“Signore, salvami!” (Mt 14,30) È il grido di aiuto dell’Apostolo Pietro che in preda alla paura di affondare invoca l’intervento salvifico del Maestro. Il Vangelo di questa domenica racconta come, dopo la moltiplicazione dei pani, il Signore si reca su una montagna per rimanere da solo e pregare il Padre. Intanto, i suoi discepoli sono sul lago e con la loro povera barca cercano di combattere il vento contrario. Forse l’evangelista Matteo attraverso questo episodio vuole tramandarci l’immagine della Chiesa del suo tempo: una barchetta che naviga nel vento contrario della storia e che forse il Signore ha dimenticato. Ma l’immagine di questa barchetta illustra anche la Chiesa attuale che in diverse zone del pianeta, a causa del forte vento contrario, avanza con molta fatica e sembra che Dio l’abbia abbandonata. “Signore, salvami!” Cari fratelli e sorelle, il grido di Pietro è la richiesta di aiuto che anche noi eleviamo a Dio quando ci si ritrova sommersi dalle acque tempestose dei problemi e delle preoccupazioni. Il Vangelo di questa domenica è una pagina insolita e colma di fascino (Mt 14, 22-33), semplice e nello stesso tempo ricca di significato, che sintetizza in maniera mirabile l’esperienza dei credenti che professano la fede in Gesù soprattutto nei momenti di prova e di sconforto. Anche noi, a volte, nei momenti di pericolo ci sentiamo abbandonati da Dio, lasciati soli a lottare contro le nostre tempeste, dinanzi ad un Dio che sembra lontano, assente, muto. Ma il credente sa bene che non può mai contare solo sulle sue forze. Dalla pagina evangelica di questa domenica estiva ricaviamo un primo messaggio: Dio, nella sua logica misteriosa, non ama agire al posto nostro, non placa le tempeste ma è con noi e soffre con noi dentro le burrasche; non ci evita i problemi ma ci dà la forza necessaria per stare dentro i problemi ed affrontarli con il suo aiuto. Un esempio lampante è la vicenda di Pietro che come il Maestro riesce, ma solo per un attimo, a camminare sulle acque: “Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque” (Mt 14, 28). Pietro pone due richieste: la prima – diremmo – giusta e l’altra sbagliata. Chiede di raggiungere il Maestro. Una richiesta legittima: “che io venga da te”. Ma chiede di raggiungerlo camminando sulle acque, e questo, se riflettiamo attentamente, non serve perchè non è sul mare dei tanti miracoli che possiamo incontrare il Signore ma nei gesti fatti di semplicità, sulle strade occupate dai numerosi buon samaritani e non attraverso il luccichio delle acque miracolose. Ci viene in aiuto la prima lettura di questa domenica (1Re, 19,9.11-13) che narra l’incontro tra Dio e il profeta Elia: “Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna”. Ecco un altro messaggio: Dio non si rivela attraverso gesti eclatanti, non si mostra a noi con i grandi eventi, non si fa sentire in mezzo al chiasso; Egli, al contrario, ama rivelarsi nella semplicità dei nostri gesti, in un cuore che batte, in un sorriso che contagia, in una lacrima da asciugare. Non dimentichiamo il mistero della notte santa di Bethlemme: Dio fa il suo ingresso nel mondo attraverso il silenzio di una notte fredda e stellata, in una borgata sconosciuta e nemmeno segnalata da carte geografiche, fuori dalle telecamere, da ogni megafono pubblicitario e a riflettori spenti. Ma ritorniamo alla tempesta del Vangelo, a Pietro. “Vieni” – gli dice Gesù – fidati, con me tutto possibile. “E (Pietro) venne da Gesù”, dice il Vangelo. L’Apostolo guarda solo al Maestro, i suoi occhi sono solo per quel volto, ha fede in lui e tale fiducia gli fa compiere l’impossibile: cammina sulle acque! E questa è l’esperienza dei Santi che dinanzi ad ogni difficoltà sono riusciti, con Dio, a compiere grandi prodigi. S. Francesco di Paola è uno di questi. Dinanzi alla richiesta del barcaiolo avaro, che voleva essere pagato profumatamente, il santo eremita calabrese – ci raccontano i suoi biografi – stende il suo mantello sul mare dello Stretto e con Dio, camminando prodigiosamente su quelle acque, giunge a Messina. Pietro, a differenza del Patrono della Calabria, a causa della forte tempesta, si impaurì e cominciò ad affondare. Cosa è successo? Come mai un pescatore abile come Pietro non riesce più a nuotare? La risposta è molto semplice: il suo sguardo non è più diretto a Gesù ma al vento; egli non fissa più il volto del Maestro ma la notte e le onde. Da questa icona di profonda disperazione ricaviamo un altro insegnamento: anche noi, se guardiamo al Signore e alla sua forza possiamo combattere ogni genere di tempesta. Se, invece, volgiamo lo sguardo alle difficoltà che costellano le nostre giornate toccheremo con mano la nostra inadeguatezza, il nostro essere enormemente finiti e limitati. Tuttavia in questa condizione l’umanità eleva lo stesso grido di Pietro: “Signore salvami!”, cioè, Signore, ho poca fede, credo e dubito, ma tu aiutami! Supplica che in sé contiene una certezza: in questo grido c’è già l’abbraccio amorevole del Maestro. Dio ci viene incontro proprio quando la fede vacilla e ci raggiunge non per accusarci ma per tenderci la sua mano e tramutare la paura in un tenero abbraccio. Ci insegni Maria, la Madre della Chiesa, ad aver fede e rivolgiamoLe il nostro grido perché sia la sua mano a condurci dal Figlio. Ci insegni a porgere la mano ai nostri fratelli lontani per portarli a Gesù attraverso le acque tempestose di questa nostra storia.
Frà Frisina
Foto: blog.yachtandsail.it
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