E’ ormai un bel po’ che in Italia si percepisce la sensazione di vivere in un condominio gestito da un ente pubblico, quelli con decine di palazzi e centinaia di condòmini a prima vista uniti. Tutti insieme, apparentemente sereni, ma ognuno chiuso nei suoi problemi: familiari, economici, a volte addirittura di sopravvivenza.
Si convive in questi palazzi apparentemente in amicizia e solidarietà che, invece, spesso celano avidità ed egoismi. Così come per il “Condominio Italia”, dove ci si vive non per scelta ma perché qui venuti alla luce e spesso impossibilitati a procurarsi un appartamento altrove o un lavoro diverso che ti permetta di vivere degnamente in altro luogo. Insomma scelte obbligate che ti costringono a permanere nei lotti autogestiti, di un ente o di una nazione. Spesso situati in quartieri dormitorio senza sale cinematografiche, teatri e centri sportivi; dove si vive in ambienti ostili a volte subendo provocazioni e arroganza. Perché persino il servizio di sicurezza pubblica, che le forze dell’ordine dovrebbero garantire a tutti, è insufficiente.
Ma grazie a Dio negli ambienti circoscritti la vita, nonostante tutto, scorre senza infamia e senza lode e il buon senso riesce a prevalere. Quel buon senso che rasserena, di cui tanto si sente il bisogno, e che invece viene sempre meno nel condominio Italia, dove da qualche anno prevale l’arroganza, l’offesa e lo sputtanamento reciproco. Mi riferisco soprattutto all’Italia politica perché l’italiano medio, chi più chi meno, finché non entra nei palazzi del potere è sensibile al prossimo. Ma mentre nel caso dei condomini di enti pubblici una vita comune serena degli affittuari, pur se difficile in contesti così ampi, è possibile, nei palazzi della classe politica italiana questa sembra ormai irrealizzabile.
Nel cortile dei “palazzi” domina la rissa, si assiste ogni giorno ad una guerra di insulti diretti all’avversario ma contestualmente si offre estrema solidarietà al compagno di partito a prescindere dalla ragione. Se il collega di partito o di governo è entrato in conflitto con qualcuno si sostiene; che sia giusta o sbagliata la motivazione non importa, prevale lo spirito di corpo. Questo è inaccettabile, anche l’amico più intimo in caso di errore deve poter essere criticato. Così com’è inaccettabile il comportamento di chi ci rappresenta in Italia e all’estero, con atteggiamenti quotidiani da attore di commedia all’italiana; divertenti forse in rappresentazioni sceniche, non mentre il Paese va a rotoli. Davanti a tanta superbia e nell’indifferenza della classe politica è inutile anche fare l’elenco delle situazioni difficili o catastrofiche che tormentano una fetta sempre maggiore di cittadini ormai in povertà, perché risulterebbe monotono.
E’ opportuno però ricordare che la linea di demarcazione della dignità è stata oltrepassata da un pezzo e che è giunto il momento che la gran parte dei politici giovani si dia una scossa, abbandoni i vecchi politicanti e si coalizzi dietro la bandiera trasversale del buon senso. E’ necessario che questi giovani politici, che ancora credono nella politica con la P maiuscola, quella incorruttibile, al servizio della comunità e senza pregiudizi di parte, si uniscano. Dimostrino che alla base dell’alleanza c’è solo l’interesse per il Paese e non il mero tornaconto personale. Le convergenze, tra linee politiche diverse, si possono trovare soprattutto in un momento difficile come questo che stiamo vivendo noi italiani, con liti continue e scontri violenti anche tra istituzioni. Una volta per tutte si agisca per il popolo, perché il passo successivo al disagio comune che oggi si avverte per la strada è la rivoluzione.
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