Renzi è famelico, vuole portarci fuori dalla palude ma a modo suo. Dirigendo il gioco con determinazione, spregiudicatezza al limite dell’azzardo e lisciando il pelo ai tanti milioni di italiani che non ne possono più di una politica che, in questi anni, ha saputo solo fare annunci, nei palazzi e in tv.
Il tormentone di questi giorni, dopo le promesse del neo premier di profonde riforme anti-crisi e per modernizzare istituzionalmente il Paese è: dove troverà i soldi?
Quesito di non poco conto vista la conclamata scarsezza delle risorse di cui disponiamo e che sta appassionando economisti ed editorialisti che ogni giorno – numeri alla mano – ci ricordano il perimetro strettissimo nel quale ci si può muovere.
E poi c’è l’Europa, occhiuta e severa, che ci aspetta al varco: guai se superate il tetto del 3 per cento nel rapporto deficit/pil, pensate piuttosto – ci ammonisce – a ridurre l’enorme debito pubblico (per cui ė già pronta la micidiale tagliola del fiscal compact!), a ridurre la spesa e via di questo passo.
Renzi ha fatto capire che quando andrà a Bruxelles non avrà timori reverenziali nei confronti dei tecnocrati e magari riuscirà anche ad ottenere degli ammorbidimenti, ma questo non ci esimerà dal fare i “compiti a casa”.
E visto che il neo premier ha così a cuore la scuola (priorità sacrosanta, certo) allora sia chiara una cosa: se ė vero che ci vogliono programmi rinnovati e insegnanti preparati, dal punto di vista pedagogico ed umano, edifici sicuri e dotati di nuove tecnologie (un miraggio pensando a certe realtà dove manca anche la carta igienica) ė altrettanto indispensabile che dall’altra parte gli studenti abbiano voglia di apprendere e – diciamo così – siano permeabili all’educazione civica, che vuol dire rispetto delle regole, delle istituzioni, della cultura della legalità.
Insomma, fuori di metafora, crediamo che se anche Renzi avesse tutto il coraggio, la passione, il talento e la fortuna per fare le cose cominciando a scardinare dalle fondamenta il grumo di potere e interessi che paralizzano il Paese, tutto questo non basterebbe. Perché se non cambiano gli italiani non c’ė niente da fare: il premier può fare tutti i discorsi che vuole, attaccare il Palazzo e trattare al limite del disprezzo i suoi inquilini, ma poco raccoglierà.
Ė stato detto che nel suo intervento al Senato, ma in parte anche alla Camera, non si stesse rivolgendo ai rispettivi parlamentari ma alla gente fuori, ai telespettatori vista la sua bulimia da piccolo schermo. Forse ė così ma quel paese reale che tanto spesso invoca non sempre ė migliore di chi lo rappresenta.
Ecco, Renzi non dimentichi che resistenze culturali, illegalità, superficialità, cialtroneria, indolenza sono radicate nella cosiddetta società civile. Cambiare la classe dirigente ė difficile, cambiare noi italiani quasi impossibile, ed ė questa la vera sfida del sindaco d’Italia.
di Andrea Pancani
Vicedirettore del Tg La7 e conduttore del programma Omnibus
foto: blog.iodonna.it
Condivido appieno le sue parole…
Mi permetto di dire che è nella scuola che si formano le nuove generazioni e se abbiamo una società di veline e calciatori lo dobbiamo anche alla poca attenzione che in questi ultimi anni si è data all’istruzione e alla cultura.