Cibo e psiche

cibo

Il cibo è il primo elemento con cui interagiamo con l’ambiente esterno appena venuti al mondo, coinvolge tutti e cinque i sensi, le sensazioni trigeminali, la memoria, l’istinto (attrazione/repulsione), la nostra cultura, personale e sociale, il nostro modo di relazionarci con gli altri, il piacere ed il disgusto.

Nel racconto biblico un particolare cibo, la mela, è al centro del primo rapporto con il divino, con il discernimento tra il bene ed il male, con il libero arbitrio.

Eppure la maggior parte dei nostri rapporti quotidiani con il cibo, dal caffè del mattino all’ultimo bicchiere d’acqua prima di andare a dormire, è dettata dall’abitudine, dalle circostanze, dalle scelte di altri e moltissimi di noi alla domanda: «cosa vuoi mangiare?» restano interdetti complicando non poco la vita di chi, per vocazione, ruolo o mestiere, fossimo pure noi stessi, è deputato a preparare il cibo che mangeremo.

Educazione e disturbi alimentari

Nel mondo occidentale il cibo non ha rappresentato, sino a tempi recentissimi, parte del programma educativo. Nella struttura familiare tradizionale era la donna a dover decidere, in base alla propria cultura familiare ed alle disponibilità economiche, cosa dovesse mangiare la famiglia e per generazioni rifiutare il cibo preparato in ambito familiare è stata la prima manifestazione di ribellione infantile o adolescenziale creando una sorta di cono d’ombra rispetto ai disturbi dell’alimentazione e della nutrizione che hanno iniziato ad essere affrontati in modo organico solo nel nuovo millennio pur essendo oggetto di studi medici già tra la fine del ‘600 e la metà dell’800.

Comportamenti alimentari come la volontaria prolungata privazione del cibo (anoressia) che pure per lunghissimo tempo sono stati associati al misticismo o l’eccesso smodato della consumazione del cibo (bulimia) sono però fenomeni conosciuti sin dall’antichità: Senofonte parlò già di bulimia, mentre già Galeno individuò i sintomi dell’anoressia che, peraltro, declinata al femminile, è stata a lungo classificata come isteria e trattata spesso in modo brutale.

La piaga del ballo del 1518

Nel luglio del 1518 gli abitanti di Strasburgo furono preda di una forma d’isteria collettiva (detta piaga del ballo o peste danzante) che li portò a ballare ininterrottamente per giorni e notti sino allo sfinimento e, in alcuni casi, alla morte. Fenomeni simili erano stati già documentati in epoca medievale in tutta l’Europa centrale. Le ipotesi più accreditate della spiegazione di questi fenomeni li collegano ad una potente miscela di malnutrizione e depressione, da non confondersi però con il cosiddetto «ballo di San Vito» che è un tipo di encefalite legato ad uno streptococco.

Le streghe medievali e la segale cornuta

La segale cornuta è una malattia fungina che affligge i cereali ed in particolare la segale. Il fungo, dal nome scientifico Claviceps purpurea, è termoresistente il che vuol dire che non viene distrutto neppure dalle alte temperature della panificazione.

Con le conoscenze attuali sappiamo che questo fungo crea un’intossicazione alimentare, l’ergotismo, che ha tra i suoi sintomi le convulsioni ed i deliri allucinatori: l’alcaloide che ne è stato sintetizzato per la prima volta da Albert Hofmann nel 1938 è l’acido lisergico meglio noto come LSD, una droga dagli effetti allucinogeni molto in voga negli anni ’60. A lungo, nonostante le smentite ufficiali, si è ritenuto che la canzone dei Beatles «Lucy in the Sky with Diamonds» fosse un riferimento occulto all’LSD.

L’uso della segale cornuta in epoca medievale, quando non se ne conoscevano gli effetti, ha determinato tutta una serie di fenomeni allucinatori, individuali o, considerato che il mezzo di trasmissione era il pane prodotto a livello comunitario, collettivi.

La storigrafia contemporanea è ora propensa ad attribuire alla segale cornuta tutta una serie di vicende che, con la sensibilità dell’epoca, furono interpretate come fenomeni di stregoneria e/o di possesso diabolico scatenando persecuzioni e torture laddove invece si trattava di un’innocente tossinfezione.

I colpiti da ergotismo trovavano giovamento nei pellegrinaggi in particolare nei santuari dedicati a Sant’Antonio, ritenuto il patrono di questa patologia detta perciò «fuoco di Sant’Antonio», da non confondersi, peraltro, con quello contemporaneo che, invece, è la riattivazione del virus della varicella.

Senza nulla togliere alla devozione al Santo, gli effetti benefici erano semplicemente frutto del cambiamento della dieta.

I cibi afrodisiaci

Il collegamento, vero o presunto, di alcuni cibi con la potenza e/o il desiderio sessuale risale all’antichità.

Anice, asparago, avocado, cacao, champagne, caviale, crostacei, fico, ginseng, mandorla, ostrica, peperoncino e zafferano sono tra alcuni dei cibi popolarmente accreditati come afrodisiaci.

In realtà non vi sono evidenze scientifiche in tal senso anche se taluni integratori alimentari hanno effetti benefici sull’apparato riproduttivo.

L’autosuggestione, quindi, assieme al contesto, gioca un ruolo fondamentale.

Cibo ed emozioni

Riconoscere e gestire le nostre emozioni, positive e negative, nel rapporto col cibo, privilegiare un atteggiamento consapevole e non compulsivo, comprendere quando il cibo colma carenze di tipo diverso da quelle nutrizionali o esprime un disagio o una vera sofferenza psichica, sono comportamenti con i quali possiamo, non senza fatica, aiutare noi stessi e le persone che ci sono vicino.

Ciascuno di noi è unico: delegare alla pubblicità, al contesto sociale, alle mode, il nostro rapporto col cibo molto difficilmente ci darà quel benessere che, in fondo, è lo scopo primario ed insostituibile del nutrirsi.

Foto di Kohji Asakawa da Pixabay

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