Robert Baer ex agente operativo della CIA, nonché autore di best sellers come “Dormire con il Diavolo” e “La disfatta della Cia” ha affermato: “Se si vuole un serio interrogatorio si manda il prigioniero in Giordania, se si vuole che sia torturato lo si manda in Siria, se vuoi che qualcuno sparisca mandalo in Egitto” .
Nel caso Giulio Regeni mai una frase è stata più profetica. L’Egitto dopo la caduta di Morsi e l’arrivo al potere di Al Sisi è attraversato da una guerra strisciante, violenta, con una repressione durissima per gli oppositori, molti legati alla Fratellanza Mussulmana, ma anche ad altri gruppi radicali fondamentalisti.
Di questo cupo contesto, ne è rimasto vittima Regeni.
I punti fermi di questa triste storia, sono il suo rapimento, le torture subite per lunghi giorni, fino ala sua morte. Ultimo atto, far ritrovare il suo corpo alla periferia del Cairo. Il perché di tanta sofferenza e chi sia stato ancora è tutto da capire.
Giulio Regeni era un ricercatore, in contatto con il Department of Politics and International Studies dell’ University of Cambridge, ed è proprio da lì che, in contatto con la professoressa Maha Abdelrahman, esperta di Medio Oriente, ed in collegamento con the American University in Cairo (AUC), si è mosso per le sue ricerche sui problemi delle rappresentanze sindacali tra i lavoratori egiziani.
Certo un argomento piuttosto di nicchia, vista la situazione economica e politica dell’Egitto, ma credere che per questa sua attività, sia stato sequestrato, torturato per molti giorni e poi ucciso è molto difficile.
Cosa ha fatto Regeni per essere obiettivo di un sequestro e furia ceca di torturatori fino ad ucciderlo? Anche a ipotizzare che Regeni abbia avuto incontri con oppositori del regime, si sia prestato a trasmettere informazioni su quello che succede al Cairo, non era certo una figura di grande importanza.
Qualcuno ha ipotizzato che Regeni fosse, tramite l’Università di Cambridge, una fonte per l’MI6, (Servizio segreto Inglese) e dovesse trasmettere informazioni o prendere contatti.
Se si avvalla questa ipotesi allora, qualcuno ha dato un’immagine di Regeni, diversa dal semplice studente, infilandolo in una trappola mortale. Ma questo qualcuno da che parte sta?
Viste le risibili scuse del Governo egiziano, e il fatto che sono stati consegnati alcuni effetti personali di Regeni, è verosimile che la morte di Regeni sia avvenuta all’interno delle strutture di “sicurezza e di intelligence” del governo egiziano.
Una guerra sotterranea, uno scontro fra agenzie diverse dell’intelligence egiziana, il famigerato Mukhabarat, (Direttorato generale di Intelligence), in contrasto con i Servizi di intelligence Militari, da cui proviene Al Sisi attuale capo del Governo, di cui non sono estranei i Fratelli Mussulmani, legati ad Al Morsi.
Questo spiegherebbe perché è stato fatto ritrovare il corpo, proprio nel momento in cui una delegazione italiana era al Cairo per chiudere importanti contratti economici, che in qualche modo favorirebbero Al Sisi. Se questo è lo scenario, sarà molto difficile almeno per il momento che si giunga ad una verità e che si possano arrestare gli autori.
In tutto questo in un’intervista il presidente egiziano parlando del caso Regeni, ha sostenuto “che simili ‘incidenti’ non devono rovinare le relazioni tra i Paesi” ed ha accennato alla sparizione a Roma di un cittadino egiziano Adel Meawwad Heikal, di 51 anni. La procura di Roma ha indagato ma non ha trovato nulla, neanche la famosa trasmissione Chi l’ha visto?.
Allora perché il Presidente Al Sisi ne parla in riferimento al caso Regeni?
di Gianfranco Marullo
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