E’ nel presente che si gioca il destino futuro dell’umanità

 

In questa seconda domenica di Avvento la liturgia ci presenta la figura penitente di Giovanni il Battista, il Precursore di Cristo, che l’evangelista Matteo presenta così: “In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!»” (Mt 3,1-2). Chi era Giovanni il Battista? Circa la sua infanzia e giovinezza non sappiamo nulla; ma da ciò che ci è tramandato possiamo presumere che ad un’età conveniente e conscio della sua missione, Giovanni si ritirò nel deserto della Giudea per condurre la vita dell’asceta; intorno al 28-29 d.C., iniziò la sua missione lungo il fiume Giordano, annunciando l’avvento storico di Gesù-Messia, esortando alla conversione del cuore e battezzando coloro che desideravano cambiare vita. Vedendo questi segni, molti cominciarono a pensare che il Messia tanto atteso fosse proprio lui, ma Giovanni con la sua testimonianza assicurava loro di esserne solo il Precursore, predicando: “Io sono la voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore”. Mentre camminiamo sui sentieri dell’Avvento e mentre ci apprestiamo a celebrare anche quest’anno il Natale del Signore, risuona forte nelle nostre comunità il richiamo di Giovanni Battista, un richiamo esplicito alla conversione. «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» (Mt 3,1-2), così ci ammonisce. Allo stesso modo nel 1400, epoca non tanto diversa dalla nostra, esortava anche S. Francesco di Paola, l’eremita calabrese, che Papa Leone X, nel giorno della canonizzazione denominò “Novello Giovanni Battista” e “Lumen ad illuminationem penitentium”, cioè “luce che illumina i penitenti”. In questa domenica, carissimi, la liturgia ci sprona alla conversione. Ma soprattutto nell’oggi storico è più che mai urgente l’invito alla conversione che in primis significa aprire generosamente il nostro cuore per accogliere Gesù che, entrando in questo mondo, chiede un po’ di spazio nella nostra vita. Come scrive S. Giovanni evangelista, Gesù sceglie liberamente di farsi uomo per rendere manifesto il giudizio divino. “Il Padre – attesta l’Evangelista – non giudica nessuno, ma ha affidato al Figlio il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo” (Gv 5,22.27). Proprio nel presente si gioca il destino futuro dell’umanità; è il nostro concreto comportamento quotidiano, unito all’agire morale, che decide la nostra sorte eterna. Quando finalmente vedremo Dio faccia a faccia ognuno di noi sarà pesato in base alla somiglianza che avrà con quel Bambino che sta per nascere nella grotta di Betlemme; è solo Lui infatti, il criterio di misura che Dio ha dato all’umanità. Il Padre celeste, che nella nascita del suo Figlio ha dimostrato all’uomo un amore immenso, ci chiama a seguirne le orme; facciamo della nostra vita, proprio come ha fatto Gesù, un dono d’amore che produca frutti numerosi e abbondanti. I frutti dell’amore sono i “frutti degni di conversione” a cui fa riferimento San Francesco di Paola nelle sue Regole ai Frati e a cui si riferisce San Giovanni Battista, mentre aspramente riprende la condotta di vita dei farisei e dei sadducei che, tra la folla, accorrono al suo battesimo. Tramite il Vangelo, la voce tuonante di Giovanni il Precursore continua a parlare alle generazioni di tutti i tempi. Per tutti noi, uomini e donne del terzo millennio, le sue parole risultano quanto mai salutari; per il nostro tempo, che vive e percepisce il Natale con una mentalità materialistica, la voce del Battista scuote e provoca fortemente ogni coscienza, assopita nel suo vivacchiare. La “voce” del grande profeta chiama tutti noi e ci chiede di “preparare la via” al Signore che viene. Purtroppo – e non vorremmo che sia così – Egli viene nei deserti dell’oggi, nei deserti esteriori ed interiori, deserti tutti assetati dell’acqua viva che è Cristo. Giovanni Battista ci chiede di farlo entrare nel nostro cuore accogliendo tutti i fratelli. Anche San Paolo, nella seconda lettura ci esorta con toni fraterni: “Accoglietevi gli uni gli altri, come Cristo accolse voi per la gloria di Dio” (Rm 15,7). Accogliere l’altro oggi significa costruire con lui una relazione di fiducia, ascoltare la voce degli innumerevoli disagi, offrire tempo per dare la possibilità di migliorarsi, aiutare a debellare ogni forma di violenza, riconoscere negli altri le tante potenzialità poste da Dio nel cuore di ogni uomo. Accogliere l’altro significa accompagnamento, sostegno, consiglio, tutte dimensioni che purtroppo oggi non sono di facile attuazione perché siamo abbagliati dal troppo benessere e perché siamo resi sordi dal disordine di un egoismo sfrenato e senza regole. Il Profeta Isaia nella prima lettura annuncia un’era di serenità e di pace; il Messia è venuto da duemila e più anni ma di quanto Isaia ha preannunciato si vede poco: l’umanità infatti, continua a progettare guerre utilizzando anche strumenti sempre più micidiali; i ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri, violenze, catastrofi. Eppure il profeta Isaia non ha raccontato un sogno; tutt’altro, ha delineato una precisa prospettiva: ci ha annunciato un mondo di pace e di giustizia. Venendo nel mondo Gesù ne ha piantato i semi e tante piante sono già cresciute; molte altre invece cresceranno nella misura in cui l’umanità vorrà accogliere questi semi e coltivarli con paziente amore. La Vergine Maria ci guidi ad una vera conversione, perché possiamo compiere sempre scelte giuste per il bene comune e sintonizzare la nostra mentalità con il Vangelo del suo Figlio Gesù, unico Signore del tempo e della storia.

Fra Frisina  

Foto: pianurareno.org

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