Il dieselgate è lo scandalo più rilevante degli ultimi anni, che ha colpito il settore automobilistico. Il dieselgate è la scoperta e l’attenta analisi riguardante l’effettiva emissione di gas NOx e la verifica dei consumi reali che avvengono durante la marcia di un veicolo alimentato a gasolio.
Negli ultimi anni i consumatori hanno preferito, in numero sempre maggiore, acquistare veicoli con propulsore a gasolio, in modo da avere maggiore potenza e bassi consumi rispetto ad un veicolo alimentato a benzina. In Italia la scelta di acquistare un veicolo diesel è dovuta anche alla significativa differenza di prezzo tra benzina e gasolio, oggi circa tra i 15 – 20 centesimi euro/litro.
Lo scandalo sui motori diesel scoppia negli Stati Uniti a settembre 2015, ed interessa esclusivamente i propulsori diesel del gruppo automobilistico tedesco Volkswagen, diventato da pochi mesi leader mondiale nel settore sorpassando anche il costruttore giapponese Toyota, da anni il numero uno. Da un’attenta analisi condotta si scoprì che i motori Volkswagen montavano all’interno della centralina motore un software in grado di falsificare i dati di consumi ed emissioni durante i test; in particolare il software riconosceva se il motore era sotto indagine e di conseguenza faceva lavorare il motore entro i parametri imposti dal legislatore.
Qui emergono due gravi aspetti:
1. I motori non erano progettati secondo i parametri imposti dalla legge (concorrenza sleale)
2. Truffa o sofisticazione del prodotto adoperando un software.
Pratiche sgradevoli ed antipatiche nei riguardi dei consumatori.
Ad oggi, però, non emergono significativi miglioramenti proposti dal gruppo Volkswagen per rimediare allo scandalo, bensì estenuati trattative in ogni nazione per trattare eventuali risarcimenti e nel frattempo ottenere dalle varie commissioni nazionali la proroga per trovare una soluzione efficace sui motori coinvolti.
In tutto questo scandalo emerge un forte nazionalismo tedesco, volto non a punire i colpevoli dentro casa propria, ma a gettare fango e cattiva luce sui concorrenti del gruppo automobilistico tedesco; ultima è la contraddittoria vicenda riportata dal quotidiano tedesco Bild am Sonntag, che racconta come durante i test effettuati dall’Autorità federale per i trasporti, alcuni modelli della FCA avrebbero evidenziato livelli di emissioni irregolari. Analisi approfondita svolta dopo una confessione da parte di alcuni lavoratori o tecnici di Bosch,(che detiene il brevetto del motore common-rail ideato e sviluppato dal Gruppo Fiat), che hanno segnalato che FCA avrebbe ideato un sistema astuto che applica il ciclo di omologazione per un tempo maggiore di quanto necessario per svolgere i test ed eventuali ispezioni, per poi disattivarsi, con lo scopo di far risultare l’idoneità ai limiti imposti.
Il modello in oggetto, che non sarebbe in regola, è la Fiat Panda 1.3 diesel che invece ad aprile 2016 era stata giudicata idonea dallo stesso Ente federale dei trasporti, che oggi afferma che potrebbe non esserlo più.
Solo questo episodio lascia più ombre che luci sugli aspetti della vicenda.
Nel frattempo il governo tedesco ha imposto un richiamo che riguarda 630 mila vetture, per emissioni di NOx, vetture appartenenti a cinque case automobilistiche tedesche Volkswagen, Audi, Mercedes-Benz, Opel e Porsche.
In Francia anche Renault ha avviato una campagna di richiami volontaria sui suoi veicoli diesel, i motori dei quali vengono montati anche da altri gruppi; il famoso 1.5 dci equipaggia modelli Mercedes, Dacia e Nissan.
In questi giorni Suzuki e Mercedes hanno avviato richiami volontari sui propri veicoli oggetto di ispezione, per Suzuki il modello è la nuova Vitara equipaggiato con il motore Fiat 1.6 DDiS da 120cv, per il costruttore tedesco si tratta dei modelli C 220 BlueTec Euro 6, S 350 BlueTec Euro 6, V 250 Bluetec Euro 6 e Sprinter 2.1 CDI Euro 5 (fonte Quattroruote).
Ad oggi possiamo dire che quasi tutti i costruttori hanno qualcosa che non torna per quanto riguarda le emissioni; uno solo a quanto accertato ha manipolato tramite software l’analisi dei test, immettendo sul mercato prodotti non conformi.
La fine del dieselgate è ancora lontana e sicuramente riserverà ancora colpi di scena; però molti enti di vigilanza (ministeri dei trasporti, enti nazionali ed internazionali) non hanno operato correttamente prima e ora sicuramente stanno cercando di tutelare i propri interessi nazionali e nulla di più; offrendo poca chiarezza ed in certe occasioni comportamenti ridicoli.
di Giorgio Chiatti
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