Chiusa l’inchiesta sul ritrovamento delle ossa nel cimitero Teutonico di Roma
Il procedimento relativo alla presunta sepoltura in Vaticano, presso il cimitero Teutonico, dei resti di Emanuela Orlandi, è stato archiviato dal Giudice Unico dello Stato della Città del Vaticano, che ha integralmente accolto la richiesta dell’Ufficio del Promotore di Giustizia.
Il fascicolo era stato aperto nell’estate scorsa, dopo la denuncia dei familiari della giovane scomparsa nel 1983, a seguito della quale il Promotore di Giustizia, Gian Piero Milano, ed il suo aggiunto, Alessandro Diddi, avevano autorizzato l’accesso a due tombe ubicate all’interno del Cimitero Teutonico, poi risultate vuote.
In quel contesto istruttorio, un ulteriore accertamento disposto dai Magistrati aveva portato al rinvenimento, in un locale sotterraneo all’interno del complesso cimiteriale, di migliaia di frammenti ossei di diversa epoca ed origine.
Le verifiche su tali reperti, effettuate dal prof. Giovanni Arcudi, Perito di Ufficio, alla presenza dei consulenti della famiglia Orlandi, hanno portato a concludere che i frammenti rinvenuti sono databili ad epoca anteriore alla scomparsa della povera Emanuela: i più recenti risalgono ad almeno cento anni fa.
Di qui la richiesta di archiviazione, che chiude uno dei capitoli della triste vicenda, nella quale le Autorità vaticane hanno offerto, sin dall’inizio, la più ampia collaborazione.
In questo spirito, il provvedimento di archiviazione lascia alla famiglia Orlandi di procedere, privatamente, ad eventuali ulteriori accertamenti su alcuni frammenti già repertati e custoditi, in contenitori sigillati, presso la Gendarmeria[1].
Con il comunicato N. 0254 del 30 aprile 2020, la Santa Sede archivia il procedimento relativo alla presunta sepoltura in Vaticano dei frammenti ossei di Emanuela Orlandi, scomparsa a Roma il 22 giugno 1983. Il predetto provvedimento però non è piaciuto affatto a Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, che da 36 anni non ha mai smesso di cercare la verità su una delle vicende più oscure della storia italiana e vaticana.
Anche l’Avvocato Laura Sgrò che assiste la famiglia Orlandi ha manifestato grandi perplessità non solo sulla bontà degli esami effettuati sulle ossa ritrovate, realizzati “visivamente”, ma anche sul punto del predetto comunicato dove la Santa Sede “lascia alla famiglia Orlandi di procedere, privatamente, ad eventuali ulteriori accertamenti su alcuni frammenti già repertati e custoditi, in contenitori sigillati, presso la Gendarmeria”: secondo l’Avvocato Sgrò, il Vaticano dimostra chiaramente di aver “scaricato” la famiglia Orlandi lasciandola da sola, considerati i costi elevatissimi di questi accertamenti che la stessa famiglia non è in grado di sostenere.
Per quanto riguarda le verifiche dei reperti realizzate dal Perito di Ufficio Prof. Giovanni Arcudi, i cui esiti hanno determinato che i frammenti rinvenuti sono databili ad epoca anteriore alla scomparsa di Emanuela, Pietro Orlandi sottolinea l’assurdità delle predette risultanze e lo fa attraverso un post sulla pagina Facebook del Gruppo pubblico petizione.emanuela@libero.it, creato da Pietro il 23 novembre 2011 e costituito da ben 20550 membri.
Attraverso il post, Pietro Orlandi lamenta l’assurdità di analisi su frammenti realizzate “a vista” (26 sacchi contenenti 70 ossa), datando i resti a più di 100 anni fa; la stessa dubbia modalità è stata adottata anche sulle ossa rinvenute presso la Nunziatura nel 2018, dove i frammenti ossei valutati “recenti e femminili”, si erano invece rivelati – grazie all’utilizzo dei test scientifici – risalenti a 2000 anni prima e maschili.
In merito invece al procedimento della Santa Sede di archiviare la vicenda ma di “concedere” alla famiglia Orlandi la possibilità di poter proseguire privatamente ad eventuali ulteriori accertamenti su alcuni frammenti già repertati e custoditi, in contenitori sigillati, Pietro Orlandi manifesta forte sconcerto. Difatti – scrive nel suo post – “è come se nel nostro Paese, a seguito delle indagini per un omicidio, vengono trovate delle ossa e lo Stato italiano dicesse ai parenti “ecco le ossa, se volete analizzatele”.
I 20000 membri del Gruppo petizione.emanuela invitano Pietro Orlandi a non mollare, ma è sicuramente il pensiero di tutta una nazione: la ricerca della verità subisce con questo verdetto una brusca frenata anche in considerazione dell’emergenza COVID-19 in essere. Ma Pietro Orlandi non ha alcuna intenzione di fermarsi e con lui condividiamo “le ansie e l’angosciosa trepidazione della famiglia, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia la responsabilità in questo caso”[2].
[1] http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/04/30/0254/00559.html
[2] Giovanni Paolo II, Angelus del 3 luglio 1983, Rai, 3 luglio 1983. URL consultato il 13 luglio 2019 (archiviato il 5 novembre 2015) «Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità in questo caso».
Fonte foto: adnkronos.com
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