Il programma di governo, che Matteo Renzi intende presentare alla vigilia del Consiglio Ue del 20 e 21 marzo, parla sostanzialmente della necessità di fronteggiare il populismo anti-eurocrazia, e niente più.
Per il resto, il Presidente si è solo limitato a dispensare rassicurazioni vaghe e non ha replicato ai “grillini”, i quali hanno ricordato come l’eurocrazia, solo nel 2012, abbia sottratto 6,7 miliardi di euro all’Italia per far vegetare il suo mostruoso apparato. No comment su tutto, a parte la ferma volontà di indurre i “democratici europeisti” a “stringere i ranghi”, per mettere al tappeto tutte quelle opposizioni nazionaliste e popolari che il 25 maggio potrebbero annichilire il PPe (partito popolare europeo) e il Pse (partito socialista europeo), i due candidati più forti.
“Incontrando Lula mi ha colpito l’affermazione ‘non ho mai visto l’Europa così rassegnata, pessimista e stanca’. Credo che chi rappresenta un paese dentro il Consiglio europeo deve partire dal fatto che l’Europa vive una fase di difficoltà evidente ai cittadini e c’è il rischio forte di un’affermazione di partiti populisti”- questo è ciò che affermato il Premier, che teme i “destabilizzatori” populisti: Lega, M5 Stelle e Fratelli d’Italia.
Per l’ottimistico Renzi, le riforme proposte avranno le coperture finanziarie necessarie; il governo tutelerà il sistema agroalimentare italiano e l’Ue “non ci fa le pulci”.
Nessuna menzione sulla richiesta di far rientrare il debito del 3%.
Dulcis in fundo, Renzi si è pure riappacificato con D’Alema. E così, del “rottamatore” che tuonava contro tutti i governi da destra a sinistra, contro le stangate, l’imposizione dell’euro a debito, la politica di sudditanza agli Usa, alle banche e alle multinazionali, non resta assolutamente nulla.
di Simona Mazza
foto: ilfoglio.it
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