Lo scorso fine settimana, dopo più di due mesi di stop causa Coronavirus, si è tornati in campo per quanto riguarda il calcio che conta, nella fattispecie con la ripresa della Bundesliga in Germania. Il tutto è avvenuto ovviamente a condizione del rispetto di svariate regole, utili ad evitare il più possibile il rischio di diffusione del contagio tra atleti e staff tecnico. Norme importanti e necessarie, se non fosse che si parla pur sempre di uno degli sport di maggiore contatto, nel quale perciò l’idea di mantenere una sorta di distanziamento fisico tra i diretti interessati sembra un qualcosa di molto vicino all’impossibile.
Tra tutte, la misura più prevedibile era senza dubbio quella delle “porte chiuse”. Praticamente impensabile, in una fase ancora delicata della pandemia, aprire gli stadi al pubblico durante le gare, dando di fatto il via libera agli assembramenti dei tifosi dentro e fuori gli impianti. A far discutere maggiormente invece, sono state le regole di comportamento imposte a giocatori e staff durante lo svolgimento delle partite, Tali disposizioni appaiono agli occhi di molti come inefficaci o inutili, vista la specificità del gioco del calcio. E così, tra quelle inaugurate in questo turno della Bundesliga, c’è l’abolizione delle strette di mano e dello scambio dei gagliardetti ad inizio gara, così come il divieto di esultare in gruppo dopo un gol, oppure l’obbligo, per chi siede in panchina, di mantenersi a distanza di almeno un metro e mezzo gli uni dagli altri ed indossare la mascherina.
Tutto giusto, tutto ammirevole, se non fosse che durante i 90 minuti di gioco, per forza di cose, i calciatori siano stati in costante contatto fisico durante i contrasti, nelle mischie per i calci d’angolo e durante i calci di punizione. Se gli atleti sono corpo a corpo per tutta la partita, forse a quel punto non serve a molto porre il divieto di scambiarsi la maglia alla fine, o ancora, se i giocatori in campo e gli allenatori non indossano la mascherina, non è chiarissimo quanto possa essere utile farla indossare ai panchinari. La corsa solitaria di Haland o di Hazard sotto la curva vuota dopo un gol, con i compagni di squadra che applaudono da lontano ed al massimo si complimentano toccandosi con il gomito, fa sorridere se poi si guarda a ciò che accade durante le azioni di gioco, un gioco che non può in alcun modo prescindere dalla componente dello scontro fisico. Altrimenti diventerebbe un altro sport.
C’è poi da dire che alcuni di questi divieti non è nemmeno semplice farli rispettare. Da regolamento gli sputi in terra dei giocatori dovevano essere puniti con il cartellino giallo. Gli sputi ci sono stati e i giocatori non sono stati puniti, probabilmente non notati dall’arbitro, come allo stesso modo, presumibilmente, non è stato notato dal direttore di gara nemmeno il bacio sulla guancia che Boyata dell’Hertha Berlino ha dato al compagno di squadra Grujic dopo un gol. Gesto che ha scatenato non poche polemiche. A ciò si aggiunge inoltre la difficoltà nel controllare il comportamento tenuto dalle squadre all’interno degli spogliatoi e nel tunnel che porta al campo, configurando una situazione in cui si deve per lo più fare affidamento sull’autodisciplina degli atleti e sui frequenti test ai quali vengono sottoposti. Prevista infatti l’effettuazione di 3 tamponi a settimana ad ognuno e l’obbligo di isolamento in albergo nella mattinata che precede le partite.
Fatto sta che, come da previsioni, la ripartenza del massimo campionato tedesco ha attirato l’attenzione di tutto il mondo del calcio. Complice la crisi d’astinenza da pallone di buona parte degli appassionati, gli ascolti televisivi delle partite dello scorso weekend sono stati impressionanti. Le gare di sabato pomeriggio hanno fatto registrare su Sky Deutschland più di 3,6 milioni di spettatori complessivi (ovvero circa il doppio del solito) mentre in Italia il canale Sky dedicato alla trasmissione simultanea delle gare di Bundesliga ha superato i 700.000 spettatori. Cifra decisamente alta per una rete sportiva a pagamento, per di più durante delle partite non italiane.
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