accetti dal 2001, dopo averlo conosciuto durante una visita a scopo turistico in Italia. Intendo riferire un fatto di cui sono a conoscenza per averlo vissuto personalmente. Nel 2012, in seguito alla morte di un importante uomo politico, Marco mi incaricò di recarmi a Parigi per consegnare una lettera a un personaggio arabo, presso la moschea centrale della capitale francese. Dopo aver consegnato la lettera alla moschea parigina. Una delle tre la riconobbi come Emanuela Orlandi. Mirella Gregori fu portata in Svizzera”.
di Simona Mazza
Scrivi