Ad una settimana dalla giornata mondiale contro la violenza sulle donne, tutto sembra essere finito nel dimenticatoio. Sembra quasi essere stata una giornata solo per ricordare le donne come vittime indifese, incapaci di reagire alle violenze che subiscono dall’amante o dal famigliare, per colpa dell’immenso amore che proviamo per chi dice di amarci. E ricordare quanto il sentimento che si prova per quell’uomo è direttamente proporzionale a quanto a lui piaccia schiaffeggiare.
Ma dopo aver ricordato questi dettagli, l’importante è manifestare, per debellare questo, chiamiamolo fenomeno. Per incoraggiar le donne a spronarsi a non lasciarsi sopraffare. Sì, e poi l’importante è l’intenzione che abbiamo tutti noi di fare estinguere il marito padrone, o il compagno padrone o il fidanzato violento.
Andiamo avanti con gesti plateali che partono dall’alto.
Ad esempio l’ONU, che ha fondato l’associazione UnWomen, che a sua volta ha organizzato la manifestazione “orange your hood” con l’arancione scelto come simbolo. Inaugurato proprio il 25 Novembre con l’illuminazione della punta dell’Empire State Bulding d’arancione, e anche il Palazzo di Vetro, sede dell’ONU.
Il progetto dura ben 16 giorni, e finirà il 10 Dicembre, giornata dei diritti umani. E’ stato esteso a tutto il mondo, dalla costa ovest dell’America, fin dall’altro lato della Cina. E ora tutte le donne per manifestare possono tranquillamente dire di no alla violenza, vestendosi d’arancione e postando le loro foto da tutto il mondo con l’ashtag #orangeyourhood. Certo l’importante è essere unificate e poter manifestare il nostro orgoglio femminile da Shangai fino al Perù.
E in Italia? Noi italiani cerchiamo di non ricamarci troppo sulla figura psicologica di una donna picchiata. Noi cerchiamo molto meno di commercializzare la fattezza della donna violentata piena di lividi e di sfregi. Evitiamo di svendere la donna ferita e di creare manifesti grandi ed eccentrici per ricordare una giornata che ci siamo già dimenticati.
Partiamo dalla nostra capitale, la nostra sede storica, famosa in tutto il mondo in quanto a cultura e storia, Roma. Piazza del popolo, che ha visto il rosso sulle strade durante le guerre, ha esordito con giochi di luci, rosse, e larghe proiezioni di parole legate al tema della violenza.
Nei centri commerciali e nelle metro romane vengono riprodotte spezzoni teatrali sull’argomento. E anche nella sede politica, a Montecitorio, ci sono state letture teatrali sulla violenza femminile. E anche se non c’entra molto, e non è di nessun aiuto, nei Musei Capitolini si può ammirare la mostra di donne importanti della storia italiana!
Altro centro importante, Milano, un camion ha preso parte al tour “24 ore per parlarti d’amore”. Un giro di piazze, scuole e centri commerciale per esporre le conseguenze delle violenze, sia per le violentate che per i violentatori. E la fiaccolata serale per ricordare le vittime.
A Napoli, il sindaco De Magistris parla di prevenzione in una riunione e dopo segue uno spettacolino musicale, sempre per onorare le vittime.
A Trieste fino al 19 dicembre laboratori, mostre e spettacoli teatrali, logico, per le vittime e la figura della donna. Senza contare gl’incontri aperti con psicoterapeuti e polizia per discutere di casistiche differenti, dallo stalking alle violenze domestiche. Perchè c’è la possibilità che una donna, che durante l’anno non sia andata dalla polizia per cercare di denunciarlo, lo possa fare proprio il 25 Novembre.
A Torino? Un bel giardino creato apposta per ricordare il femminicidio, e a Palazzo Civico, ha preso parte l’esposizione “violate”, e ANCORA una riunione delle commissioni per le pari opportunità. Titoli in grande su autobus e taxi per diffondere il numero antiviolenza 1522, perchè parlarne ad un telefono diventa più facile.
A Padova oltre ad una manifestazione in cui hanno partecipato un infinità di donne, e ha dato un po’ di credito alle truccatrici horror. Insomma, disegnare lividi finti sulle manifestanti, beh, un po’ di pubblicità te la fa di sicuro! Infine un flashmob ha scosso un po’ di persone, ma solo fisicamente, mentre creavano una catena umana di uomini e donne per dire no alla violenza. Cerchiamo di scuoterci l’un l’altro, di spronarci ad ascoltare riunioni sulle possibili conseguenze, di muoverci all’unisono. Di vestirci con gli stessi colori.
In realtà, forse, tutte queste manifestazioni per dire al mondo che siamo TUTTI contro la violenza, servono davvero a fermarla. Ma fermarla nel senso, smettere di parlarne del tutto. Poi tanto torniamo a casa, o picchiamo nostra moglie. O nostra figlia. O sentiamo il vicino che inveisce contro la moglie e non diciamo nulla. Lì siamo impassibili.
In realtà, forse, è poco importante anche il motivo per cui è nata questa giornata. Difatti se si va a chiedere a qualcuno, e non solo alla gente comune, ma anche a deputati o persone altolocate, perchè la data è proprio il 25 Novembre, nessuno se lo ricorda. L’importante è commercializzare.
E’ davvero inutile ricordarsi che il 25 Novembre 1960, le sorelle Mirabal torturate strangolate e massacrate solo per il loro diritto d’opporsi alla “Repubblica” dominicana degli anni ’60, la più sanguinolenta della nazione.
In realtà, forse, è inutile stare a guardare un po’ di dati. Che se nel mondo, il femminicidio colpisce un terzo delle donne del mondo, il 35% secondo la World Health Organization, scopriamo che dopo i paesi del Sud-Est asiatico, c’è anche l’Italia. Con il 41,2% di femminicidio dopo le Americhe e l’Africa.
In realtà, forse, i dati e i numeri non sono così importanti. Sono solo numeri, giusto? In Italia è considerato un numero banale le 179 donne uccise per mano del marito o del partner o di un suo famigliare (maggiormente al Nord, che nel Centro o nel Sud Italia). Ma altre centinaia che ogni giorno arrivano insanguinate e violentate alle porte del centro sociale più vicino (se riescono ad arrivarci, se non vengono ammazzate prima d’uscire di casa), e molte sono in compagnia di un minorenne, il figlio che riescono a trascinare fuori di casa prima che il compagno lo ripassi per benino.
In realtà, forse, il fatto che ci siano mille centri sociali e SOLO 200 donne che vanno a rintanarsi lì ci fa supporre che siano abbastanza. Ed il fatto che ce ne sono altre 200-300 che non hanno il coraggio, oltre che la forza, d’uscire di casa, che oltre ad un partner o ad un famigliare violento, hanno figli piccoli e temono più per la loro piccola e breve vita che per loro stesse. Ma certo, elogiamo la figura delle donne del passato, leggiamo piece teatrali, continuiamo a parlare di “conseguenze”.
In realtà, forse, si dovrebbe parlare più d’educazione. Un uomo che picchia una donna, purtroppo non è stato educato come si deve. E se suo figlio lo guarda mentre malmena la madre, sopratutto se piccolo, chi ci dice che in futuro non potrebbe fare lo stesso? Con la sua donna? Con tante donne?
Si dovrebbe parlare di più e con franchezza sia con i ragazzini che con le ragazzine. Educarli, ma non un giorno all’anno. Fare lezioni a più riprese, perchè è un argomento che va cresciuto e maturato dentro ognuno di noi con le giuste radici.
In realtà, forse, è anche la pubblica sicurezza che non deve aspettare l’ultimo minuto. Non appena arriva la voce di uno stalker, di violenza domestica, non deve aspettare. Dovrebbe tenerlo sotto controllo fin da subito. E non attendere che succeda l’irrisolvibile. Chi è violento, non lo è mai solo con una donna. Non è il primo caso, di certo. E uno stalker può essere imprevedibile.
In realtà, forse, non abbiamo ancora capito che chi può fare davvero qualcosa siamo noi e le nostre azioni quotidiane. Figlio di un padre violento. Amico del compagnone che conosci da anni ma sai che ha già alzato le mani su altre ragazze. Amica di una donna che subisce violenza domestica. Cugino della ragazza perseguitata da uno stalker. Vicina di casa di quella donna straniera che urla ogni notte mentre senti il rumore di guance schioccate e di mobili che volano.
Non bisogna aspettare né esitare e va fatto ciò che è giusto, oltre che immediatamente. Chi può cambiare davvero i numeri ed eliminare davvero la violenza siamo noi. E non c’è bisogno di partecipare alle manifestazioni che s’intitolano al tema in un giorno di fine Novembre mentre aspettiamo l’arrivo del Natale.
Molte donne, non aspettano altro che la fine della giornata, sperando di non essere picchiate ancora e sperando in un miracolo. Perchè invece di manifestare e fiaccolare non cerchiamo di essere noi quel miracolo per loro?
di Anna Porcari
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