“L’emanazione del decreto legislativo del Consiglio dei Ministri sui reati ambientali, che intende recepire le direttive europee mirate al contrasto degli eco-reati obbligando gli stati a individuare le responsabilità delle persone giuridiche autrici degli scempi, rappresenta l’ennesima occasione persa dal nostro Paese per affrontare in maniera seria, efficace e realistica il grave problema degli abusi commessi in siti di particolare importanza naturalistica.” Questo il commento della Protezione Animali, perplessa di fronte alle modifiche introdotte nel nostro Codice Penale, le quali stabiliscono che chiunque detenga, uccida o cattura specie di fauna selvatica protette è punito con l’arresto da uno a sei mesi o con l’ammenda fino a 4.000 euro. Per i reati contro le varietà floristiche autoctone, invece, vi è solo una ammenda di 4.000 euro. “Si tratta di sanzioni irrisorie mentre l’arresto, che rappresenta solo una eventualità, dovrebbe invece essere obbligatorio e durare più a lungo – prosegue l’Enpa -. La vita di un falco, di un’aquila, di un pipistrello e di altri animali ormai rarissimi nel nostro Paese meritano maggiore considerazione. Le pene previste, infatti, non rappresentano un deterrente per chi compie azioni di questo tipo. Non lo sono per i privati cittadini figurarsi per chi è persona giuridica e quindi possiede mezzi economici ben superiori” Infatti, stando al dettato del decreto, per la distruzione o il deterioramento di un habitat all’interno di un’area protetta, è previsto l’arresto fino a 18 mesi e una ammenda non inferiore a 3.000 euro che di certo non spaventano chi è portatore di interessi economici, come nel caso di quelle società che, mosse da fini speculativi, hanno rovinato zone di pregio ambientale. “Vi sono inoltre numerosi altri elementi di preoccupazione, a cominciare dalla reale applicabilità della norma, dai controlli e dalle eccezioni – aggiunge l’Enpa-. Secondo il decreto, gli eco-reati sussistono solo nei casi in cui l’azione riguardi una quantità “consistente” di esemplari e abbia un impatto sullo stato di conservazione della specie. Ma ci chiediamo anche chi giudicherà nel merito stabilendo se tale azione rappresenti o meno un reato”. Secondo la Protezione Animali, il testo approvato in Consiglio dei Ministri vanifica i veri obiettivi della direttive europee; il decreto, invece, sembrerebbe costruito solo per non incappare in procedure di infrazione su una materia – la tutela ambientale e i reati connessi – che va contro evidenti interessi dei privati.
Fonte: enpa.it
Foto: latitudeslife.com
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