Obama si è presentato al pubblico per il consueto discorso di fine anno, soffermandosi sopratutto sul clima di distensione con Cuba, accordo con la Cina, amnistia a carcerati e immigrazione. Sul tema Cuba ha tuttavia suscitato l’ira dei repubblicani.
Il suo messaggio ha evidenziato la totale unilateralità del pensiero americano che, secondo alcuni, tende a far passare per criminali chiunque si opponga alle sue strategie, anche di chi vuole difendere l’indipendenza del proprio paese.
“Siamo contenti che il governo di Cuba abbia rilasciato oltre 50 dissidenti e che permetterà alla croce rossa di operare sul suo territorio. Allo stesso tempo capisco le preoccupazioni di dissidenti e operatori dei diritti civili. Quello dell’Avana resta un regime che opprime la propria gente. Continueremo a fare pressioni affinché questo cambi. Ma non è pensabile continuare a perseguire politiche che in 50 anni non hanno prodotto alcun cambiamento. Una Cuba più aperta, visitata da più viaggiatori e delegazioni religiose, connessa a reti di telecomunicazione, non più ermeticamente chiusa al mondo, diventerà più suscettibile a cambiamenti positivi. Non sta a me prevedere se questo avverrà più o meno rapidamente, ma sento nelle mie ossa che sarà così”.
Adesso, solo il congresso potrà decretare la fine o meno dell’embargo, ma nel frattempo Obama ha ribadito la volontà di aprire un ambasciata all’Avana oltre ad esprimere il desiderio di visitare il paese di Castro. Infine ha parlato della sua telefonata con Raul Castro “Ho cominciato io a parlare e non mi sono fermato per quasi un quarto d’ora. Quando mi sono scusato per essermi dilungato il presidente cubano mi ha detto “si figuri. Mio fratello Fidel una volta ha parlato ininterrottamente per 7 ore e mezza”. Dopodiché anche lui ha parlato molto più a lungo di me. Così ho potuto concludere dicendogli “vedo che la parlantina è una cosa di famiglia”.
La conseguenza di questa apertura ha provocato il rilascio dei cinque “eroi”, simbolo della resistenza al nemico nordamericano.
L’unica cosa che desta perplessità è il silenzio di Fidel Castro (foto sotto) che ha alimentato tra l’altro un coro di ipotesi.
Tra gli interrogativi, i più frequenti sono: Fidel approva la decisione del fratello minore o sono le precarie condizioni di salute (sarebbe in coma) a impedirgli di prendere decisioni politiche importanti? E infine, chi comanda a Cuba?
Così se l’idealista Fidel (non compare in pubblico da gennaio) mai avrebbe ceduto alle avance del nemico storco, il prammatico Raul crede che per legittimare ed esercitare il potere, è necessario trattare con Washington, cosa fattibile solo oggi perché prima il fratello glielo impediva.
In buona sostanza i due Castro sono assai diversi e il più giovane si circonda di personalità deboli politicamente, tanto da non riuscire a mettere in piedi un programma alternativo a quello che ha portato alla singolare apertura verso gli Usa.
Se nel 2006, quando Fidel si ammalò, i due fratelli insieme riuscirono a risolvere la delicata situazione politica, ovvero quella della transazione da una Cuba con Fidel a Cuba senza il leader, oggi sembra che la crisi non si possa risolvere se non cedendo appunto agli Usa.
A cosa si arriverà dunque?
C’è chi ipotizza che la futura Cuba farà la fine dell’odierna Russia, passata dal rigore comunista alla mollezza di Gorbaciov e in questo senso c’è chi teme l’avvento del capitalismo, pericoloso soprattutto perché potrebbe minare le conquiste sociali della Revolución.
Ma cosa pensa la popolazione?
Circa la metà della popolazione cubana vive grazie alle politiche del welfare socialista, che garantisce loro servizi sovvenzionati dallo Stato, che vanno dall’istruzione e all’assistenza sanitarie gratuite.
Ricordiamo che quasi il 70% del budget statale è dedicato alle spese sociali e che circa l’80% della forza lavoro dipende dal settore statale.
Gli stipendi sono certamente molto bassi ma l’assistenzialismo garantisce ai cittadini una sopravvivenza dignitosa e il fenomeno della povertà é pressoché inesistente.
Il cambiamento è l’unica vera preoccupazione della popolazione. Perché se la burocrazia e la forza di Fidel hanno garantito sussistenza equa, lo spettro della corruzione e della scalata capitalista genera ansia sociale non indifferente.
Questo è ciò che accade inevitabilmente quando si passa da un leader carismatico a una leadership di convenienza.
di Simona Mazza
Nella foto in alto, Barack Obama e Raul Castro ai funerali di Nelson Mandela
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