Costruire la propria casa sulla Roccia

In questa IX domenica del Tempo Ordinario sono le parole della preghiera Colletta che ci offrono la chiave di lettura per una prima comprensione dei testi liturgici. Solo Dio, infatti, può edificare la nostra vita sulla roccia della sua Parola e lo fa perché su questa stessa Parola, che è verità per tutti, ciascuno di noi ponga le basi delle sue scelte. L’agire dell’uomo che non viene illuminato dalla Parola di Dio sfocia nella stoltezza e ce lo conferma il Vangelo di oggi (Mt 7, 21-27). Ai tempi di Gesù tutti sapevano che costruire un edificio sulla sabbia, anziché sulla roccia, significava consegnarlo alla furia delle calamità naturali e quindi alla rovina. Una casa sulla sabbia, infatti, non rimane salda, mentre quella costruita sulla roccia rimane incrollabile (Mt 7, 21). Da queste immagini si ricava un messaggio piuttosto semplice: costruire il proprio edificio su un terreno sabbioso significa affidare le proprie certezze e speranze a realtà precarie come il successo, il denaro, la stessa salute; costruire la casa sulla roccia, vuol dire, al contrario, donare la propria vita e quindi costruire il proprio edificio su Dio perchè Egli è la Roccia, “la roccia eterna” (Is 26,4). Tuttavia sappiamo bene che l’edificio costruito sulla roccia esiste già ed è rappresentato dalla Chiesa, non tanto da quella costruita con i mattoni ma da quella fatta di uomini, dai credenti, dalle “pietre vive” edificati su Cristo Gesù, la “pietra angolare” (Ef 2, 20). Inoltre, la casa costruita sulla roccia è quella a cui Gesù fa chiaro riferimento quando dice a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra (letteralmente “roccia”) edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). Quindi, costruire la casa sulla roccia significa vivere “per, con, nella” Chiesa, pienamente coscienti della sua caratteristica di “popolo di Dio in cammino verso la santificazione e bisognoso, allo stesso tempo, di purificazione” (LG 8). La nostra epoca non è differente da quella di Noè: al tempo del diluvio si salvarono solo coloro che salirono sull’arca: “otto persone in tutto” (1Pt 3,20); allo stesso modo, oggi si salvano solo coloro che salgono sulla “nuova arca” che è la Chiesa. E gli altri si danneranno? A proposito il Concilio Vaticano II insegna che c’è una differente appartenenza alla Chiesa: “Il disegno della salvezza abbraccia tutti gli uomini; anche coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo, ma cercano Dio e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza; anch’essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza” (LG, 16). Nulla di eretico se consideriamo che la coscienza della persona è il luogo, “l’Auditorium privilegiato e più intimo, il sacrario inviolabile” (S. Agostino) dove l’uomo fa esperienza di Dio in maniera autentica. Ma ritorniamo alla liturgia domenicale e alle tematiche più importanti, poste al centro delle letture di questa domenica; esse sono l’obbedienza a Dio (cf Dt 11,18) e alla sua Parola, manifestatasi nella Persona di Gesù Cristo attraverso il Quale è giunta a noi la parola di verità e di vita (cf Rm 3, 21). È giusto, allora, strumentalizzare la Parola di Dio per far morire, per nascondere la verità, per ingannare? Si racconta un aneddoto: “Ad un imperatore cinese, viene chiesto cosa fare prima di ogni cosa per migliorare questo mondo. Costui risponde, senza esitare: riformare le parole!”, cioè riaffidare alle parole il loro autentico significato. Oggi si parla troppo e si comunica poco. Convenite con me se diciamo che oggi il senso comune purtroppo è intervenuto sul vocabolario italiano svuotando alcune parole del loro autentico significato: per es. “violentare” significa fare l’amore; “servire” significa farsi comandare; “prendere in prestito” significa appropriarsi, ecc. Il Signore soffiando nelle narici di Adamo (Gn 2,7) affida all’uomo l’uso della parola e nello stesso tempo dona la libertà di comunicare all’altro il bene o il male. Lascia a noi, quindi, la libertà di scelta; e da sempre l’uomo sceglie in base alla formazione della sua coscienza, che è virtuosa se ha una grande sensibilità per i valori morali; lassa invece, se è superficiale, se si cura poco di conoscere il bene, se si impegna poco per realizzarlo; ristretta se si lascia imprigionare dai canoni della legge; farisaica se è rigorista su cose di scarsa importanza e lassista sulle cose più serie; retta se si sforza seriamente di conoscere la verità e il bene e si sforza di uniformarsi ad essi; ecc. Coloro che possiedono una coscienza retta costruiscono la loro casa sulla roccia, come l’uomo che ha scavato molto profondo. Carissimi, non crediamo affatto a coloro che ci dicono che non abbiamo bisogno degli altri per costruire la nostra vita; tutt’altro! proprio chi vive al mio fianco è garante della mia felicità ed è responsabile della mia stabilità. Appoggiamoci alla fede dei nostri cari, alla fede della Chiesa e ringraziamo il Signore di averla ricevuta e di averla fatta nostra. Nel frattempo, rivolgiamo il nostro pensiero a coloro che non hanno conosciuto ancora Cristo, a coloro che professano la nostra fede clandestinamente e a coloro che, invece, sono chiusi alla grazia. Carissimi, prima di iniziare il lungo cammino della Quaresima che intraprenderemo mercoledì prossimo con il rito dell’imposizione delle Ceneri, chiediamo sin da ora la luce dello Spirito per purificarci e nello stesso tempo vogliamo invocare la materna protezione di Maria; Lei, la Madre purissima, ci doni la forza per essere fedeli ai propositi di rinnovamento che ciascuno di noi desidera formulare prima di iniziare l’ormai prossimo cammino quaresimale.  

Fra Frisina

Foto: cantonuovo.eu

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