Dopo l’ultimo caso di omicidio plurimo commesso a Motta Visconti e la cattura del presunto assassino di Yara Gambirasio nell’opinione pubblica rimane sconcerto ed incredulità per l’estrema aggressività dimostrata dagli assassini e avvalorata dalle tesi degli inquirenti che indagano sui casi in questione.
Oltre a cercare di comprendere quali siano i motivi che scattano nella mente dell’assassino, ci chiediamo se sia opportuno l’eccessivo risalto mediatico dato soprattutto dalle trasmissioni televisive a questi fatti di cronaca nera oppure sarebbe meglio minimizzare perché esiste il rischio che questo susseguirsi di dettagli e notizie possa generare emulazione in alcuni soggetti psicolabili.
Abbiamo chiesto aiuto al prof. Gianfranco Marullo (foto in basso), Criminologo, Docente Master in Scienze forensi all’Università Sapienza di Roma, nonché consulente in indagini difensive, per provare a fare chiarezza su alcuni punti a noi ancora oscuri.
Ci troviamo davanti ad un periodo storico con molti omicidi efferati giunti alla ribalta della cronaca: Yara Gambirasio, Sara Scazzi, Elisa Claps, Melania Rea e l’ultimo accaduto pochi giorni fa a Motta Visconti, la signora Cristina Omes e i suoi due figli. Secondo lei professore, questo incremento di omicidi agghiaccianti è la conseguenza della trascuratezza dei valori della vita o le cause sono molto più imprevedibili?
Stabilirei prima di tutto cosa intendiamo per “efferato”. Un delitto efferato sa di inumano un atto commesso con ferocia, con crudeltà. Ma credo che ogni omicidio abbia una parte di ferocia e un parte non umana. Si dice sempre che la guerra sia il gesto più inumano che l’uomo possa compiere proprio perché determina la morte di altri esseri umani.
Se si guardano le crude statistiche, non sembra che ci sia un aumento dei reati omicidiari, anzi siamo, almeno in Italia, verso una diminuzione nel tempo. Ma se scendiamo nel dettaglio vediamo che alcuni tipi di delitti sono più frequenti di altri e quindi il fenomeno sta mutando. Diminuiscono ad esempio gli omicidi per motivi criminali, mentre restano più o meno costanti quelli commessi per altri motivi. E’ chiaro però che una strage familiare, un omicidio di una ragazzina, o di una donna trovano maggiore eco nella stampa e grande risonanza mediatica.
Questo fa pensare ad una recrudescenza del reato di omicidio, cosa che poi nei fatti non è. Se guardiamo attentamente anche la copertura mediatica vediamo che alcuni omicidi, per esempio una strage familiare, dopo pochi giorni spariscono dall’attenzione dei mass media. Restano quelli che attirano l’attenzione, ad esempio perché l’assassino non viene scoperto, o perché le prove non sono chiare, e su questo nascono dei veri e propri “reality televisivi” con le conseguenza che l’omicidio diventa un dibattito da bar. Le faccio un esempio, negli ultimi tempi ci sono stati casi in cui dei bambini sono stati uccisi in imboscate tese ai loro genitori, sicuramente per vendette di criminalità organizzata. Bene, nessuno ne ha parlato, sono finiti in un angolo di cronaca locale per un brevissimo tempo. Evidentemente la morte collaterale di un innocente non fa notizia.
Tornando alla sua domanda è chiaro che in molti casi ci troviamo di fronte a casi limite, dove la psicopatologia dell’autore è sicuramente predominante nel suo comportamento. L’autore in questi casi è chiuso in un suo mondo, le sue relazioni, anche se all’esterno possono sembrare normali, sono sicuramente minate da gravi disturbi che finiscono per portare il soggetto a compiere atti a noi incomprensibili.
Lei mi chiede se si sono persi i valori della vita, io le rispondo che più che perdere i valori della vita, si è perso il valore della costruzione del futuro. Questo può portare nei soggetti più deboli un’angoscia di inutilità e di morte che alla fine può esplodere in gesti violenti ed estremi.
Quale secondo lei la scintilla che fa scattare il raptus omicida?
Concordo con chi dice che il “raptus” non esiste. La nostra vita è un “continuum“ di evoluzione, nulla è staccato dal passato e tutto può essere parte della costruzione del futuro. Quando succedono fatti come questi, “non previsti” sicuramente nell’individuo che li commette c’è una sorta di pregresso, che all’esterno non traspare, oppure ancora peggio viene sottovalutato, quindi può arrivare il momento che nel soggetto vi sia come un corto circuito, che lo porta a commettere determinati atti. L’omicidio è l’atto estremo, sacrificale. In alcuni soggetti è l’unica strada per uscire da proprie angosce profonde e dolorose.
Siccome parliamo di esseri umani, mi permetto di dire, che ogni caso fa storia a sé. La psichiatria e la psicologia usano categorie nosografiche per raccogliere questi comportamenti, ma dentro queste categorie c’è la vita dei soggetti, di cui spesso non si arriva a comprendere il vero profondo della loro personalità.
Consideri che noi, chiuso il processo penale, non sappiamo più nulla di tanti soggetti. Restano immagini sfuocate di “mostri” o di “matti”. Ma in realtà il vero senso del loro gesto, le dinamiche, i perché, non li comprenderemo mai nella loro totalità.
Perché la vittima è quasi sempre una donna?
Le donne sono vittime, perché quasi l’80% degli omicidi con vittime femminili, avviene in contesti familiari o parafamiliari, oppure all’interno di relazioni affettive non strutturate, ed è quindi la donna a pagarne le conseguenze della violenza cieca del maschio. Ma anche qui ci troviamo di fronte ad un reato che rimane costante nel tempo, non aumenta non diminuisce. Il dato veramente impressionante non è tanto quello di omicidio, ma il numero delle denunce per violenze private, violenze familiari, lesioni in cui le donne sono vittime e che sono in aumento costante .
I mezzi di comunicazione possono provocare emulazione?
E’ un discorso complesso. L’influenza dei mass media sul crimine può sicuramente provocare in alcuni soggetti una sorta di identificazione su alcuni personaggi, es. Scarface, che vengono mitizzati e presi come modello. Questo avviene ad esempio tra membri nelle bande giovanili, legate ad attività criminali da strada, es. spaccio di droga, violenza, armi ecc..
Possiamo dire che alcuni soggetti autori di omicidi, avevano strutturato una particolare predilezione per certi tipi di eroi, ultraviolenti, machisti ecc.. Negli USA ad esempio, dopo la strage di Columbine il numero degli omicidi nelle scuole è aumentato, forse in questo caso una sorta di emulazione c’è. Ma ripeto è un discorso complesso, a cui vanno aggiunti i social network, i giochi delle playstation e le influenze che questi hanno sullo sviluppo psicologico delle nuove generazioni.
Perché in molti casi passano diversi anni prima che si arrivi all’assassino?
James Ellroy maestro del trhiller USA, che ebbe la madre assassinata senza che mai sia stato trovato l’assassino, dice che l’omicidio trova la sua soluzione nelle prime trentasei ore. Vi è sempre l’antico adagio delle “pista calda che si raffredda”. Dipende sostanzialmente dal contesto del caso, dalla bravura degli inquirenti, dalle tracce che l’assassino lascia sulla scena del crimine, a cui va aggiunta una piccola dose di fortuna. Esistono casi che si risolvono in poche ore, perché è chiaro il movente, e il sospettato crolla al primo interrogatorio. Ci sono casi dove errori investigativi iniziali portano su false piste, o addirittura verso innocenti, ma nel complesso la stragrande maggioranza degli omicidi vengono risolti. Io penso che non conti il tempo dell’investigazione, ma che venga assicurato alla giustizia il vero colpevole non un colpevole. Poi per me è importante la famosa frase “meglio un colpevole libero che un innocente in galera”.
Facendo riferimento al recente caso di Motta Visconti, spesso si scopre che gli assassini sono persone di famiglia, questa forma di convivenza secondo lei sta subendo un processo di oppressione che per alcuni risulta invivibile?
Sono casi specifici molto complessi. L’omicidio intrafamiliare, (matricidio, figlicidio ecc) o la strage familiare ha dinamiche tutte sue, che vanno viste caso per caso. Come ho detto prima, sono percorsi psicopatologici che partono da lontano, che trovano negli ambienti familiari interazioni complesse, tra vittima e autore. Non è un problema della famiglia in sé, anche se adesso si dice che la famiglia è in crisi che non esiste più ecc. E’ soprattutto un problema soggettivo di ciascun membro della famiglia, che finisce per relazionarsi con quelli degli altri membri, creando i presupposti spesso per eventi tragici.
Le pene previste per gli omicidi secondo lei sono giuste? Ed è giusto che dopo pochi anni di detenzione molti assassini si ritrovino fuori, o mal che vada, agli arresti domiciliari?
Il nostro codice prevede fino alla pena dell’ergastolo per l’omicidio. Ovvio che vi è una gradazione delle sentenze, contestualizzate all’interno del singolo processo se le aggravanti superiori alle attenuanti. Una condanna per un omicidio a venti anni può sembrare poco, a chi legge acriticamente il dato. Ma venti anni sono una parte della vita, se entri in carcere a venti anni ne esci a quaranta, sinceramente non mi sembra poco, e non è vero che si esce dal carcere dopo pochi anni.
Poi la stampa cita casi singoli, senza approfondire i perché di alcune scelte dei magistrati e se gli arresti domiciliari possono essere dettati da altre situazioni. Applicare la giustizia non è una cosa facile, soprattutto in un paese “umorale“ come il nostro, che oggi vuole la forca per tutti, e domani è pronto a perdonare chi si “pente”. Ci sono le leggi e quelle vanno applicate, piaccia o no. Se no si cambino le leggi. Non si può essere oggi “comprensivi” e dire che il carcere non redime , che non è umano, che bisogna recuperare il reo, e domani “forcaioli “ chiedendo quasi la pena di morte.
Si può arrivare a prevenire un omicidio studiando il profilo psicologico di alcuni soggetti a rischio?
Anche qui non si può fare una generalizzazione. Lo stalker che arriva a d uccidere la propria vittima spesso è stato ampiamente segnalato, purtroppo non si possono fare ricoveri “preventivi”. Nei casi in cui il soggetto dimostra eventuali problemi psichiatrici “prima” e quindi si sottopone a cure del caso si può prevedere che il trattamento impedisca l’omicidio. Ma anche qui non è detto che ci si riesca, soprattutto se manca un supporto familiare, o sociale, un continuo e costante controllo sanitario. In molti soggetti il disturbo o la malattia mentale sono sottovalutati, soprattutto se non sono evidenti, e quindi l’esplosione di violenza omicidiaria può avvenire improvvisamente, ma non per questo eventuali presupposti erano facilmente riconoscibili. “Dopo” è facile ricostruire la personalità dell’autore e trovare gli elementi che stanno alla base del comportamento omicidiario, “prima” è molto difficile anche perché non è possibile stabilire se quel tipo di soggetto, con quel tipo di disturbo, un giorno diventerà un assassino o no, e quindi attivarsi preventivamente.
di Enzo Di Stasio
foto: tusciaweb.eu
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