Il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ancora a guida del Presidente Mario Draghi riunitosi ieri ha, di fatto, voluto preparare la strada ad eventuali nuove misure da implementare a settembre, tra queste anche un taglio dei tassi, taglio che qualcuno si aspettava già oggi (forse come mossa preventiva contro un cut della Fed la prossima settimana) insieme ad altre misure espansive.
Tali misure erano state preannunciate come attivabili nel caso in cui i dati non avessero mostrato un significativo miglioramento delle condizioni economiche dell’area euro. L’attuale situazione non pare mostrare miglioramenti tali da rendere superflue tali misure. Lo confermano da ultimo anche i dati preliminari relativi all’indice degli acquisti delle aziende (PMI), che indicano un deterioramento dell’attività più forte del previsto, causato dalla frenata del settore.
A fronte di questa ulteriormente ridotta capacità delle aziende di acquisire beni e servizi, le attese vanno nella direzione in cui il consiglio direttivo si adoperi affinché i tassi rimangano bassi almeno per tutta la metà del 2020 rinviando ad un secondo momento l’esame di nuove misure tra queste un nuovo QE e un tiering dei depositi.
Mentre le attese di alcuni analisti, non di tutti, si erano anche orientate verso misure immediate più aggressive, che avrebbero incluso anche un taglio immediato del tasso sui depositi a -0,50%, Draghi ha invece confermato che un taglio dei tassi non è stato preso in considerazione per il meeting di oggi (così come un nuovo QE) e che i rischi di recessione rimangono “abbastanza bassi”; forse non abbastanza per chi si aspettava un messaggio molto più strong e una picture di fondo peggiore. La BCE attenderà di vedere le prossime proiezioni su Pil e inflazione prima di adottare nuove misure.
In attesa che ciò accada, come detto, a luglio le condizioni economiche dell’Eurozona si deteriorano ancora e, anche per questo, la primissima reazione disillusa dei mercati è stata negativa (con l’annuncio di un tasso depo che rimane a -0.4%), a cui è però seguito poi un rally sulle prospettive delle suddette misure.
Quanto ai dati economici, alla lettura dei preliminari “flash”, l’Indice PMI Composito a luglio si è attestato a 51,5 punti, in ribasso rispetto a 52,2 di giugno ed ai minimi da 3 mesi. Le attese del mercato erano per un livello di 52,1 punti. Il PMI Manifatturiero indica invece una diminuzione a 46,4 punti dai 47,6 precedenti, ai minimi da 75 mesi e sotto quota 50, che denota contrazione dell’attività. L’indicatore è anche peggiore delle previsioni degli analisti che avevano stimato un livello invariato a 47,6 punti.
Rallenta leggermente il settore servizi, con il relativo PMI delle attività terziarie che si porta a 53,3 punti dai 53,6 punti precedenti.
Fra le maggiori economie europee, la Germania ha registrato una contrazione dell’attività nel mese di luglio con un PMI composito a 51,4 da 52,6 e sotto attese ed un PMI manifatturiero in caduta a 43,1 da 45 (attese 45,1). Non fa meglio la Francia, dove il PMI composito scende a 51,7 da 52,7 ed il manifatturiero a 50 da 51,9 (atteso 51,6). “L’economia della zona euro è tornata a cadere a luglio, il PMI ha eroso i guadagni visti a maggio e giugno e segnala una delle espansioni più deboli degli ultimi sei anni”, ha confermato Chris Williamson, Chief Business Economist di Markit, aggiungemndo “il ritmo della crescita del PIL sembra destinato ad indebolirsi rispetto al tasso dello 0,2% indicato per il secondo trimestre, più vicino allo 0,1% indicato per il terzo trimestre”.
Le rinnovate istituzioni europee sono quindi attese ad interventi di peso per cercare di dare nuovi stimoli ad economie che mostrano chiari segni recessivi. In considerazione degli esiti delle ultime elezioni con le divisioni registrate e le esigue e quanto mai fluide maggioranze ciò potrebbe non essere affatto facile.
A ciò si aggiunge nel Regno Unito l’elezione del nuovo premier Boris Johnson che ha ribadito che intende completare l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea il 31 ottobre, “senza se e senza ma”, e ha prospettato un governo pieno di sostenitori di una hard Brexit. Anche in questo caso il maggior rischio per Johnson è costituito da un voto di sfiducia in parlamento, seguito da elezioni anticipate. Malgrado gli appoggi esterni infatti, la maggioranza è attualmente di 2 soli seggi e potrebbe presto scendere a 1 seggio. In caso di elezioni anticipate, la campagna elettorale potrebbe essere imperniata sul tentativo di riportare nel partito conservatore gli elettori favorevoli a una hard Brexit.
La Spagna, dopo la bocciatura odierna di Sanchez, si avvia verso nuove elezioni a novembre (probabile il 10 novembre a meno che entro il 23 settembre Sanchez riesca a trovare nuove soluzioni).
In Italia continuano le discussioni sulla Tav, Di Maio sostiene che il progetto potrebbe ancora essere fermato in parlamento, dopo che già nei giorni scorsi Conte aveva dato il suo appoggio alla costruzione della tratta ferroviaria, sostenendo che i costi di interruzione sarebbero stati superiori a quelli di proseguimento. Il clima politico si arroventa ancora di più e l’unico zero di cui si sente parlare non è quello termico ma la misura dell’importanza che il vice premier Salvini attribuisce alle parole del premier Conte. Nonostante ciò il decreto Sicurezza Bis è passato. Si litiga, ma ci si vuole bene e, soprattutto,… è arrivata l’estate.
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