L’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma ha festeggiato recentemente i suoi 80 anni ed è da sempre caratterizzato come presidio sanitario contro le malattie d’origine infettiva (batterica, virale, ecc…). In occasione della pandemia di Covid-19, Lo Spallanzani è divenuto il punto di riferimento sanitario nazionale.
Purtroppo, però, nel momento più difficile della lotta al coronavirus (marzo- aprile scorsi), l’ospedale non ha avuto tutta la disponibilità necessaria di letti e apparecchiature di terapia intensiva.
Proprio per aiutare l’ospedale a fronteggiare meglio queste esigenze, sin da marzo scorso è partita una raccolta di fondi (donazioni) lanciata dall’ospedale stesso in due direzioni: ricerca sul Covid-19 (biologia, patogenesi, modalità di trasmissione, ecc…) e assistenza ai pazienti (soprattutto acquisto di apparecchiature cliniche diagnostiche e di strumentazioni per facilitare il lavoro degli operatori).
In questa ricerca di fondi (in cui non è mancata, purtroppo, l’infilitrazione anche di truffatori, prontamente individuati dalle forze dell’ordine) si sono distinte varie realtà importanti. Tra queste l’AS Roma, trascinata dall’esempio del “mito vivente” Totti (donatore, a marzo scorso, di 120.000 euro per l’acquisto di 2 colonne endoscopiche destinate anzitutto al reparto di Rianimazione e Terapia Intensiva per le procedure di broncoscopia urgenti), la Sara Assicurazioni (donazione di 1 euro per ogni polizza incassata nel periodo 1– 31 maggio, per importo di e. 500.000, e altre importanti imprese dello stesso settore, come Cattolica, Allianz ed AXA, a favore di altri ospedali italiani). Anche l’ANGI, Associazione Nazionale Giovani Innovatori, col suo comitato scientifico (da maggio scorso in poi) ha fatto la sua parte.
Attualmente, la ricerca dello Spallanzani sul virus procede soprattutto nella messa a punto di test ultrarapidi per l’individuazione immediata, in tempo reale, dell’eventuale presenza del virus nei passeggeri in arrivo in stazioni ed aeroporti (tema, quest’ultimo, ancor più scottante in questi giorni, col nuovo caos nei trasporti ferroviari per il ritorno ai posti distanziati nelle carrozze).
“Queste donazioni, oltre che costituire un importante gesto di riconoscenza per il lavoro svolto dai nostri operatori e per la qualità delle cure che sono state erogate, rappresentano l’inequivocabile segno di gratitudine, fiducia e sostegno reciproco tra lavoratori che, ognuno nel proprio ambito di competenze, hanno il compito di generare sicurezza e serenità nel prossimo.”, ha precisato Marta Branca, Direttore Generale dell’INMI “Lazzaro Spallanzani”.
La Direzione dell’ospedale vuole riprendere al più presto l’attuazione (bloccata dalla pandemia) del protocollo d’intesa siglato, l’inverno scorso, con Roma Capitale e con la Città Metropolitana-Ex Provincia di Roma per l’attivazione, nel nosocomio, di uno sportello per la salute alimentare e sessuale degli adolescenti, anche con effettuazione di visite di professionisti ed esperti nelle scuole.
Non è mancato poi, sempre a favore dello Spallanzani, il contributo di tanti singoli, tra cui artisti e uomini di cultura in genere. Tra loro, abbiamo voluto ascoltare Rolando Capoccetta: musicista che, tra i nuovi della scena romana, negli ultimi anni si è imposto come artista eclettico, capace di raccogliere e remixare ispirazioni e sound tra loro diversissimi. Nato a Ceccano (Frosinone), e cresciuto tra Beirut, Losanna e Lazize (Verona), Capoccetta, coerentemente col suo itinerario di vita, è autore di Cd le cui sonorità vanno dal Mediterraneo all’ Europa nordica e celtica. La sua ultima fatica è “Go High” ( ascoltabile anzitutto in Rete, su Soundcloud.com): una raccolta di brani il cui ricavato economico, per volontà dell’autore, sarà interamente devoluto appunto allo Spallanzani, per la prima delle “direzioni di finanziamento” indicate dall’ospedale, la ricerca sul Coronavirus.
Rolando, tu sei stato già autore di dischi ai tempi storici del vinile. Nel 1986, a 23 anni circa, nel pieno del tuo impegno rimani coinvolto in un grave incidente stradale: restando poi fermo vari anni. Questa grave esperienza, cosa ti ha insegnato, e come ha influito, poi, sulla ripresa della tua attività?
Partiamo dall’ inizio. Nato nel Frusinate, io da piccolo ho seguìto mio padre in tutti gli spostamenti legati al suo lavoro di trombettista nei night club: dal Libano ( negli anni ‘60 mitica “Svizzera del Medioriente”, prima della lunga, sanguinosa guerra civile, N.d.R.) alla Svizzera (Losanna, Berna), e infine all’ Italia. Mentre andavo a scuola, iniziavo però anche ad imparare i “rudimenti del mestiere”: iniziai a suonare e mixare al night “L’oasi” di Lazise ( Verona), non lontano dal Lago di Garda. A 18 anni, fui chiamato per l’apertura di una discoteca in Trentino-Alto Adige, dove ho lavorato poi qualche anno; altro momento importante fu quando conobbi un’agenzia teatrale di Bologna, che iniziò a mandarmi in giro come dj in tanti posti, dalla mitica “Capannina” di Forte dei Marmi ad altri importanti locali e discoteche del Veneto, del Bresciano e di S. Martino di Castrozza. Poi, nell’86, ecco il drammatico “giro di boa” dell’incidente…
Come avvenne?
All’ epoca lavoravo in Svizzera, a San Bernardino (Canton Ticino): a un certo punto, nel corso, probabilmente, di un sorpasso azzardato, mi viene incontro con forza un altro veicolo. Non ricordo assolutamente nulla di cosa accadde: dopo 2 mesi mi risvegliai dal coma in ospedale, dopo esser stato operato, col viso sfigurato (alcuni postumi del trauma mi son durati vari anni). Per rispondere alla tua domanda di prima, questo incidente in me ha prodotto senz’altro una maggiore sensibilità per gli aspetti essenziali della vita, nella consapevolezza che questa vita, così preziosa per tutti noi, in ogni momento ci può sfuggire di mano. Ho ripreso a lavorare gradualmente, ricominciando in pieno solo 14 anni dopo, nel 2000. Quest’esperienza ha influito anche sulla mia attività, perché prima dell’incidente io facevo solo il dj: dopo, trovandomi anche con ridotta capacità uditiva (da un orecchio non ci sentivo), mi son dedicato fortemente anche a scrivere musica, che avevo iniziato a comporre a 22 anni circa.
Sul tuo percorso artistico ha influito la tua esperienza omosessuale, o meglio, bisessuale? Ti va di parlarne?
Diciamo che queste propensioni hanno acuito la mia sensibilità nei confronti della musica, a maggior ragione dopo il trauma dell’incidente. Perchè, come avviene a molti, mi hanno aperto orizzonti più ampi, sul piano non solo erotico-affettivo, ma, soprattutto, spirituale e intellettuale.
Ed oggi, chi è Rolando Capoccetta?
Oggi suono il pianoforte, faccio anche il dj, quando capita, ma soprattutto compongo musica elettronica (ho fatto un corso specifico, ed uso uno speciale programma informatico). Varie mie raccolte di pezzi sono ascoltabili in Internet, soprattutto su Soundcloud.com e su altri portali.
Parliamo allora di quest’ultima tua fatica, “Go High”…
Sì, è una compilation di brani che riprendono atmosfere e ispirazioni tra le più varie: dal rock alla lap dance e alla disco music. Dalla musica etnica, specialmente africana e caraibica (con un uso delle percussioni che a tratti, mi hanno detto, ricorda i Santana, con la mitica “Oye como va”) ai più recenti risultati della techno music.
Ed eccoci, come al solito, alle “dolenti note” italiche: c’è oggi, in Italia, una politica per la musica di nuovo tipo, specie elettronica? E’ impietoso, il confronto tra noi e non dico gli USA, ma già altri Paesi europei avanzati, come Germania e Paesi scandinavi…
Infatti, da noi una politica per questo settore praticamente ancora non c’è. Come avviene in vari altri campi, devi arrangiarti: realizzi il prodotto finito, lo porti ad uno studio per far sistemare anzitutto il volume, e poi, se sei fortunato, cerchi di trovare un editore che magari sia anche collegato con una radio privata disposta a mandare in onda i tuoi pezzi, piu’ volte al giorno, dandoti così modo di farti conoscere. Qui in Ciociaria, dove risiedo, c’è appunto un’ emittente privata, che vorrei contattare per diffondere meglio questa mia ultima fatica (a parte, ovviamente, i consueti canali di Facebook, Youtube, ecc…). Vorrei che i prossimi governi, col Ministero dei Beni e Attività Culturali, se – come sperano tanti settori della cultura nazionale – penseranno finalmente a una nuova politica per le arti, nella musica non trascurino quest’importante – e soprattutto promettente per il futuro – settore della musica elettronica. Intanto, destino senz’altro qualsiasi provento di quest’ultimo mio disco alla ricerca anti Covid- 19 dell’ospedale romano Spallanzani: che resta una colonna portante della lotta alle malattie infettive.
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