“Più una moglie lavora in casa, più è carina!”
Questo è ciò che riportava una famosa pubblicità di vitamine negli anni 50. Una brava moglie deve preparare la cena, deve essere accomodante, scusare il marito se si dovesse presentare nervoso, dato che i suoi problemi sono sicuramente più importanti; sistemare i bambini e farli stare in silenzio, apparecchiare ed essere “carina e interessante”, poiché egli è di ritorno in casa e tutto deve essere in ordine, come a ricordargli un “piccolo paradiso”: questo è il dovere di una brava moglie. Ecco, in sintesi, alcuni dei consigli del manuale Guia de la buena esposa, 11 reglas para mantener a tu marido feliz di Pilar Primo de Rivera (1953), figlia del più noto Miguel Primo de Rivera, dittatore della Spagna dal 1923 al 1930. Pilar rimarrà politicamente attiva nella Sección Femenina de la Falange Española anche sotto il regime franchista, per la quale inizierà questa campagna di educazione femminile, nonostante l’uccisione del padre e del fratello José Antonio durante la guerra civile.
Il compito della donna è dunque quello di presentarsi come una casalinga perfetta: bella, elegante, sempre in ordine, capace di svolgere le quotidiane pulizie domestiche senza ingrassare né dimagrire troppo e senza rovinarsi trucco e parrucco. Viene perciò usata come oggetto non solo dal marito soddisfatto ma anche dalle più strampalate pubblicità: dai sigari alle automobili, dalla brillantina al caffè. I manifesti si trasformano in spassionati consigli caduti dal cielo per donne che amano troppo e vorrebbero essere amate altrettanto dai loro uomini. Se vogliono piacere al loro marito devono indossare quell’abito, saper cucinare quel piatto, adoperare quell’utensile, risultare carine e non intelligenti sia a lui che ai suoi amici. Tutto è programmato, tutto è deciso.
Anche allora era la società a plasmare i modelli da seguire, aiutata ovviamente dai media, dalla stampa e dalle affissioni. Attualmente, al posto dell’immagine della moglie perfetta, ci viene propinata quella del culto del corpo e della palestra come status – quante volte sentiamo amiche ed amici, iscritti ad una palestra qualsiasi, idolatrare la “meravigliosa palestra x” per via della gente che la frequenta, delle tecnologie presenti, delle novità a livello di corsi, e spesso dello stesso ingente costo che la rende ancora più elitaria? -. Grazie alla sponsorizzazione dell’elevazione della cura estrema del corpo a discapito della cultura personale, la palestra, per la donna e l’uomo medi, è quasi diventata luogo sacro, di incontro e di perfezionamento di se stessi.
Nonostante non sia più fondamentale che la donna sia una brava moglie e una brava casalinga, resta comunque l’idea che debba per forza raggiungere la perfezione a livello fisico, per l’uomo, per la moda, per poter acquistare in determinati negozi. Costituzione? Massa grassa e massa muscolare? Non importa: il peso deve essere quello, la taglia anche. Ne va della nostra tranquillità emotiva dal momento in cui ci guardiamo allo specchio a quando giriamo per strada. Lo scopo è quello di inculcarci l’idea di doverci sentire fisicamente apprezzate da chi ci sta intorno e da chi non conosciamo. Un po’ come negli anni 50, in fondo.
Sii come vogliono e non ti sentirai giudicata. È veramente cambiato qualcosa?
di Claudia Castaldo
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