Crisi climatica in Italia. Un 2024 segnato dall’escalation di eventi estremi

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Secondo il rapporto Città Clima 2024 di Legambiente, il nostro Paese ha assistito a un’impennata di fenomeni climatici estremi. Questo bilancio, frutto di un’analisi capillare e dettagliata, svela non solo la vulnerabilità crescente del territorio nazionale ma anche l’inerzia istituzionale che continua a frenare interventi strutturali e strategie di adattamento su larga scala per prevenire la crisi climatica 

Un trend irrefrenabile: i numeri della crisi

Il rapporto di Legambiente evidenzia come nel 2024 siano stati registrati 351 eventi climatici estremi sul territorio italiano, con un incremento significativo rispetto agli anni precedenti. Se nel 2015 si contavano 60 episodi, gli ultimi dati segnano un aumento vertiginoso del 485%. Questo balzo in avanti non rappresenta un’anomalia occasionale ma conferma una tendenza che si è consolidata nel corso dell’ultimo decennio.

A destare maggiore preoccupazione sono soprattutto i fenomeni idrogeologici. Gli allagamenti causati da piogge intense si attestano in cima alla lista con 134 episodi (+11,9% rispetto al 2023). In forte aumento anche le esondazioni fluviali, passate da 37 episodi del 2023 a 46 nel 2024 (+23,9%). Questi eventi, spesso accompagnati da frane e smottamenti, rappresentano una minaccia diretta per la sicurezza delle popolazioni locali e l’integrità delle infrastrutture.

Parallelamente, emerge l’ombra crescente della siccità. I danni derivanti dalla prolungata assenza di precipitazioni hanno toccato quota trentaquattro episodi nel 2024: un incremento del 54,5% rispetto all’anno precedente. Questo fenomeno ha contribuito non solo alla riduzione della produttività agricola ma anche al depauperamento delle risorse idriche, creando tensioni nei territori più vulnerabili.

I territori in prima linea

Alcune aree del Paese emergono come epicentri di questa crisi climatica. La provincia di Bologna guida la classifica delle zone più colpite, con 17 eventi estremi, seguita da Ravenna e Roma (13 ciascuna), Torino (12) e Palermo (11). A livello regionale, l’Emilia-Romagna si conferma la più vulnerabile, con 52 eventi documentati, seguita da Lombardia (49), Sicilia (43) e Veneto (41).

Questa geografia del rischio rivela uno scenario complesso in cui si sovrappongono fragilità strutturali e una crescente esposizione ai fenomeni meteorologici violenti. La densità urbanistica, la cementificazione selvaggia e la mancata pianificazione ambientale si traducono in un’amplificazione degli effetti distruttivi. Ma vediamo quali sono stati gli episodi più significativi.

Eventi simbolo del 2024

Due episodi in particolare hanno scosso profondamente la popolazione e l’economia.

Le alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna tra il 17 e il 19 settembre e successivamente tra il 19 e il 20 ottobre hanno rappresentato uno dei momenti più critici dell’anno. Precipitazioni di intensità straordinaria, con accumuli che hanno raggiunto punte di 360 mm in poche ore, hanno innescato l’esondazione di corsi d’acqua come l’Idice, il Sillaro, il Santerno e il Lamone. Questi fiumi, gonfiati ben oltre la loro portata naturale, hanno riversato il loro impeto devastante sui centri urbani di Lugo, Faenza e Forlì, sommergendo interi quartieri e mettendo in ginocchio la vita quotidiana di migliaia di cittadini. L’acqua ha invaso abitazioni, fabbriche e infrastrutture, mentre le campagne circostanti sono state sommerse da uno spesso strato di fango che ha compromesso irrimediabilmente centinaia di ettari di coltivazioni. L’entità dei danni ha superato il miliardo di euro, una cifra che testimonia la portata della catastrofe e la difficoltà di avviare una rapida ricostruzione.

Parallelamente, le isole di Sicilia e Sardegna hanno affrontato una delle peggiori crisi idriche mai registrate, una siccità prolungata che ha piegato il tessuto agricolo e messo a rischio la sicurezza alimentare. La scarsità di precipitazioni, combinata con temperature estive particolarmente elevate, ha creato condizioni di aridità estrema che hanno devastato le coltivazioni di olivo, grano e foraggi. Le perdite, stimate tra il 60% e l’80% del raccolto, hanno inflitto un colpo durissimo agli agricoltori, già provati da precedenti difficoltà economiche. Il settore agroalimentare, pilastro fondamentale per l’economia delle isole, si è trovato quindi a fare i conti con un incremento dei costi di produzione e una riduzione drastica dell’offerta. Il che, ha generato un rialzo dei prezzi delle materie prime che ha avuto ripercussioni sull’intero sistema distributivo nazionale.

L’impatto della crisi sulle infrastrutture e sulla vita quotidiana

Nel 2024, sono stati documentati 22 episodi di danni alle infrastrutture che hanno compromesso la rete ferroviaria, i trasporti pubblici e l’erogazione di servizi essenziali. La tempesta che ha investito la Liguria a giugno ha interrotto le comunicazioni lungo la costa per oltre una settimana, isolando intere comunità e causando disagi diffusi.

A livello sociale, cresce l’ansia e il senso di vulnerabilità delle popolazioni locali, spesso lasciate senza risposte concrete o strumenti di prevenzione adeguati. Il costo umano di questi eventi si traduce non solo in perdite economiche ma anche in un aumento del disagio psicologico e delle disuguaglianze territoriali.

L’urgenza di una strategia di adattamento

Legambiente, nel suo rapporto, lancia un monito inequivocabile: l’Italia non può più permettersi di rincorrere l’emergenza. La mancanza di una strategia nazionale di adattamento climatico rappresenta uno dei principali fattori di criticità. Attualmente, il Paese investe massicciamente nella gestione post-evento, mentre si stima che una pianificazione preventiva consentirebbe di risparmiare fino al 75% delle risorse oggi impiegate per riparare i danni.

Foto di Hans da Pixabay

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