Contro la sfiducia causata dalla crisi economica scopriamo la conoscenza e l’amore di Cristo

sfiduciatiNoi sfiduciati che non riusciamo più a sperare in un avvenire migliore approfittiamo di questo Avvento per crescere nella conoscenza e nell’amore di Cristo 

Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino” (Fil 4,4-5). Con quest’invito alla gioia si apre la S. Messa della terza domenica di Avvento che, proprio per questo motivo, viene denominata domenica “Gaudete”. Anche i paramenti sacri, per un giorno, abbandonano la mestizia del colore viola e si tingono di rosaceo. In realtà, per tutto il periodo d’Avvento siamo esortati a gioire perché “il Signore viene a salvarci”. In tutte queste settimane, infatti, la voce di Isaia ci ha invitato ripetutamente a essere lieti; le parole del Profeta, dirette al popolo ebraico, deportato in esilio a Babilonia in seguito alla distruzione del tempio di Gerusalemme, risuonano forti anche per noi che, a causa del peccato, veniamo deportati fuori dall’originario Paradiso terrestre. Le parole confortanti di Isaia sono anche per noi che sfiduciati come il popolo ebraico in esilio, non riusciamo più a sperare in un avvenire migliore.

Cosa ci comunica il periodo di Avvento che stiamo vivendo? Come esso può parlare ancora all’uomo del terzo millennio? L’Avvento cristiano principalmente è un forte richiamo ad “aprire e a volgere gli occhi al cielo”. Questo tempo forte che la Chiesa ci concede di vivere invita a destarci dal sonno e della routine quotidiana; ci invita ad abbandonare lo status della mediocrità e dell’accontentarsi alla maniera superficiale; ci esorta a deporre i panni della tristezza e dello scoraggiamento perché “il Signore è vicino”. Rinfranchiamo, dunque, i nostri cuori per accoglierLo degnamente. Egli, che è portatore di luce, diraderà le nostre tenebre per investirci di quella luce che “non conosce tramonto” (Liturgia). Ecco perché in questa Domenica, con l’Apostolo, possiamo esultare: “Gaudete in Domino semperRallegratevi nel Signore sempre” (Fil 4, 4).

Facciamo nostro questo invito e mentre ci prepariamo a celebrare il Natale, la nostra attenzione sia rivolta sempre più a Bethlemme. La piccola borgata della Giudea ci parla di un grande mistero: “Dio si è fatto come noi, per renderci simili a Lui”. Bethlemme, inoltre, ci parla dell’Emmanuele, del Dio-con-noi, del Dio che è a noi prossimo non semplicemente in senso spaziale o temporale, ma perché Egli ha “sposato” tutta la nostra umanità, eccetto il peccato. In questi termini – non utopici, né astratti – è chiaro che il cristiano deve essere sempre l’uomo della gioia e anche nel momento del dolore, egli è sempre chiamato ad annunciare questa vicinanza concreta di Dio. Alcuni si domandano, e forse, confusi, anche noi: “Ma oggi è ancora possibile sperimentare questa gioia?” Per rispondere, guardiamo a tanti uomini e donne, di ogni età e condizione sociale, che felici ed entusiasti, consacrano a Dio la loro vita per prestare un servizio agli altri!

Subito affiora il ricordo amorevole di Madre Teresa. Questa piccola donna, esile e gracile, non è stata forse, per tutti noi, una testimone indimenticabile della gioia evangelica? Pur vivendo quotidianamente a contatto con la morte, con la miseria, con il degrado, pur sperimentando direttamente la tremenda prova della notte oscura della fede, Madre Teresa riuscì mirabilmente a regalare a tutti il sorriso di Dio. La Beata di Calcutta ci insegna che Dio entra gratuitamente nel cuore di chi si pone al servizio dei piccoli e dei poveri. Ed è vero! I Santi, infatti, ce lo testimoniano: Dio dimora in coloro che amano e quando Dio ama, l’anima vive nella gioia.

Ma prestiamo attenzione, bisogna vigilare! Se la felicità diventa un idolo, difficilmente troveremo la gioia di cui ci parla Gesù. Questa, purtroppo, – lo sappiamo bene – è la drammatica proposta delle culture attuali che antepongono a Dio la felicità individuale; basti elencare la ricerca del piacere ad ogni costo, l’uso di droghe, il cattivo uso del denaro: tutti “paradisi artificiali” che alla fine si rivelano solo illusori. E anche a Natale c’è il rischio altissimo di sbandare e di sbagliare strada, scambiando la vera festa con alcuni surrogati che sicuramente non aprono il cuore alla gioia portata da Cristo.

Questa gioia, soprattutto oggi, viene molto contrastata; il messaggio salvifico di Cristo viene contrastato e noi cristiani “siamo chiamati a rendere ragione della nostra speranza” (1Pt 3,15) e offrire, nel nostro piccolo, un’autentica testimonianza di vita cristiana. Approfittiamo di questo Avvento per crescere nella conoscenza e nell’amore di Cristo. Gesù lo si incontra nell’ascolto della Sacra Scrittura, è presente e si fa nostro cibo nell’Eucaristia, vive nella comunità, è presente nella fede di tutti i battezzati e in quella degli uomini di buona volontà.

Tutto, quindi, ci parla di Gesù, ogni cosa è relativa a Lui, tutto fa riferimento a Lui; l’operato dei Vescovi, il ministero dei presbiteri, l’impegno alto di ogni battezzato è proclamare e testimoniare con le parole e con la vita che solo Lui è il nostro unico Salvatore. Siamo nel cuore dell’Avvento; a Gesù quindi, chiediamo di guidare il nostro cammino, per essere fedeli al suo Vangelo; domandiamogli anche di suscitare tante vocazioni; affidiamo questa nostra preghiera a Maria, la Porta santa dell’Avvento. Sia proprio Lei, ancora una volta, a portarci “la gioia del Signore” che, come afferma il profeta Neemia, “è la sola nostra forza” (Ne 8,10). Sì, solo “la gioia del Signore sia la nostra forza!” Solo la gioia del Signore e la forza della nostra fede in Lui possono rendere spedito il nostro cammino verso Cristo che è, che era e che viene. Amen.

di Fra’ Frisina

foto: adnkronos.com

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