Durban: tra speranze e delusioni si attende il 2015

2

Si è conclusa domenica a Durban, in Sudafrica, la 17esima Conferenza ONU sul clima, in cui 17mila delegati appartenenti a 195 Paesi avrebbero dovuto decidere del dopo-Kyoto. Il protocollo infatti è in scadenza a fine 2012.

I primi commenti sono stati di delusione, soprattutto da parte delle associazioni ambientaliste, che hanno accusato i Grandi della Terra di voler sfuggire accordi stringenti e di rapida attuazione. Insomma, la Conferenza sarebbe stata poco più di una farsa, tesi avvalorata anche dal fatto che Canada, Giappone e Russia si sono mostrati restii a sottoscrivere nuovi accordi. Positiva invece la reazione dei paesi emergenti e della Cina, evidentemente preoccupati dal livello critico che l’inquinamento sta raggiungendo nelle loro metropoli. Oggi la Cina è il Paese con il più alto valore di emissioni di CO2 al mondo e da giorni il Centro Meteorologico ha lanciato l’allarme sulla nebbia da inquinamento che ha colpito le regioni settentrionali ed orientali, dove sono stati riscontrati problemi al traffico aereo, marittimo e stradale. Ma sta investendo ingenti somme in ricerca e sviluppo di tecnologie verdi, tanto da far pensare che nel giro di pochi anni raggiungerà il primato anche in questo settore.

Tra i risultati maggiori della Conferenza vi è l’istituzione di un tavolo negoziale, che entro il 2015 dovrà trovare un accordo che impegni gli stati ad un’ulteriore riduzione delle emissioni di gas serra, accordo che diverrà esecutivo nel 2020. La forma giuridica è da definirsi, ma da alcune indiscrezioni risulta che si vorrebbe redigere un trattato vincolante, addirittura per tutti i Paesi del mondo. Per la prima volta nella storia quindi la riduzione delle emissioni sarebbe un obiettivo comune a livello globale, anche per i paesi da sempre più riluttanti, come Stati Uniti e Cina che non hanno firmato il protocollo di Kyoto.

Inoltre sono state definite linee di massima riguardo all’operatività del Green Climate Fund e alle azioni da mettere in atto per aiutare i paesi più poveri ad adattarsi ai cambiamenti climatici.
Nel frattempo la validità del protocollo di Kyoto verrà estesa, in modo da non creare un vuoto giuridico tra il 2013 e il 2015. Il Kyoto2 però riguarderà solo l’Unione europea, la Svizzera, l’Australia e la Norvegia, in quanto Canada, Giappone e Russia hanno già annunciato la loro divergenza.
Infine, su iniziativa dell’Unione europea e dell’Alleanza dei piccoli Stati insulari (AOSIS), la Conferenza si è proposta di colmare il “divario d’ambizione” insito nel protocollo di Kyoto, rendendo vincolante per tutti  l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro i 2 °C da qui al 2020.

Certo, le misure che impediscano un ulteriore innalzamento delle temperature sono più che mai urgenti. Il WMO (World Meteorological Organization) ha reso noto che tra il 1997 e il 2011 si sono registrati i 13 anni più caldi di sempre. In questo scenario, non possiamo permetterci di attendere il 2020 e la preoccupazione delle organizzazioni in difesa dell’ambiente è condivisibile. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini si è mostrato tuttavia positivo. Nel 2010 l’Italia ha ridotto del 3% le emissioni di CO2 rispetto al 2000. Ad oggi mette a disposizione 600 milioni di euro come credito a tasso agevolato per le piccole e medie imprese che vogliono avviare investimenti per l’efficienza e la riqualificazione energetica ed è allo studio un nuovo pacchetto di incentivi per lo sviluppo di un vero e proprio settore di produzione innovativa nel campo delle energie rinnovabili.

Ai microfoni di Radio 3 Scienza  Clini si è detto soddisfatto della “convergenza tra l’Europa e il Sudafrica, il Messico, la Cina, l’India e il Brasile”. E riguardo alle intenzioni dell’Italia ha precisato: “Riteniamo che esistano le condizioni per assumere impegni anche più ambiziosi. Quello che però deve essere chiaro è che questi impegni non devono creare problematiche alla competitività dell’economia europea. Peraltro dal punto di vista ambientale non avrebbe grande senso se l’Europa lavorasse da sola per la riduzione delle emissioni quando concorre più o meno al 15% delle emissioni globali. Questo vuol dire che il nostro impegno è quello di coinvolgere in questo sforzo Stati Uniti, Cina, Giappone e le altre grandi economie mondiali.”

Eleonora Alice Fornara

Nella foto, la Presidente del COP 17/CMP 7

Ms Maite Nkoana-Mashabane:cop17-cmp7durban.com

 

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.