Beppe Bergomi, chiamato affettuosamente “lo zio”, grande terzino dell’Inter e della nazionale, commentatore da anni per le reti televisive, con affetto diciamo un po soporifero, ha rilasciato una dichiarazione che ha fatto scalpore. L’ex capitano dell’Inter, infatti, intervenendo in un convegno convegno su “sport, doping e giovani” tenutosi all’Expo di Milano, ha lanciato un allarme da non trascurare.
“Per ottenere determinati obiettivi non devi passare per determinati sotterfugi – ha detto Bergomi -. Questa è una cosa che ho sempre cercato di inculcare nei giovani. Alcune sostanze che adesso sono doping, nel 1979-80, quando ho iniziato io, si potevano prendere. A volte sono preoccupato anche per i farmaci che ho preso o che mi hanno dato. Oggi le società sono cresciute e danno un livello di informazione elevato. Poi penso che un giocatore debba sempre chiedere al suo medico.
Bergomi ha successivamente chiarito le sue affermazioni: “Ho partecipato a un convegno molto interessante sul doping e, in quel momento, parlando ai giovani mi è venuto in mente il Micoren. Quando ho parlato dei farmaci che ci davano quando ho iniziato la mia carriera da calciatore, mi riferivo proprio a quello, che all’epoca non era conosciuto. All’Inter ce lo davano e ci dicevano che serviva a spaccare il fiato. Poi, anni dopo, si è scoperto che è una sostanza pericolosa. Il Micoren lo davano a tutti, in tutte le società. L’ho detto per lanciare un messaggio ai giovani: noi all’epoca eravamo più ingenui, dovevamo invece essere più attenti e più pronti a chiedere informazioni alle società su quello che prendevamo. Oggi invece i ragazzi devono puntare su un sano allenamento, devono sempre chiedere informazioni su tutto quello che gli viene dato e devono puntare su una sana alimentazione. Noi quel Micoren lo abbiamo preso ingenuamente, perché ci dicevano che ci aiutava”.
Lo “zio” ha poi rassicurato sulle proprie condizioni di salute confermando di stare benissimo. Quindi? Nulla di nuovo sotto il sole anche se l’ammissione dell’uso di farmaci in una disciplina sportiva come il calcio trova sempre più conferma. Attenzione però. Qui non si parla di doping in senso stretto, ovvero l’uso di sostanze specifiche per aumentare lo sviluppo muscolare a le prestazioni. Qui si parla dell’uso di “farmaci” spesso di uso comune, prescritti per specifiche patologie che vengono utilizzati per le loro composizioni per altri usi per aumentare le prestazioni sportive.
Se alcuni sport individuali, atletica, ciclismo sono stati sempre al centro dell’attenzione rivelando vere e proprie procedure di doping gli sport di squadra sembrano essere stati meno utilizzatori dei metodi da doping. Almeno questo si è sempre creduto o voluto far credere. Ovviamente non è cosi, anche se è stato difficile accertarlo sia a livello di giustizia sportiva che penale.
Su questo problema anche la UEFA ha deciso di intervenire Tutti i giocatori che partecipano alle competizioni UEFA devono sottoporsi non solo a controlli antidoping post-partita, ma anche a controlli fuori gara. I controlli possono includere campioni di sangue e urina così come lo screening per sostanze come EPO e ormoni della crescita umana. I controlli avvengono senza alcun preavviso.
Nel settembre 2014, il Comitato Esecutivo UEFA ha approvato l’introduzione del passaporto biologico dell’atleta in UEFA Champions League a partire dalla stagione 2015/16. Il passaporto biologico dell’atleta monitorerà nel tempo alcuni biomarcatori selezionati e rivelerà in maniera indiretta gli effetti del doping, oltre a fungere da banca dati per test mirati. In questo modo, contribuirà a mantenere all’avanguardia nella lotta al razzismo il programma di test UEFA. La World Anti-Doping Agency (WADA) l’ Agenzia mondiale di controllo detta le regole, e valuta quali sostanze potranno essere considerate come doping, ma soprattutto tende ad identificare quelle sostanze che se assunte, servono per “mascherare” quelle dopanti.
Insomma tutto sembra diretto ad un miglioramento dei controlli ed a una serrata lotta all’utilizzo dei farmaci per il miglioramento delle prestazioni sportive. Resta il problema del “doping amatoriale” ovvero quello utilizzato, purtroppo, nelle serie minori spesso in tutti gli sport, o solo per semplice piacere degli appassionati, che vogliono comunque ottenere buone performance.
In fondo quando il buon vecchio Zdenek Zeman disse che “il calcio doveva uscire dalle farmacie”, aveva visto giusto.
di Gianfranco Marullo
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