Roma- Un capodanno ricco di polemiche; anzi, una sola polemica: quella sull’astensionismo dei Vigili Urbani (quantizzato nell’83,5% dell’organico che doveva essere presente quella notte) e dei dipendenti dell’azienda di trasporto pubblico locale dell’ATAC (di cui però non si parla).
Un astensionismo che, se c’è stato e non per tutti, è avvenuto usufruendo di leggi che lo consentono, soprattutto considerando come gli straordinari siano facoltativi. Questa polemica sembra creata ad arte per spingere e convincere l’opinione pubblica che è arrivato il momento di una forte repressione punitiva nei confronti dei dipendenti pubblici, identificati come fannulloni (spesso impropriamente visto che, se molti uffici funzionano ancora lo si deve alla dedizione di una gran parte di questi).
Prima di tutto la notte dell’ultimo dell’anno a Roma, le cose hanno funzionato solo per caso, non come frettolosamente ha comunicato l’Amministrazione Capitolina. Per paura del gelo molte persone hanno rinunciato a festeggiare in piazza, quindi la “macchina” ha retto perché le situazioni da fronteggiare si sono ridotte di numero e non perché sono state risolte.
Prima tra tutte, è stato trascurato completamente il contrasto al commercio illegale, che andava dai cerchietti riflettenti, alla vendita di super alcolici e di vassoi di cornetti da parte di extra comunitari e non (a detta di alcuni trasportati con veicoli che molto probabilmente non passerebbero la revisione), che esponevano la merce a pochi metri dagli uomini di Roma Capitale, che però dovevano occuparsi di viabilità.
Eppure nella zona – attorno al Circo Massimo – erano presenti uomini dei baschi verdi (Guardia di Finanza) in numero anche maggiore dei singoli agenti capitolini. Il Circo Massimo, tutto recintato e presidiato da personale “staff” con pettorina gialla, poco attivi, chiamati forse a svolgere un semplice ruolo di presenza, visti anche i pochi mezzi a loro disposizione (alcuni di essi dovrebbero appartenere a gruppi di volontari di associazioni di protezione civile); recinzioni che sono state forzate e dalle quali la gente scendeva nell’area sottostante a rischio di cadute rovinose, come di fatto è avvenuto. Non c’è stato alcun efficace controllo sulle persone per scongiurare possibili comportamenti violenti, ma nemmeno per vietare semplicemente le bottiglie di vetro (come allo stadio) che a migliaia sono state gettate a terra, e che potevano essere utilizzate come arma impropria da soggetti in stato di alterazione alcoolica.
Purtroppo la polemica è sempre facile, però quello che si dovrebbe domandare alla politica è: diamo gli strumenti adeguati ai dipendenti pubblici? Questo non solo per gli agenti di Roma Capitale, ma possiamo generalizzare per tutti i dipendenti pubblici? La risposta è no! L’amministrazione pubblica, in generale, soffre di due gravi problemi per quanto riguarda il personale: il primo è costituito dalla carenza di organico in molti settori (gli ultimi concorsi risalgono in alcuni casi agli inizi degli anni ’90), e il secondo dall’elevata età media, spesso sopra i quarantacinque anni.
Se negli uffici questi effetti possono essere compensati, non lo sono in situazioni dove il personale deve intervenire all’esterno in situazioni di rischio, come avviene per i Vigili Urbani, ma anche ad esempio per la Polizia di stato. In altre amministrazioni accade che i dipendenti siano costretti a comprare loro spese oggetti di cancelleria e lampadine, toner per poter lavorare.
Dall’inizio di questa crisi i dipendenti pubblici hanno pagato molte più tasse (sono tassati alla fonte) rispetto ai privati e cosa assurda in tutta Europa hanno il contratto bloccato dal 2008 – 2009.
Nella notte di capodanno a Roma ci sono stati degli errori, è inutile negarlo, e questo succede quando chi è responsabile e in questo caso tutta l’Amministrazione capitolina non è in grado di saper gestire le situazioni, affrontare i problemi alla radice, ricostruire un sistema che ormai non funziona più.
La politica degli slogan da Marino a Renzi, alla luce dei fatti non paga e questi sono i risultati.
di Giorgio Chiatti
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